Dal nostro rapporto con le risorse naturali passa la prevenzione di future pandemie
Nei primi mesi del 2020, il Covid-19 si è diffuso nel mondo sconvolgendo la società e l’economia. Mentre i governi continuano a far fronte alle numerose difficoltà portate dalla pandemia, diverse sono le opinioni riguardo all’origine del coronavirus e alle misure da intraprendere per evitare epidemie future.
Ad oggi, non esiste evidenza scientifica che provi l’origine esatta del Covid-19, anche se diverse ricerche sembrano suggerire che si tratti di una malattia zoonotica. Tra le proposte per prevenire il diffondersi di ulteriori virus trasmessi all’uomo dagli animali, è stata avanzata quella di imporre un divieto internazionale per il commercio della selvaggina. Tale misura potrebbe però avere serie ripercussioni sulle comunità locali e le popolazioni indigene.
Origini del virus e futuri scenari
La scienza non è ancora in grado di spiegare l’esatto processo tramite cui il Covid-19 è stato trasmesso all’uomo; ci sono tuttavia alcuni fatti che possono far luce sulle origini del virus.
In primo luogo, il Covid-19 è potenzialmente una malattia zoonotica secondo ricercatori presso le università di Zhengzhou e Wuhan. I risultati della ricerca suggeriscono che il virus sia stato trasmesso agli umani originariamente dai pipistrelli, probabilmente passando prima tramite una o più specie animali. Altre fonti confermano la stessa ipotesi. Quello che sappiamo con certezza è che il 70% delle malattie emergenti negli ultimi anni hanno avuto origine in natura. Il Covid-19 sembra presentare le caratteristiche per far parte di questa percentuale.
In secondo luogo, sappiamo che i primi casi si sono registrati a Wuhan, nella regione di Hubei, in Cina. Nei media, è condivisa l’idea che i primi contagi si siano registrati in un mercato umido, ossia dove vengono venduti prodotti deperibili, tra cui carni animali. Tale possibilità rimane tuttavia una supposizione non supportata da evidenza scientifica.
Infine il crescente sfruttamento di risorse naturali, deforestazione e commercio di fauna selvaggia contribuiscono al diffondersi di virus zoonotici tramite due principali meccanismi: da una parte, l’uomo sempre più entra necessariamente a contatto con un numero esponenziale di microorganismi a causa dell’uso estrattivo e non della biodiversità; dall’altra, il deterioramento di zone naturali compromette i servizi regolatori degli ecosistemi. La correlazione tra perdita di biodiversità e un aumento di malattie infettive, per quanto scientificamente accettata, rimane però difficile da quantificare ed è determinata da complesse dinamiche che a seconda dei casi possono portare a diverse conclusioni. Alla luce di tali lacune, è urgentemente necessaria ulteriore ricerca per meglio comprendere questo importante rapporto.
Soluzioni e implicazioni economico-sociali
Il Covid-19 non sarà con ogni probabilità l’ultima malattia infettiva a diffondersi su scala globale. Per rispondere a future emergenze, la comunità internazionale si sta mobilitando per identificare opzioni al fine di prevenire future pandemie.
Tra le diverse soluzioni è stata proposta la possibilità di vietare il commercio di fauna selvatica. Mentre quest’ultima potrebbe sembrare una soluzione logica, comporta in realtà diverse problematiche. Una tale azione potrebbe infatti avere ripercussioni negative su popolazioni indigene e comunità locali, per le quali il commercio di selvaggina costituisce un’importante fonte di guadagno e sviluppo economico-sociale. Inoltre, il divieto porterebbe a un forte aumento del commercio illegale che è già una preoccupante causa di perdita di biodiversità.
Il divieto è stato suggerito in base alla supposizione che senza commercio di animali selvatici il diffondersi di malattie zoonotiche può essere arrestato. Sicuramente il commercio può ricoprire un ruolo importante ed è per questo che è necessario rivalutarlo considerando il rapporto ambiente-salute. Ciò deve avvenire però nel rispetto delle circostanze economiche, sociali e culturali delle comunità indigene e locali tramite una migliore regolamentazione.
Tale proposta inoltre deve essere accompagnata da azioni complementari che possano dare una risposta al problema nei suoi complicati e molteplici aspetti, come proposto dal report rilasciato dalle Nazioni Unite. Tra le misure che possono essere considerate vi sono l’adozione di un approccio “one health“, che prevede l’integrazione di conoscenze mediche, veterinarie e ambientali in processi decisionali, una migliore regolamentazione e monitoraggio del sistema alimentare e l’implementazione di misure di biosicurezza più stringenti.
Prossimi passi
Nei prossimi mesi, diverse sono le opportunità per avanzare proposte politiche che possano fornire una risposta robusta e coerente all’insorgere di epidemie future. I negoziati per gli obiettivi globali sulla biodiversità 2020-2030 in seno alla “Convention on Biological Diversity” delle Nazioni Unite offrono una prima importante occasione. Alcuni governi hanno già dettagliato diverse opzioni per affrontare in modo più sistematico il rapporto tra salute umana e ambiente.
Per sostenere tali decisioni però è necessaria più ricerca: ad oggi la poca evidenza scientifica in materia rende difficile orientarsi verso le soluzioni più appropriate. Un ruolo chiave sarà quello dell'”Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services“, che è già stato incaricato da diversi governi di far luce sulla relazione tra pandemie e biodiversità.
Il 2020 è iniziato con il diffondersi di incendi in Australia ed è continuato con una devastante crisi sanitaria. Le ripercussioni di pratiche ed attività non sostenibili si stanno rivelando sempre più evidenti; al tempo stesso, cittadini, consumatori e produttori da ogni parte del mondo stanno acquisendo progressiva consapevolezza sulla necessità di preservare le risorse naturali che sono alla base della nostra salute ed economia.
Sia il cambiamento climatico sia il Covid-19 hanno dimostrato quanto le nostre economie e società siano interconnesse: una risposta coordinata a livello internazionale è necessaria per garantire un futuro resiliente e sostenibile.