Benessere dell’Italia significa “collaborazione”. Parla Filomena Maggino, consigliera del premier Conte
Presiedere la cabina di regia “Benessere Italia” per il governo significa pensare al bene del Paese. E vista la condizione eccezionale che ha dovuto vivere l’Italia, così come il mondo intero, con il diffondersi della pandemia di coronavirus, che si prevede avrà effetti serissimi sull’economia globale, la priorità è stata proprio questa: il benessere. L’agenda di Filomena Maggino, consigliera del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è fitta di impegni. Siamo riusciti a incontrarla a Palazzo Chigi per una conversazione su vari temi, come l’economia italiana, la sostenibilità e l’importanza della componente femminile nel lavoro, per promuovere la “collaborazione” anziché la “competitività”.
Professoressa Maggino, lei è attualmente consigliera del presidente del Consiglio Conte e componente della task force per la ‘fase 2’, in qualità di esperta in materia economica. Ed è proprio su questo tema che vorrei soffermarmi. La pandemia di coronavirus ha messo in evidenza le disuguaglianze, specialmente economiche, presenti in Italia. Dalla scuola al mondo del lavoro, in che modo e quanto efficacemente il governo italiano è riuscito a gestire e sta monitorando questa situazione?
“Sono consigliera del presidente Conte sui temi del benessere ecosostenibile, qualità della vita e statistica da due anni. Effettivamente, con l’inizio dell’emergenza sanitaria, mi ha inserito nel comitato presieduto da Vittorio Colao. Considerando che si trattava di un’emergenza, non programmata e non prevedibile, l’azione del governo è stata, soprattutto nell’emergenza diretta, tempestiva. Si è capito da subito che occorreva isolare le persone per evitare che l’epidemia si espandesse, ma soprattutto c’è stata la consapevolezza immediata che c’erano delle fragilità nel Paese, che dovevano essere prese in considerazione nelle decisioni per poter gestire l’emergenza”.
Nelle ultime settimane, in Italia, si è discusso della presenza femminile nelle task force. Nell’Ue, invece, i punti di riferimento durante l’emergenza sono state donne come Christine Lagarde o Ursula von der Leyen. Crede che la partecipazione delle donne, sia come figure pubbliche che nel processo decisionale, abbia influito sulle differenze tra l’approccio europeo e italiano, o perlomeno, sulla percezione di differenze tra i due approcci?
“Vorrei scardinare questo ragionamento che vincola alla presenza delle donne l’approccio diverso. Dovrebbe essere così. In realtà, come statistica, mi sono sempre posta il problema che l’identificare indicatori di presenza femminile nella società è vincolato dal numero di donne che occupano certe posizioni, e questo è un dato oggettivo che io vorrei togliere. Il vero dato del contributo delle donne alla società è la visione che la donna può portare all’interno della lettura della società e della soluzione dei problemi. Mi chiedo spesso se indicatori come l’indicatore “numero di donne nei consigli d’amministrazione”, in realtà misurino quanto le donne si sono adeguate al modello maschile, perché non c’è un contributo reale. Il vero contributo delle donne, dal mio punto di vista, dovrebbe essere quello di portare una visione diversa delle relazioni tra le persone, anche delle gerarchie, e del modo di lavorare. Se questo non viene percepito, vuol dire che non c’è supporto femminile, non della donna, nella società. Nel mio lavoro quotidiano ci sono uomini che accettano un modo di lavorare diverso, che hanno una componente del femminile, e contribuiscono alla crescita della componente femminile nella società. Siamo ancora pochi con questa visione del mondo. È un discorso lungo, però vedo che ci si rende sempre più conto che aver introdotto concetti, come la competitività, è tipico di un’energia molto maschile. La collaborazione o il gestire le cose in maniera orizzontale, non gerarchica, è tipicamente femminile, anche nel mondo animale”.
Durante l’emergenza coronavirus abbiamo assistito a continue incertezze e cambi di idee. Senza tornare troppo indietro nel tempo: i dubbi sul Meccanimso europeo di stabilità, la smentita sulla circolare Inps del bonus baby sitter da destinare anche ai nonni, il bonus vacanze che verrà adottato, secondo gli ultimi dati, da tre albergatori su dieci. Non pensa che una maggiore chiarezza sia un sintomo di benessere di uno Stato?
“Questa è un’emergenza e il non aver pensato al benessere nel passato ha contribuito nell’emergenza. Un’emergenza è una mancanza di benessere e, senza tale condizione, si affrontano le cose in termini emergenziali. Sicuramente, il fatto di dover prendere decisioni immediate può aver portato a successivi aggiustamenti. Io inserirei altri problemi: la fretta necessaria, non voluta, e la questione comunicativa. A volte le proposte sono venute più dall’esterno che dall’interno e, quando arrivava la decisione interna, sembrava una rettifica della decisione precedente, che però non era stata presa minimamente. Quindi, da una parte c’è una questione realmente di emergenza, quindi la necessità di affrontare la realtà con decisione immediate, che poi devono essere aggiustate. Dall’altra, c’è un problema comunicativo”.
