Via dalla Germania per andare in Polonia? La traiettoria delle truppe di Trump
Il 5 giugno il Wall Street Journal ha riportato la notizia che l’Amministrazione statunitense intende ritirare parte delle truppe americane stanziate in Germania; una decisione confermata qualche giorno più tardi dall’ex ambasciatore Usa a Berlino Ric Grenell in un’intervista con la Bild.
Si tratterebbe di una riduzione notevole di 9.500 unità, corrispondenti a circa il 25% del totale. Il numero di personale americano passerebbe così dagli attuali 34.674 a 25.000 già entro settembre. Attualmente, 20.774 unità del personale appartengono all’esercito, 12.980 all’aeronautica. I militari americani sono supportati da circa 19,000 unità di personale civile, numero che sicuramente verrebbe tagliato a sua volta come risultato di questa riduzione.
La decisione, pur non essendo definitiva, ha colto di sorpresa molti. Gli alleati europei non sono stati di fatto interpellati, secondo l’oramai noto modus operandi del presidente statunitense Donald Trump. Se l’intenzione verrà confermata, il primo punto da chiarire è quello relativo alla natura del ritiro. C’è infatti chi spera, come il premier polacco Mateusz Morawiecki, che le truppe potrebbero venire ricollocate in Polonia, coronando così un’aspirazione di vecchia data del governo di Varsavia.
Isolazionismo americano
Tanto nel caso di un presunto ritiro tout court, quanto di uno sperato ricollocamento, gli scenari che si prospettano rimangono piuttosto destabilizzanti per la sicurezza del Vecchio continente. Nella prima eventualità, Trump batte su un tasto dolente, quello del temuto disimpegno degli Stati Uniti dal teatro europeo, in un’ottica di spostamento di attenzione e risorse verso l’Asia. La tempistica annunciata risulta inoltre particolarmente stretta e non lascia tempo agli alleati di pianificare una strategia condivisa per prepararsi al ritiro, aumentandone l’effetto spiazzante.
Ci sono più ragioni che contribuiscono a spiegare la mossa dell’Amministrazione Trump. Prima su tutti, il bisogno di una vittoria facile in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Ritirare parte delle truppe dall’Europa permetterebbe al presidente americano di giocarsi una carta in più, quella dell’aver riportato migliaia di soldati a casa (“bring our boys back home”), rafforzando così nei fatti la retorica dell’America First e dell’isolazionismo americano.
I nodi con Berlino
La seconda ragione riguarda la difficile relazione con la Germania, ma tocca anche direttamente uno dei temi fondamentali in seno all’Alleanza atlantica, quello della deterrenza e dell’architettura stessa della sicurezza europea. La mossa di Trump può esser letta come un tentativo di esercitare pressioni sull’alleato tedesco, reo di non investire abbastanza in difesa (1.38% del Pil contro il 2% richiesto a tutti gli alleati) e, ultimamente, restio a confermare l’impegno preso nel quadro del nuclear sharing della Nato.
Il pericoloso dibattito apertosi a seguito delle dichiarazioni di Rolf Mützenich, capogruppo dei socialdemocratici dell’Spd al Bundestag – junior partner della coalizione di governo guidata dalla cancelliera Angela Merkel -, sull’eventualità di non sostituire i velivoli da combattimento Tornado con capacità nucleare (dual capable aircraft), potrebbe portare a conseguenze destabilizzanti per l’intera Alleanza, a partire da uno dei suoi tre pilastri fondamentali: la deterrenza. La presa di posizione di Mützenich ha odore di mossa pre-elettorale. A Berlino infatti il tema del nuclear sharing è controverso e delicato, con una maggioranza dell’opinione pubblica tradizionalmente contraria alla presenza di armi nucleari su suolo tedesco. Trump agiterebbe lo spauracchio del ritiro delle truppe per convincere Berlino a non cedere a quella parte del suo establishment che vorrebbe lasciar cadere gli impegni presi in seno all’Alleanza, in particolare sul deterrente nucleare.
L’offerta di Varsavia
In questo quadro, entra in gioco la Polonia, che vedrebbe con gran favore la prospettiva, palesata da alcuni, non solo di ospitare le truppe americane, ma persino di sostituire la Germania nei suoi compiti di nuclear sharing. Come per gli Stati Uniti e per la Germania, anche per la Polonia entrano contano fattori di politica interna, anzitutto un’importante partita elettorale per il governo a guida PiS, che beneficerebbe molto di un aumento della presenza di truppe americane in Polonia.
Pur rimanendo al momento un’eventualità remota e non confermata, non stupirebbe se Trump decidesse di premiare un alleato che ritiene virtuoso come la Polonia, e “punirne” uno considerato “free rider”. Questo rispecchierebbe la sua preferenza a negoziare con gli alleati bilateralmente, in questo caso secondo la massima divide et impera, passando sopra la ricerca del consenso in assetti multilaterali come la Nato.
Nessuno dei due scenari descritti – il ritiro o l’eventuale spostamento delle truppe in Polonia – beneficerebbe la sicurezza europea, ma sarebbe piuttosto fattore di ulteriore destabilizzazione di un equilibrio già delicato. Entrambe le opzioni rappresenterebbero un messaggio sbagliato da dare alla Russia di Vladimir Putin. Da un lato, il ritiro delle truppe potrebbe significare disimpegno e debolezza, specialmente in chiave di difesa collettiva della Nato; dall’altro lato, lo spostamento delle truppe in Polonia verrebbe considerato da Mosca una provocazione, che andrebbe a peggiorare le già tesa relazioni con il vicino ad est e ad aumentare la presenza militare russa sul fianco Est dell’Alleanza.
Sembra inoltre che nessuna delle tre partite elettorali all’orizzonte contribuisca a migliorare la stabilità europea.