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CONVENTION DEM

Tutti i democratici al centro per liberare l’America da Trump

21 Ago 2020 - Massimo Teodori - Massimo Teodori

Con la formalizzazione di Joe Biden a candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti che il 3 novembre affronterà Donald Trump, si è conclusa la Convenzione di Milwaukee, una tappa importante nel futuro non solo del partito ma dell’America.

Il partito democratico si è compattato intorno al vincitore delle primarie in nome della parola d’ordine “liberiamo l’America da Trump” che ha spinto a superare i conflitti e le divergenze di indirizzo politico manifestatesi tra gli elettori e i dirigenti azzurri nell’ultimo quadriennio.

La sconfitta di Hillary Clinton nel 2016 fu attribuita alla rivolta della base giovanile e militante democratica che aveva votato per Bernie Sanders e non aveva accettato la candidatura di una donna dell’establishment partitico. Si erano poi sviluppati i gruppi radicali, femministi e neri -socialisti democratici, Occupy Wall Street, Me Too, e Black Lives Matter – che mal sopportavano l’inquadramento nel composito partito federale. Le elezioni di Mid Term del 2018 con l’elezione di molti giovani e donne provenienti dalla sinistra, avevano rafforzata l’ala radicale.

Con le presidenziali alle porte, è stato lo spettro di Trump, sospettato di volere trasformare la politica illiberale del primo mandato in svolta autoritaria nel secondo, a imporre la corsa al centro. Prima con le primarie vinte da un anziano esponente non brillante ma solido nei rapporti con i bianchi moderati, con i neri e con i sindacati, poi con la scelta della vice Kamala Harris, criticata dalla radicale Ocasio-Cortez di moderatismo e di comportamenti duri quale procuratrice della California, infine con il chiaro pronunciamento del leader della sinistra Sanders.

Che l’obiettivo escludente ogni altro obiettivo programmatico fosse la cacciata di Trump, l’intruso nella tradizione liberale americana ispirato dall’ideologo reazionario Steve Bannon oggi arrestato per truffa, è stato espresso non solo dai principali esponenti di partito – i “vecchi” Barack Obama, Bill Clinton, Nancy Pelosi, John Kerry, e i “giovani” e radicali come Elizabeth Warren, e Keisha Lance Bottoms – ma anche dall’ex governatore dell’Ohio John Kasich che ha dato voce alla insofferenza della vecchia guardia del Grand Old Party dei Mitt Romney, George W.Bush e Colin Powell.

Siamo di fronte a un “riallineamento” al centro del partito Democratico? Non credo in maniera definitiva.

Oggi è in ballo la necessità di vincere “contro”. Se Biden andrà alla Casa bianca e assorbirà nel gabinetto, come probabile, esponenti della sinistra per una politica sociale e dei diritti civili – sanità, povertà, immigrati, razzismo – dopo i disastri nella gestione della pandemia potrà prendere forma ad opera delle nuove generazioni una politica di centro-sinistra che assorbirà le spinte radicali trasformandole in legislazione come fece in politica interna Lyndon Johnson a metà degli anni Sessanta del Novecento.

Se invece Trump riuscirà ancora una volta a fare il miracolo di quattro anni fa – improbabile per chi scrive – vi potranno essere in nome di America First trasformazioni autocratiche che divideranno ancor più la società americana, e radicalizzeranno gli scontri tra bianchi e neri, tra poveri e benestanti, tra immigrati e residenti, ricreando un clima analogo a quello che si verificò ton la guerra in Vietnam.