La Germania e la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue: parla Tonia Mastrobuoni
È un semestre molto importante perché è l’ultimo in cui Angela Merkel potrà incidere davvero in Europa. Sono gli ultimi sei mesi prima di una campagna elettorale 2021 che deciderà il prossimo cancelliere e Angela Merkel ha già detto che non si ricandiderà. Quindi, lei considera questi sei mesi l’ultima finestra del suo potere intatto.
Tante fonti della sede Ue mi hanno raccontato in queste settimane che le immagini di Bergamo, dei morti che venivano portati via, hanno lasciato una grande impressione alla cancelleria e nel governo tedesco. Merkel non ha avuto neanche difficoltà a convincere il governo e il suo Paese che questa volta siamo dinanzi a una crisi senza precedenti, di cui nessuno ha colpa, perché è una pandemia senza precedenti, una catastrofe naturale, che cambia tutti i parametri. La premessa di questa sua azione per il semestre è stata infatti anche una serie di rotture di taboo per la Germania stessa.
Ad esempio, la Germania non ha fatto un plissé quando si è deciso di sospendere il Patto di Stabilità, la Germania stessa ha cancellato il famoso feticcio del pareggio di bilancio, la Schwarze Null, e ha investito una somma senza precedenti per il rilancio della propria economia, 1300 miliardi. Quello di cui la cancelliera si è anche resa conto è che, visto che la pandemia è stata nei suoi effetti asimmetrica, cioè ha colpito in maniera simmetrica ma gli effetti sono stati molto diversi, il pericolo reale è che questa Europa riemerga da questa crisi terribile più diseguale e spaccata di prima, con Paesi come Italia e Spagna molto indeboliti e Paesi come la Germania che – anche in virtù di questo grande piano congiunturale varato già due mesi fa – possa diventare una superpotenza europea.
Il semestre è ambizioso sin dagli esordi, perché adesso ci sarà un Consiglio europeo in cui si discuterà il primo grande traguardo che la cancelliera vuole ottenere, che è un Recovery Fund da 750 miliardi. Sappiamo che lei stessa, insieme al presidente francese Emmanuel Macron, ha proposto che una quota importante, due terzi, di quel fondo siano trasferimenti, cioè soldi non a credito. Merkel sa che l’Italia ha a disposizione altri strumenti europei, ma sono tutti strumenti che darebbero dei prestiti e, quindi, un Paese con un debito stimato intorno al 160% del Pil non può permettersi di affrontare la crisi con i soli prestiti europei. Il primo grande traguardo sarà questo, Merkel vuole ed è anche determinata a difendere questo fondo dagli arrembaggi dei cosiddetti quattro Paesi “frugali”, cioè Olanda, Svezia, Danimarca e Austria. Probabilmente, il compromesso sarà una cifra più bassa, anche di trasferimenti puri, però intanto anche in questo caso è stato rotto un taboo molto forte, che è quello di trasferimenti legati a riforme, ma non condizionati più di tanto. L’ultimo taboo che è caduto, è quello di un indebitamento da parte della Commissione europea che, per la prima volta, potrà emettere bond e quindi finanziare questo straordinario programma di ricostruzione.
MERKEL E VON DER LEYEN: DIFFERENZE E SOMIGLIANZE
È un parallelo molto difficile. Ursula von der Leyen e Angela Merkel sono due donne molto diverse. Anche quando ho intervistato von der Leyen quando era ministra della difesa, lei stessa mi disse che erano due donne molto differenti, però molto in sintonia e unite. Ricordiamo che von der Leyen è stata per 15 anni ministra dei governi Merkel. Per lei, questo ultimo governo nel ruolo di ministra della Difesa è stato una trappola, perché l’ha esposta a molte critiche, per cui erano nati anche dei sospetti che Merkel l’avesse confinata lì per non renderla troppo potente.
Sappiamo che Merkel a lungo ha sfigurato tutti i suoi contendenti alla leadership, alla sua successione. In ogni caso, tra le due c’è una sintonia enorme. Si è già visto in questi primi mesi di presidenza von der Leyen, mentre tutti ricordiamo i contrasti che c’erano stati con la presidenza Juncker, che era secondo me ottima, piena di iniziative (sui migranti, ad esempio, è stato Juncker il primo a proporre delle quote), ma in questa continua dialettica anche molto feroce con Berlino – Juncker ha avuto un ruolo determinante anche nel salvataggio della Grecia – c’era sempre un contrasto tra le due capitali fondamentali dell’Europa. Il fatto che adesso Bruxelles e Berlino siano in sintonia è importante.
