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Sentenza del Tribunale arbitrale

Marò: una decisione favorevole all’Italia, ma con qualche chiaroscuro

6 Lug 2020 - Natalino Ronzitti - Natalino Ronzitti

Il 2 luglio scorso il tribunale arbitrale costituito in virtù dell’annesso VII alla Convenzione sul diritto del mare ha emesso la sentenza nella controversia tra Italia e India relativa all’incidente della petroliera Enrica Lexie.

Schematicamente i termini della vicenda: nel 2012 la Enrica Lexie, in transito nell’Oceano indiano al largo delle coste del Kerala, incrociò un battello da pesca indiano, il St Anthony, la cui condotta fu considerata ostile dal nucleo armato di protezione dei fucilieri della Marina militare, che si trovavano a bordo della Enrica Lexie in funzione anti-pirateria. Furono sparati dei colpi di avvertimento. Due membri dell’equipaggio del peschereccio persero la vita. La Enrica Lexie fu attirata con l’inganno nel porto di Kochi e rilasciata dopo che due membri del nucleo di fucilieri – Massimiliano Latorre e Salvatore Girone – furono arrestati dalla polizia locale.

Di fronte alle proteste italiane, i due fucilieri furono trasferiti a New Delhi in attesa della costituzione di un tribunale ad hoc e fu loro consentito di risiedere presso la nostra sede diplomatica. La questione si è trascinata con alterne vicende fino al 2015, quando il governo italiano decise di ricorrere all’arbitrato internazionale, senza ovviamente rinunciare ad una soluzione diplomatica della controversia. Il tribunale arbitrale, composto da cinque giudici, ha effettuato la prima riunione nel gennaio 2016. I tempi dell’arbitrato, che non sono mai rapidi, si sono prolungati a causa del decesso del giudice indiano e conseguente nomina del nuovo arbitro.

Attualmente si conosce solo il dispositivo della sentenza. Le motivazioni saranno pubblicate successivamente. Ma talune parti saranno secretate.

Il tribunale arbitrale non era ovviamente chiamato a giudicare se i due fucilieri di Marina fossero colpevoli, ma doveva solo stabilire a chi spettasse la giurisdizione sul caso: all’Italia, poiché i fucilieri, in quanto organi dello Stato italiano, godevano dell’immunità dalla giurisdizione locale, oppure all’India, Stato di nazionalità delle vittime. La Corte si è pronunciata a favore dell’immunità dalla giurisdizione locale. Ciò non significa che i titolari dell’immunità siano esenti dalla giurisdizione nazionale. Ed infatti l’Italia, come ricordato dal tribunale arbitrale, si era impegnata a riprendere il procedimento presso il tribunale di Roma.

Pertanto l’India dovrà terminare ogni azione nei confronti dei marò, che erano tenuti ad adempiere taluni obblighi, nonostante fosse stato loro concesso di rientrare in Italia.

Ma la sentenza non si limita a dirimere la questione della titolarità della giurisdizione. Essa va oltre ed accoglie la richiesta indiana, stabilendo che l’Italia, con l’azione dei suoi fucilieri contro il St. Anthony, e la conseguente morte dei due pescatori, ha violato il principio della libertà dell’alto mare e il relativo diritto di navigazione. La violazione delle norme internazionali comporta l’obbligo di riparazione dell’illecito. La constatazione della violazione da parte dell’Italia è misura “satisfattoria”, che integra un primo aspetto della riparazione. Poiché, tuttavia, l’Italia ha provocato dei danni materiali e morali nei confronti del St. Anthony e del suo equipaggio, dovrà provvedere con idoneo risarcimento, da quantificare mediante accordo tra le parti ed eventualmente mediante ricorso al Tribunale arbitrale.

Tanto l’Italia quanto l’India hanno cantato vittoria: Roma perché è stato affermato il principio dell’immunità dalla giurisdizione e quindi non dovrà riconsegnare i marò all’India; New Delhi perché ha ottenuto che il tribunale affermasse la violazione italiana del principio della libertà dell’alto mare e conseguentemente l’obbligo al risarcimento dei danni. Tra l’altro, da parte indiana, si è finito per ammettere che il principio dell’immunità dalla giurisdizione è principio che può tornare utile anche per l’India.

Le circostanze sono tali che il lodo arbitrale verrà correttamente eseguito al contrario di altre decisioni arbitrali rese nell’ambito dell’annesso VII alla Convenzione sul diritto del mare: i marò si trovano già in Italia e il nostro Paese aveva già provveduto a risarcire le vittime, pur senza ammettere nessuna colpevolezza. Si tratterà di vedere solo se sia necessario un’aggiunta, una volta quantificato il danno. Peraltro, il punto dei risarcimenti pregressi non è trattato nel dispositivo.

Tutto bene, quindi? Sì e no. Certamente è positivo l’accoglimento da parte del tribunale del principio dell’immunità giurisdizionale per gli organi dello Stato. Essi non possono essere sottoposti ad alcun procedimento penale all’estero, tranne che abbiano commesso un crimine internazionale. Ciò perché l’atto non resta proprio dell’individuo che lo abbia commesso, ma viene imputato allo Stato di appartenenza, che resta il solo responsabile. Questa parte della sentenza, quantunque adottata a maggioranza, costituisce un valido contributo allo sviluppo del diritto internazionale e sarà certamente tenuta nella debita considerazione nel quadro dei lavori che in materia si svolgono presso la Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite.

Desta, invece, perplessità il paragrafo in cui si afferma la responsabilità italiana dell’incidente e la conseguente violazione del principio della libertà dell’alto mare. Paragrafo che, tra l’altro, è stato approvato all’unanimità. In attesa di conoscere  le motivazioni della sentenza, e sempre che questa parte non sia secretata, bene ha fatto la Farnesina a diramare un comunicato in cui si afferma che la ricostruzione della vicenda operata in sede arbitrale non avrà alcuna conseguenza sul procedimento che sarà instaurato presso il tribunale di Roma, cui spetterà accertare autonomamente i fatti.

Ulteriore motivo di perplessità è costituito dal fatto che, una volta affermato il principio dell’immunità dalla giurisdizione, non venga imputata all’India nessuna violazione del diritto internazionale, nonostante che i marò siano stati incarcerati e per lungo tempo trattenuti in India.

In conclusione, secondo il tribunale la responsabilità è solo italiana. L’India ha violato il principio dell’immunità dalla giurisdizione, ma non lo si dice.