Vince Duda: la Polonia è del PiS (ma per quanto ancora?)
Come previsto, il presidente in carica Andrzej Duda ha prevalso al secondo turno delle elezioni presidenziali polacche. Secondo i dati a disposizione ha ottenuto il 51,21% dei voti mentre il suo avversario diretto, Rafał Trzaskowski, sindaco liberale di Varsavia, ha ricevuto un sostegno pari al 48,79%. Rispetto al primo turno dello scorso 28 giugno la distanza fra i due è diminuita, segno che, com’era già stato notato, la candidatura dell’uomo di Piattaforma civica è cresciuta, ma questo non è bastato.
Era chiaro che per Trzaskowski questo confronto non sarebbe stato una passeggiata, anche se vi erano elementi per prevedere che il primo cittadino della capitale si sarebbe potuto giocare questa partita fino in fondo, in rappresentanza di quella parte di Paese che con il sovranismo non va troppo d’accordo. Così è stato, ma la svolta europeista è sfumata per pochi voti. Tuttavia l’opposizione denuncia illeciti scandalosi al voto e il responsabile della campagna di Trzaskowski, Cezary Tomczyk, ha affermato che le irregolarità sarebbero avvenute soprattutto nel voto all’estero.
Due visioni del Paese
I polacchi sono stati chiamati a scegliere fra due opposte visioni politiche in termini di gestione del Paese e di rapporto con le istituzioni internazionali.
Da una parte, Duda che si è presentato per un secondo e ultimo mandato e che rappresenta i valori tradizionali: Dio, patria e famiglia. Il suo è un atteggiamento di sfiducia nei confronti dell’Unione europea che considera un ostacolo alla realizzazione della piena sovranità nazionale dei Paesi membri. Dall’altra Trzaskowski, europeista, convinto sostenitore dell’apertura e del rispetto verso le minoranze quali ingredienti per l’evoluzione della vita democratica in Polonia e della solidarietà sociale.
Per i nazionalisti, l’avversario di Duda è esponente di quella classe politica liberale e cosmopolita che nulla a ha che fare con i valori e gli interessi nazionali e la loro tutela. Descritto dal governo e dai suoi sostenitori come un “agente” di lobby straniere, Trzaskowski è per gli ambienti nazionalisti del Paese un personaggio di cui diffidare. Il risultato del voto, però, descrive un Paese spaccato in due, in cui una parte considerevole ha dato fiducia al sindaco di Varsavia in cerca di un cambiamento e di una svolta basata sull’apertura e su un confronto costruttivo con il resto dell’Ue.
Nella circostanza del voto si sono quindi misurate una Polonia dal conservatorismo rurale dei piccoli centri legati a valori di matrice essenzialmente cattolica e un’altra progressista, imperniata sull’attivismo cittadino della società civile. Ha prevalso la prima componente, che ha ridato fiducia a Duda per una continuità in termini di azione politica e per difendere il Paese dai supposti pericoli esterni. La candidatura di Trzaskowski ha dovuto accettare il responso delle urne e il fatto di non aver potuto, almeno in questo frangente, porre un freno all’impegno del partito governativo PiS (Diritto e Giustizia) di accentrare il potere e realizzare un sistema sempre più dirigista.
Prospettive dopo il voto
La sconfitta del giovane esponente dell’opposizione, firmatario insieme agli altri tre sindaci delle capitali del Gruppo di Visegrád di un patto pro-Ue, è comunque avvenuta di misura e va nondimeno riconosciuto il merito di aver dato nuovi spunti alla coalizione liberale che aveva mostrato, in questi ultimi tempi, di trovarsi in serie difficoltà.
Ora occorre capire se la medesima sarà capace di approfittare di questa crescita che ha consentito un testa a testa con Duda, e di portare avanti un’azione politica di contrasto al governo che sia in grado mettere in risalto le contraddizioni del sistema e provare a gettare i semi di un futuro cambiamento in cui ha sperato una parte tutt’altro che esigua degli aventi diritto di voto. Non sarà facile, ma necessario.