IAI
Premio IAI 2020

Fra clima e pandemia: rafforzare l’azione transatlantica per una ripresa sostenibile

28 Set 2020 - Maria Elena Sandalli - Maria Elena Sandalli

In aprile si è festeggiato il 50° anniversario della Giornata mondiale della Terra. Con gli occhi di tutti puntati sulla pandemia di Covid-19, il rapporto tra ambiente e crisi sanitaria ha assunto un nuovo significato.

Il ruolo degli esseri umani nel cambiamento climatico è un fatto inequivocabile. Lo sfruttamento delle risorse ha portato a fenomeni allarmanti quali deforestazione e perdita di biodiversità. In questo frangente, la ripresa economica deve necessariamente affrontare l’emergenza climatica, ponendo la sostenibilità ambientale in prima linea.

Si tratta di una sfida che riguarda in particolar modo Stati Uniti e Unione europea. Il mercato transatlantico rappresenta un terzo del Pil mondiale e genera un quarto delle emissioni complessive di gas serra. Detto ciò, in tempi recenti Washington e Bruxelles hanno adottato politiche ambientali nettamente in contrasto tra loro.

Ci si può dunque aspettare una ripresa sostenibile da entrambe le parti? Quali forme di cooperazione potranno essere sviluppate per agevolare questa ripresa e favorire il contrasto al cambiamento climatico?

La politica ambientale fra Washington e Bruxelles
La politica ambientale americana è in gran parte frutto di accordi volontari tra industria e potere esecutivo. Gruppi di interessi come la lobby del carbone hanno ampiamente alimentato la creazione di norme meno rigorose, rendendo la legislazione statunitense più permissiva rispetto a quella europea.

Anche la volontà politica ha contribuito a definire il quadro normativo. L’allora presidente Barack Obama, il quale credeva fermamente nella lotta al cambiamento climatico, ha svolto un ruolo di punta nel raggiungimento dell’accordo di Parigi. Tuttavia, durante l’attuale Amministrazione Usa, le relazioni transatlantiche sono peggiorate su tutti i fronti.

L’Ue ha compiuto passi decisivi verso un modello di economia circolare. Il Green Deal europeo, ad esempio, mira a rendere l’Europa climaticamente neutra entro il 2050. Donald Trump, dal lato suo, ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi e ha smantellato buona parte delle leggi esistenti, apportando ad esempio modifiche al modo in cui l’Agenzia per la protezione dell’ambiente calcola i rischi per la salute derivanti dall’inquinamento atmosferico.

Il coronavirus ha messo alla prova la coesione tra Stati europei, destinati collettivamente a una recessione. Dopo lunghi negoziati i leader europei hanno adottato un piano di ripresa inteso a riparare i danni della pandemia in linea con la strategia di crescita insita nel Green Deal europeo.

Negli Stati Uniti, nel frattempo, non solo la risposta istituzionale non è stata all’altezza della crisi, ma la politica ambientale rischia di essere ulteriormente declassata. In piena pandemia, Trump ha allentato le restrizioni sul rilascio di mercurio e altri metalli tossici. Toccherà attendere le elezioni presidenziali per sapere se il cambiamento climatico tornerà ad essere una priorità.

Azione transatlantica cercasi
Per citare Stavros Lambrinidis, attuale ambasciatore dell’Unione europea presso gli Stati Uniti, la popolazione mondiale sarà presto diretta verso una crisi ambientale “che farà sembrare il coronavirus uno scherzo“. Si tratta di un campanello d’allarme che sottolinea l’urgente necessità per una azione transatlantica sul clima.

Negli Stati Uniti, il vuoto normativo è stato in parte colmato da attori locali e non statali. Un crescente numero di città, regioni, imprese ed esponenti del mondo accademico e scientifico, ha confermato il proprio sostegno all’accordo di Parigi. Il Patto globale dei sindaci per il clima e l’energia ha favorito l’incontro tra primi cittadini americani ed europei sul tema. Un simile forum esclusivamente transatlantico potrebbe ulteriormente sancire l’azione climatica, indipendentemente dalle preferenze politiche a livello federale negli Stati Uniti e all’interno dei singoli Stati Ue.

Con gli Stati Uniti sempre più isolati, la Cina si è affermata come un importante partner europeo nell’affrontare il cambiamento climatico. Una rinnovata cooperazione tra Ue, Cina e forze progressiste americane potrebbe essere utile al fine di preparare il terreno in previsione di una nuova amministrazione a Washington, nel mese di novembre o quattro anni più avanti.

Insegnamenti dalla pandemia
La pandemia di Covid-19 ha dimostrato che la nostra salute e sicurezza dipendono da eventi che si verificano altrove. Allo stesso modo, il riscaldamento globale agisce da moltiplicatore di minacce per la sicurezza di tutti, aumentando l’instabilità politica e innescando carestie, migrazioni e conflitti. La Nato dovrebbe perciò porre la crisi climatica al centro della sua agenda militare e politica.

La pandemia ha dato slancio alle discussioni sull’ambiente, ma le conseguenze immediate della crisi sanitaria rischiano di distrarci dall’emergenza climatica. Guardando al futuro, una ripresa sostenibile e competitiva è nell’interesse di entrambi Stati Uniti e Unione europea. Longevità e prosperità del partenariato transatlantico dipenderanno da come affronteremo questa sfida fondamentale del nostro tempo.

Per tutto il mese di settembre, pubblichiamo alcuni estratti dei saggi dei finalisti della terza edizione del Premio IAI, l’iniziativa dell’Istituto Affari Internazionali rivolta ai neolaureati e agli studenti di università e scuole superiori.

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Il PremioIAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967

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