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Il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo tra riforma e continuità

31 Ago 2020 - Marco Gerbaudo - Marco Gerbaudo

La politica migratoria dell’Unione europea va cambiata radicalmente. A dirlo è la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che non appena eletta ne ha proposto la riforma inserendola tra le priorità del suo programma di governo.

Con il nome di Patto sulla migrazione e asilo, il piano di riforme delineato da von der Leyen prevede una serie di cambiamenti ambiziosi e a tutto tondo basati su quattro pilastri. In ambito di asilo, il superamento del sistema di Dublino con l’introduzione di nuove forme di solidarietà per diminuire la pressione migratoria nei Paesi di primo arrivo. La Commissione ha specificato che la solidarietà sarà basata principalmente, ma non esclusivamente, sulla redistribuzione dei richiedenti asilo sul territorio europeo, così da distanziarsi dal fallimentare modello di quote obbligatorie introdotto nel 2015 e nel frattempo definitivamente ritirato.

In secondo luogo, il miglioramento dei programmi di ritorno e riammissione dei migranti irregolari nei loro paesi di origine, tramite una maggiore cooperazione con i Paesi di origine e di transito.

Terzo, l’adozione di un approccio sostenibile e permanente nella gestione delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare, così da evitare ulteriori morti nel Mediterraneo e fragili soluzioni ad hoc ad ogni nuovo arrivo.

Infine, la lotta all’immigrazione irregolare ed al traffico di esseri umani con il rafforzamento della Guardia di frontiera e costiera europea (Frontex), che entro il 2024 dovrebbe contare 10,000 agenti operanti ai contini esterni dell’Ue.

Un equilibrio difficile
Il nuovo Patto su migrazione e asilo ambisce a trovare un equilibrio tra solidarietà e responsabilità nella gestione dei flussi migratori. Il suo successo però dipende dal superamento delle enormi divergenze fra Stati membri, che da anni bloccano ogni tentativo di riforma. Il nodo più difficile da sciogliere è la redistribuzione dei richiedenti asilo, ritenuta indispensabile dai Paesi di primo arrivo (Cipro, Grecia, Spagna, Italia e Malta) ma inaccettabile dai Paesi del gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia) e da Estonia, Lettonia e Slovenia.

A rendere ancora più arduo il compito della Commissione, l’emergenza causata dalla pandemia di Covid-19 che ha sconvolto l’agenda politica europea. Il Patto, inizialmente previsto per il primo trimestre del 2020, è stato più volte rimandato per dare priorità alle misure anti-coronavirus e di ripresa. Ad oggi non è ancora stato presentato, e le aspettative più ottimistiche prevedono la sua pubblicazione non prima di metà settembre.

Nel frattempo, la pandemia ha paralizzato la già fragile cooperazione fra Stati membri in ambito di redistribuzione e ritorno dei migranti, fornendo allo stesso tempo l’occasione a molti leader europei per imporre misure molto restrittive su arrivi e accesso all’asilo. La Commissione, la cui competenza in materia si limita a proporre linee guida e raccomandazioni, non è stata finora in grado di riportare la situazione alla normalità, e molte delle misure introdotte non sono state ancora revocate, nonostante il picco dell’emergenza Covid-19 sia passato.

Tensioni vecchie e crisi nuove
Inoltre, mentre la pandemia si diffondeva in Europa, le tensioni tra Grecia e Turchia si sono inasprite, dopo che il governo turco ha annunciato di non voler più impedire ai migranti di attraversare il confine per entrare in Europa. Questa ennesima crisi ai confini esterni europei ha reso evidente l’insostenibilità della politica di esternalizzazione delle frontiere e della gestione dei migranti adottata dalla Commissione Junker, esemplificata proprio dall’accordo fra Ue e Turchia del 2016.

Tuttavia, il supporto delle istituzioni europee alla militarizzazione del confine greco per impedire nuovi arrivi non si discosta dall’approccio securitario adottato in passato, mentre è in evidente contrasto con i proclami di cambiamento di pochi mesi prima.

Visti i rinvii imposti dalla pandemia e l’allineamento dei leader europei dietro la Grecia scudo d’Europa, la Commissione ha iniziato a rielaborare il contenuto del Patto ridimensionandone fortemente la portata. Secondo i documenti raccolti dall’European Policy Centre, le lungimiranti riforme annunciate a fine 2019 avrebbero lasciato il posto a una serie di compromessi al ribasso concentrati sul rafforzamento delle frontiere esterne. Se così fosse, il tanto annunciato Patto sulla migrazione e asilo rischia di ridursi a un deludente patchwork di misure poco organiche ed incomplete.

Sono passati cinque anni dalla crisi migratoria del 2015, e da allora la normalizzazione della logica dell’emergenza si è diffusa in tutta Europa. In questi anni l’Ue non è stata in grado di affrontare la situazione con umanità e sistematicità. Il Patto sulla migrazione e asilo potrebbe segnare un nuovo inizio per la politica migratoria europea.

Tuttavia, la situazione altamente volatile e i recenti passi indietro della Commissione rendono difficile fare previsioni non solo sulla possibilità di successo del Patto, ma anche sul suo contenuto. La speranza è che la Commissione non si lasci conquistare dalla retorica securitaria e dai veti di alcuni Stati membri, proponendo invece cambiamenti radicali al sistema attuale, incapace sia di rispondere alle necessità degli Stati membri che di garantire protezione e diritti ai migranti.

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