L’ascesa della Merkel nel partito del Paese è sempre stata dovuta al fatto – dicono i suoi biografi – che fosse un’eterna sottovalutata, cioè una donna sottovaluta dai “leoni” della sede Ue, ma che poi è arrivata a guidare il partito del Paese anche in un momento, come il 2005, molto diverso da ora. Anche quello uscito fuori di recente dallo scoop della Cnn sulle telefonate di Donald Trump ai vari leader del mondo, dice molto di Merkel. La Cnn racconta che Trump l’avrebbe insultata a telefono, che l’avrebbe definita stupida. Merkel ha sempre reagito con grande calma e la sua unica cautela è stata quella di ridurre il numero di persone che assistevano a queste telefonate, pare, agghiaccianti. È una donna ipercauta, che si è sempre circondata di pochissime persone, di un inner circle chiusissimo. Di Merkel sappiamo anche che detesta quando qualcuno riferisce i contenuti delle riunioni confidenziali che lei ha. Von der Leyen, invece, è una donna molto più estroversa, che indossa il potere con più disinvoltura. Caratterialmente, quindi, è agli antipodi di Merkel. Per queste due caratteristiche è anche meno popolare della cancelliera, che è sempre stata una leader che non faceva paura, che rassicurava – in Germania la chiamano “mutti” appunto.
Ora l’hanno ribattezzata “Regina d’Europa“, perché i suoi toni nelle ultime due settimane sono inediti. L’ipertattica Merkel che non aveva mai visione, che non riusciva mai ad andare al di là del proprio ombelico, degli interessi del proprio partito e del proprio Paese, si è mostrata anche generosa e volenterosa di ottenere una maggiore coesione nel continente. Merkel ha sempre sottolineato che nessun Paese in Europa può affrontare da solo un mondo globalizzato in cui le tre superpotenze, Cina, Russia e Stati Uniti, si stanno dimostrando dei partner difficili. Soprattutto i rapporti con lo storico partner, gli Stati Uniti, sono precipitati con la presidenza Trump. Uno degli obiettivi dichiarati da Ursula von der Leyen sin dai primi minuti della sua presidenza della Commissione è stato quello di rendere l’Europa più geopolitica, e Merkel è d’accordo con questa visione. L’unico modo per rendere l’Europa più presente e forte rispetto a questi scossoni, come la lunga guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, è quello di essere un continente più coeso.
RECOVERY FUND E BREXIT
Il semestre di presidenza tedesca è incorniciato da due eventi: uno è il Recovery Fund e l’altro è quello che dovrebbe essere il suo epilogo, la Brexit. Però, a riguardo, i tedeschi non si fanno molte illusioni. Al momento, probabilmente, ci sarà una posizione negoziale, lo hanno detto sia von der Leyen che Merkel. Ci aspettiamo anche uno scenario peggiore, cioè una Brexit dura, perché Boris Johnson è oggettivamente un partner piuttosto erratico, dal quale ci si aspetta che, fino all’ultimo momento, possa rovesciare il tavolo e pensare la via di una Brexit senza accordo, che sarebbe uno scenario abbastanza difficile per l’Europa, perché dopo la crisi per la pandemia ci sarà adesso una crisi economica. Il semestre affronterà soprattutto questi effetti della pandemia e l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa sarà un altro shock economico, e una hard Brexit sarebbe uno scenario anche peggiore.
LA POSIZIONE DI BERLINO
I Paesi frugali difendono quest’idea, che invece Merkel ha messo tra parentesi, di un’Europa in cui ognuno deve prendersi le proprie responsabilità: insomma, l’antica retorica dell’austerity, che deve fare i suoi compiti, un’Europa in cui bisogna stare attenti ai conti pubblici ed essere credibili – e l’Italia non ha dato grande prova di credibilità negli ultimi anni.
Credo che alla fine ci sarà un accordo su una cifra minore. Però, quello che segnalano, e che non è malvisto da una parte della Germania, è il fatto che ci sia anche la necessità di chiedere garanzie in cambio di questa montagna di soldi che pioverà sull’Italia. Questo è qualcosa che in Germania viene molto discusso e non è visto negativamente. La differenza con la Germania è che Merkel e i suoi alleati più stretti dicono di essere di fronte una crisi paragonabile alla guerra, quindi non si possono usare gli stessi parametri della crisi finanziaria. Non fanno che ripetere che la crisi non sia colpa di nessuno. Se una delle logiche che guida Merkel è il fatto che l’Europa non possa uscire dalla crisi più spaccata e vulnerabile agli attacchi dei populisti, è anche vero che la Germania, che esporta il 50-60% verso la Ue e l’Eurozona, non può nemmeno permettersi che Paesi come Spagna e Italia escano distrutti dalla crisi, perché significherebbe anche danneggiare l’economia tedesca.
Questo testo è la trascrizione dell’audio della seconda puntata del nuovo ciclo dei podcast IAI dedicati alla Germania e alla presidenza di turno del Consiglio dell’Ue. Ascolta qui la #1 puntata.
Qui l’analisi di Tonia Mastrobuoni per Repubblica del discorso dell’8 luglio 2020 di Angela Merkel la Parlamento europeo.