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Evitare un vuoto istituzionale

Repubblica Dominicana: ultima chiamata per rinnovare le istituzioni

4 Lug 2020 - Lo Spiegone - Lo Spiegone

Negli ultimi cinquant’anni, la “giovane” democrazia della Repubblica Dominicana aveva sempre celebrato gli appuntamenti elettorali secondo il corso regolare, senza mai un rinvio. Nel 2020 invece, la nazione caraibica è stata obbligata per due motivi completante diversi a posticipare sia le elezioni municipali, sia il voto per la presidenza e per il Congresso. La congiuntura attuale è particolarmente critica dal punto di vista del calendario elettorale anche a causa dei rigidi vincoli costituzionali che fissano l’inizio di ogni legislatura e l’insediamento del presidente per il 16 agosto.

Le elezioni congressuali e presidenziali che si sarebbero dovute svolgere il 17 maggio, si terranno dunque “sì o sì” il 5 luglio, per usare le parole di Julio Castaños Guzmán, presidente della Junta Central Electoral. Anche in questi mesi di tensione, la possibilità di un secondo rinvio da parte dell’organo elettorale non ha mai preso veramente corpo.

Tra le più alte proporzioni di contagi in America latina
Come si nota, dal punto di vista dell’impedimento dell’esercizio democratico del voto, l’emergenza sanitaria ha colto la Repubblica Dominicana nel peggior momento possibile. Sebbene il numero di contagi sia stato sostanzialmente trascurato dalle notizie internazionali, mettendo a fuoco i dati relativi ai circa dieci milioni di abitanti di questo territorio insulare si ottiene un quadro decisamente più allarmante. Al 30 giugno, il numero di casi confermati ogni mille persone è 3,03: una tra le proporzioni più alte di tutta l’America Latina e, stringendo il campo alla regione America centrale e Caraibi, seconda solo a Panama. Lo stato di emergenza entrato in vigore il 19 marzo è stato prorogato per cinque volte; l’ultima fino al 30 giugno. Dal 1° luglio la misura è stata ritirata (lo status attuale è “epidemia nazionale”) e con essa è stato rimosso il coprifuoco, che per mesi era stato attivo tra le sette di sera e le cinque del mattino.

In questo contesto, decine di movimenti civici hanno manifestato per chiedere alla Junta Electoral garanzie e condizioni adeguate perché ci si possa recare alle urne nella data del 5 luglio. Il timore di uno dei portavoce di questi gruppi, Pedro Pablo Forastieri (attivista di Coalición Democrática por la Regeneración Nacional), è che il panico della popolazione si rifletta nell’astensione dal voto, proprio quando i principali sondaggi prospettano il declino del partito al potere da sedici anni.

Il sistema elettorale
I cittadini dominicani sono chiamati a votare tre schede: una per presidente e vicepresidente, una per i membri del Senato e una per i membri della Camera dei deputati, tutti eletti in forma diretta (con l’eccezione dei deputati che rappresentano i dominicani all’estero, associati alla scheda presidenziale). Il sistema che regola l’elezione del Senato è lo scrutinio maggioritario uninominale (32 seggi), mentre per i 190 membri della Camera dei deputati vale la rappresentanza proporzionale per province o per distretto elettorale all’estero. Infine, cinque seggi saranno assegnati a livello nazionale ai partiti che abbiano ricevuto almeno l’1% dei voti in tutto il Paese.

Per quanto riguarda il presidente della Repubblica, per essere eletto al primo turno un candidato deve ricevere almeno il 50% delle preferenze, altrimenti è previsto un ballottaggio con i due candidati che hanno ottenuto più voti. Per quest’anno, la seconda eventuale tornata elettorale è ora fissata per il 26 luglio.

I candidati alla presidenza
Sei candidati si contendono la carica presidenziale: Gonzalo Castillo (Partido de la Liberación Dominicana, Pld), Luís Abinader (Partido Revolucionario Moderno, Prm), Leonel Fernández (Fuerza del Pueblo), Guillermo Moreno (Alianza País), Juan Cohen (Partido Nacional Voluntad Ciudadana) e Ismael Reyes (Partido Demócrata Institucional). Tutti i sondaggi pre-elettorali riportano percentuali di preferenza estremamente basse per gli ultimi tre.

L’ex presidente Leonel Fernández avrebbe qualche chance in più, ma si fermerebbe comunque a distanza dai due candidati di punta. Fernández è già stato eletto per ben tre volte alla guida del Paese (nel 1996, nel 2004 e nel 2008), “schivando” una serie di riforme costituzionali sui limiti alla ricandidatura. Il modello attualmente in vigore permette la rielezione senza stabilire un numero massimo di legislature, purché queste non siano consecutive. Il partito Fuerza del Pueblo è stato fondato solo nell’ottobre dello scorso anno, quando Fernández, colpito dalle accuse di frode elettorale nel corso delle primarie, ha rinunciato alla testa del Partido de la Liberación Dominicana (centro-sinistra sempre più tendente al populismo). Fondato da Juan Bosch, si tratta di uno dei partiti più importanti e lo dimostra il fatto che dalle sue file sono emersi cinque presidenti dominicani, tra cui quello in carica, Danilo Medina.

Appunto perché Medina non si ricandiderà, il partito oficialista Pld sarà rappresentato dall’imprenditore ed ex ministro Gonzalo Castillo. Alcuni sondaggi danno quest’ultimo per favorito, ma la maggior parte invece vede in vantaggio l’opposizione, guidata Luís Abinader. Abinader ha guidato la scissione nel Partido Revolucionario e fondato il Prm, di ideologia progressista e liberale. Anche grazie alla frammentazione del partito al potere, Abinader ha acquisito una popolarità notevole.

Tensione nella congiuntura politica
L’esperienza del rinvio delle elezioni municipali (dal 16 febbraio al 15 marzo) ha lasciato nella popolazione dominicana una scia di scontento e di sospetto di frode elettorale. Ad alcune ore dall’apertura delle urne, la Junta Electoral aveva segnalato delle falle nel sistema di voto automatizzato, che era stato adottato per la prima volta, interrompendo di conseguenza le operazioni di voto. Un comunicato firmato dai principali partiti aveva denunciato la vicenda come “un sabotaggio” e subito erano iniziate le proteste di piazza.

Oltre a questa grave complicazione che ha ritardato il calendario elettorale, la Costituzione dominicana non prevede che il presidente e i componenti del Congresso prolunghino il loro mandato, in quanto membri eletti e a differenza dei membri designati. Se non si tenessero queste elezioni, dunque, dal 16 agosto si creerebbe un vuoto istituzionale, a meno che non si decida di intervenire con una riforma alla stessa Costituzione.

È notizia di poche settimane fa che il candidato favorito Luís Abinader, sottoposto al test, è risultato positivo al Covid-19. Abinader ha tranquillizzato gli elettori, riferendo che i medici prevedono per lui e per la moglie un rapido recupero dalla malattia.

A cura di Francesca Rongaroli, caporedattrice della redazione America latina de Lo Spiegone

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