In una recente intervista lei si è soffermata sulla condizione di lavoro dello smart working, con cui il Paese è riuscito a tamponare il lungo lockdown imposto dal Covid-19. Per il paese è stata una sfida? Ci saranno delle norme che disciplineranno le modalità di lavoro? Ricordando le inevitabili disparità di genere a danno del lavoro femminile.
“Lo smart working era una modalità di lavoro di cui si sentiva parlare, ma sembrava una cosa ontologica e non completamente realizzabile. Nel giro di pochi giorni, invece, ci siamo resi conto che è possibile. Naturalmente, esso è stato possibile nell’emergenza e con quelle condizioni che, se protratte nel tempo, non possono essere più accettabili. Lo smart working va normato. È un’opportunità positiva, che, se non viene normata, porta a delle deviazioni e anche a delle esagerazioni. Bisognerà capire, ad esempio, qual è la proprietà degli strumenti a disposizione; se io lavoro per qualcuno e compro degli strumenti che si rompono mentre sto lavorando, bisognerà capire di chi è la responsabilità e chi dovrà provvedere al risarcimento. È necessario regolamentare l’orario di lavoro, perché ci siamo resi conto che, con lo smart working, il lavoro è entrato in tutte le pieghe della vita; nel momento in cui sono in casa, diventa quasi una priorità rispetto al resto, e questo non è positivo. Ci sono tante cose che devono essere normate, io vedo consapevolezza e disponibilità del governo a riguardo. Molte persone sono contente di poter svolgere il lavoro da casa, ma sentono l’esigenza di poter capire meglio come deve essere gestito. Certamente, questo riguarda molto le donne, che già prima avevano un carico di “doppio lavoro” (casa, famiglia e lavoro) in termini professionali, cose che con lo smart working si sovrappongono, se non viene normato, e non è corretto”.
In ambito di ripresa come si sta muovendo il governo italiano? A quale ambito dell’economia è maggiormente diretta l’azione del governo italiano? C’è, invece, un settore che a suo parere avrebbe bisogno di maggiore attenzione?
“Il governo ha presentato un piano di rilancio, anche agli Stati Generali, dove gli stakeholder si sono incontrati e hanno avuto la possibilità di vedere il piano e di inviare proprie proposte di arricchimento del piano. Sono molti i settori presi in considerazione. Dal mio punto di vista, e questa è una considerazione molto personale, se non si ha una visione sistemica, ovvero se ci si concentra solo su qualcosa, si rischia di perdere la visione del tutto. Ci sono ovviamente dei settori che hanno subito maggiormente i danni di questo fermo, inevitabilmente citiamo il turismo. Rispetto al turismo, ho un’altra posizione molto personale che però ho visto essere condivisa anche da altri. Il turismo era arrivato a livelli non più sostenibili, in termini di pressione soprattutto su alcune città e alcune aree in Italia. Questa è una grande occasione per rivedere i flussi e le modalità di gestire e fruire dei beni culturali e naturalistici, quindi per innescare un meccanismo che consenta di avviare una vera e propria politica di turismo sostenibile”.
Un’ultima domanda che riguarda un tema a noi molto caro: la sostenibilità. Abbiamo visto in Francia come il secondo turno delle municipali ha portato alla guida delle maggiori città del Paese sindaci verdi. Per l’Italia ci sono opportunità per accelerare verso la sostenibilità in questa fase di rilancio? Se sì su cosa puntare?
“Bisogna rendersi conto che le modalità di gestione del turismo fino a questo momento non hanno reso gestibile la vita delle persone nelle aree turistiche. Questa ripresa rappresenta una grande opportunità, anche per il ripensamento delle infrastrutture, della mobilità, dell’alimentazione. La sostenibilità non è l’obiettivo. Il vero obiettivo è il benessere dei cittadini, equo e sostenibile. La sostenibilità è da intendere come aggettivo di benessere. Il non aver pensato al benessere dei cittadini ha portato l’Italia, ma anche altri Paesi, ad essere molto più fragili nei confronti di un evento come quello che abbiamo vissuto. In pianura Padana e nelle zone italiane che sappiamo essere le più inquinate d’Europa, l’amministrazione ha operato dei tagli alla sanità, che si è indebolita. Vivere dove la sanità territoriale non funziona e l’ambiente è molto inquinato, ha reso fragili le persone, in termini fisici, ma anche di relazione. Non si è pensato al benessere dei cittadini, quindi si è resa insostenibile tutta un’area e una cittadinanza. La vera opportunità è quella di rimettere al centro delle decisioni e delle politiche i cittadini e il loro benessere, che vuol dire inevitabilmente rimettere al centro anche l’ambiente, come conseguenza, perché se si vuole che i cittadini stiano bene, si deve pensare anche all’ambiente in cui vivono. Altrimenti, si fa lo sbaglio del passato, quando l’ambiente era stato messo al centro, ma sembrava contrapposto al progresso dei cittadini. Le cose vanno di pari passo. La terra esisteva prima di noi ed esisterà dopo di noi. Sta a noi fare in modo che le condizioni, che consentono una vita migliore all’essere umano, vengano preservate e protette”.