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ACCORDO JCPOA E SANZIONI

Gli Usa chiedono lo “snapback” contro l’Iran, ma l’Europa resiste

22 Set 2020 - Carlo Trezza - Carlo Trezza

Mentre l’accordo Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action) con l’Iran del 2015 segnò uno dei momenti più alti della cooperazione tra gli Stati Uniti e l’Unione europea; il ritiro dell’amministrazione Trump dall’accordo medesimo è divenuto invece un’istanza di divisione transatlantica.

A partire dal 2003 i Paesi E3 (Francia, Germania e Regno Unito; l’Italia non vi si associò) iniziarono a negoziare, insieme agli Stati Uniti, per il raggiungimento di una soluzione epocale alla crisi nucleare iraniana. Nel 2016 subito dopo l’elezione del presidente Trump, il Consiglio europeo si affrettò a ribadire “il suo risoluto impegno nei confronti del Jcpoa e la volontà di sostenerne la piena ed efficace attuazione, anche mediante la revoca delle sanzioni economiche e finanziarie in campo nucleare”. Allo stesso tempo l’allora Alto Rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza Federica Mogherini assicurò che l’accordo “non è un’intesa bilaterale tra  Stati Uniti e Iran. È un accordo multilaterale che abbiamo tutti  negoziato”.

Europa umiliata da Trump
L’Europa scoprì ben presto che il proprio “risoluto impegno” a revocare le sanzioni nei confronti dell’Iran sarebbe stato impossibile da attuare poiché gli Stati Uniti, oltre a reintrodurre le sanzioni contro l’Iran, applicarono “sanzioni secondarie” contro i Paesi che desideravano continuare a rispettare i loro impegni nell’ambito Jcpoa. L’applicazione di sanzioni americane persino ai propri alleati fu una profonda umiliazione per gli Stati europei: non solo veniva loro impedito di rispettare i propri impegni, ma dovettero rinunciare a promettenti commesse industriali, commerciali e finanziarie con Teheran. Essi tentarono di aggirare questi ostacoli ponendo in essere uno strumento finanziario a sostegno degli scambi commerciali (Instex).

Ad oggi questo meccanismo non è riuscito ad aggirare efficacemente la “massima pressione” esercitata sull’Iran dall’amministrazione Trump. Quest’ultima a sua volta in quattro anni non è stata in grado di realizzare la preannunciata sostituizione del “peggior accordo mai negoziato” con un’intesa alternativa al Jcpoa. Essa ha invece aperto la strada ai suoi concorrenti cinesi e russi nella cui orbita strategica l’Iran sta ora inesorabilmente cadendo.

L’Ue non è riuscita a sfuggire al diktat economico e finanziario americano, ma ha sinora potuto attenersi al suo principio fondamentale di mantenere vivo l’accordo Jcpoa in un quadro multilaterale nonostante il ritiro degli Stati Uniti.

Lo snapback e l’opposizione dell’E3
L’anno scorso i leader dell’Unione boicottarono una conferenza sponsorizzata dagli Stati Uniti tenutasi a Varsavia con l’obiettivo di lanciare una strategia più conflittuale nei confronti dell’Iran. Più di recente non hanno sostenuto l’iniziativa degli Stati Uniti di estendere l’embargo sul commercio di armi delle Nazioni Unite contro l’Iran che scadrà a breve. Infine, l’E3 ha anche mantenuto una linea coerente contro l’ancora più controverso progetto statunitense di avviare il meccanismo di snapback che reintrodurrebbe tutte le sanzioni delle Nazioni Unite contro l’Iran revocate nel 2015. L’E3 considera insostenibile la pretesa degli Stati Uniti di utilizzare questo meccanismo stabilito dal Jcpoa giacché gli stessi Usa non sono più parte di tale accordo.

Sebbene il linguaggio dell’accordo si presti a interpretazioni divergenti, il fatto che gli Stati Uniti, parte inadempiente numero uno del Jcpoa, accusino di inadempienza e invochino sanzioni contro le altre parti dell’intesa (Europa inclusa) – che non sono più in grado di rispettare l’accordo proprio a causa del default americano – offende il sentire comune.

La tesi degli E3, secondo cui Washington non può invocare e far applicare le disposizioni di un accordo dal quale essi stessi si sono ritirati, è stata recentemente ribadita dall’attuale Alto rappresentante dell’Unione, lo spagnolo Josep Borrell, che riveste una posizione super partes in qualità di coordinatore della Commissione congiunta del Jcpoa. E’ interessante notare che il Regno Unito, nonostante la Brexit, si è sinora associato a questa posizione anche se essa irrita notevolmente gli Stati Uniti.

Il 19 settembre 2020 il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha dato il fuoco alle polveri annunciando l’avvio del “processo di snapback per ripristinare praticamente tutte le sanzioni Onu precedentemente terminate” e ha invitato tutti i membri delle Nazioni Unite a fare lo stesso. Nel contempo lo stesso Pompeo sta intraprendendo un tour delle principali capitali nell’intento di piegarle a questa nuova iniziativa unilaterale degli Stati Uniti.

L’imminente Assemblea generale delle Nazioni Unite diventerà anch’essa campo di battaglia sulle sanzioni contro l’Iran. E’ auspicabile che l’Europa mantenga un fronte unito coerente con le proprie precedenti posizioni.