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45 anni dall'Atto Finale della CSCE

Memorie d’agosto: Helsinki, crocevia di pace

19 Ago 2020 - Gianfranco Nitti - Gianfranco Nitti

A partire dal 17 novembre 1969, in pieno clima di Guerra Fredda tra il blocco occidentale e quello allora guidato dall’Unione Sovietica, ad Helsinki ebbe luogo la prima fase del negoziato Salt I, ovvero il negoziato sulla limitazione delle armi strategiche, che ebbe due fasi, la prima delle quale fu appunto ospitata nella capitale finlandese e produsse il Trattato sui missili antibalistici.

Tuttavia Helsinki balzò sotto i riflettori del mondo nel periodo tra il 1972 ed il 1975, quando le varie fasi della Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa (Csce), portarono alla firma del cosiddetto Atto Finale di Helsinki, il 1° agosto 1975, evento che pose le basi per un avvio della distensione tra i bue blocchi contrapposti, e che vide la partecipazione di 33 Stati oltre ad Usa ed Urss. Il documento finale di Helsinki, sottoscritto nel bianco e marmoreo Palazzo Finlandia, opera del celebre architetto Alvar Aalto, può essere considerato come uno degli strumenti più significativi del dialogo internazionale.

In quell’occasione, tutti i 35 paesi firmatari arrivarono ad un accordo su un fatto fondamentale, ovvero che la pace non è sicura quando le armi tacciono; piuttosto la pace è il risultato della cooperazione degli individui da una parte e delle società stesse dall’altra. I famosi “dieci principi” che aprono il documento finale di Helsinki costituiscono la base sulla quale i popoli d’Europa, che sono stati per anni vittime di tante guerre e divisioni, esprimevano il desiderio di consolidare e preservare la pace, in modo tale da permettere alle generazioni future di vivere in armonia e in sicurezza. Fu definito lo ‘spirito di Helsinki, e molti considerano quell’evento il seme che cancellò il comunismo nell’Urss, favorendo la nascita dell’attuale Russia. Ma se le ideologie nascono e muoiono, la necessità di promuovere il dialogo diretto fra coloro che posseggono armi di distruzione di massa non viene mai meno, e con esso il ruolo di una città come Helsinki ridivenne attuale nel favorire lo scambio di idee e di proposte de visu. Il carismatico presidente finlandese Urho Kekkonen fu l’artefice infaticabile della riunione finale di Helsinki nel 1975.

La profezia di Aldo Moro
Chi scrive era un giovane laureando in Diritto internazionale con una tesi di laurea connessa alla Csce e si trovava ad Helsinki in quel periodo, con una borsa di studio, proprio per la redazione dell’elaborato. Ebbi la fortuna di essere accreditato e di poter assistere a quell’evento di grande portata per il destino dell’Europa, ma anche dell’umanità. Ed ebbi quindi l’occasione di vedere il presidente del Consiglio italiano Aldo Moro firmare l’Atto Finale.

Aldo Moro e Leonid Breznev

In una delle foto dell’epoca, si intravede Moro, un po’ ripiegato e concentrato ad ascoltare in cuffia l’interpretazione dei discorsi. Della delegazione faceva parte anche un grande testimone e tessitore per l’Italia di quella Conferenza, l’ambasciatore Luigi Vittorio Ferraris, personalità di grande cultura e di profonda esperienza diplomatica. E firmando Moro nell’agosto 1975 l’Atto Finale della Conferenza di Helsinki, sia come presidente del Consiglio italiano sia come presidente di turno dell’allora Comunità europea, gli fu da qualcuno contestato che era illusorio sottoscrivere un documento così innovativo mentre da parte del presidente sovietico Leonid Breznev si affermava il permanere della “sovranità limitata” degli Stati amici dell’Urss. Moro replicò profetico: “Il signor Breznev passerà e il seme che tutti insieme abbiamo gettato darà i suoi frutti”.

A 45 anni da quel torrido, per Helsinki, 1° agosto (ben 30°), alcuni organismi internazionali o governi hanno ricordato quell’evento i cui protagonisti principali, capi di Stato o di governo, non sono più tra noi, tranne il solo presidente francese Valery Giscard d’Estaing (nella foto di copertina insieme al presidente americano Gerald Ford e al segretario di Stato Usa Henry Kissinger), ma molti partecipanti secondari o presenti nel Palazzo Finlandia quel giorno, tra cui lo scrivente, hanno un ricordo ben vivo della rilevanza storica dell’avvenimento.

L’eredità dell’Osce
L’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa, nata come emanazione dei seguiti della Csce, in una nota della sua Assemblea Parlamentare ha dichiarato: “Quarantacinque anni fa, i leader di Est ed Ovest si riunirono per adottare un documento audace, sia per ambizione che per ambito di applicazione, che rimane visionario fino ad oggi. L’Atto Finale di Helsinki pose le basi per la pace europea, garantita da un sistema multilaterale collaborativo basato su valori e impegni condivisi. Per generazioni di nostri cittadini, che vivono da Vancouver a Vladivostok, la nostra ricerca di sicurezza e cooperazione ha anche tracciato un percorso verso il pieno rispetto dei loro diritti umani e delle libertà fondamentali. Dal 1975, sono stati compiuti progressi significativi in ​​tutta la regione dell’Osce, ma i principi dell’Atto Finale di Helsinki continuano a essere violati e, per molti dei nostri, oltre un miliardo, di cittadini, la sicurezza globale rimane un sogno lontano”.

A sua volta, il Presidente di turno dell’Osce, il premier albanese Edi Rama, ha invitato a “trovare ispirazione in questo anniversario, per andare avanti con rinnovata determinazione”, osservando che la fiducia può essere costruita solo attraverso un dialogo aperto e franco, e ciò richiede sostenuti sforzi, pazienza e perseveranza, concludendo che “Sono convinto che la piattaforma inclusiva dell’Osce per il dialogo e l’azione comune lo rende un forum cruciale e duraturo per l’impegno”.

Lo “spirito di Helsinki” come storicamente è definito quel passaggio della storia d’Europa e del mondo, nonostante affievolimenti, guerre, pandemie e tensioni internazionali, è una fiammella che deve e può continuare ad illuminare i nostri sentieri di pace e civiltà.