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Marina Catucci: vi racconto la rivolta dei neri d’America

3 Giu 2020 - Marina Catucci - Marina Catucci

Non sapevamo i dettagli, ma quello che si temeva era proprio quello che stiamo vivendo in questi giorni: 100mila morti, 40 milioni di nuovi disoccupati, una rivolta che sta investendo tutti gli Stati Uniti, palazzi in fiamme, dolore. Non sapevamo come saremmo arrivati qua, ma era quello che si temeva, che si sapeva sarebbe accaduto. Questo tipo di quadro, questa fotografia era quella che tutti avevano di fronte agli occhi prima ancora che venisse sviluppata. È stata la notte dell’elezione di Trump. Quando cercavo di spiegare quasi quattro anni fa che l’elezione di Trump era un disastro globale, non soltanto americano, che non era semplicemente “ha vinto l’altro candidato”, ma una delle pietre miliari in negativo della storia degli Usa. Siccome gli Stati Uniti, per ragioni diverse, sono ancora comunque la forza più importante della parte occidentale, questa cosa avrebbe investito tutto il resto del mondo, almeno il fronte occidentale. Non era soltanto un problema dell’America, ma di tutti.

 

 

LA RIVOLTA, IL DOLORE, LA PANDEMIA
Questa di questi giorni non è una protesta, ma una rivolta. Le rivolte sono una cosa a sé stante. È un grido di dolore che parte dalla comunità afroamericana. È un grido di dolore che dura da 400 anni e che adesso è fisicamente arrivato fino alle porte della Casa Bianca. Non è come quando c’erano le manifestazioni “No Trump“, non è neanche Ferguson, non è neanche Black Lives Matter come lo abbiamo conosciuta finora. È un’altra cosa ed è stata esasperata dalla pandemia. La comunità afroamericana è quella più colpita dal Covid-19. Gli afroamericani muoiono con una disproporzione incredibile rispetto ai bianchi. Anthony Fauci, il virologo della task force della Casa Bianca, per primo aveva detto durante una conferenza stampa che la ragione per cui gli afroamericani muoiono di più è perché le condizioni socio-economiche degli afroamericani sono terribili e sono peggiori, e di questo ci dovremo occupare una volta passata l’emergenza. Gli afroamericani hanno più condizioni preesistenti: diabete, problemi respiratori e cardiaci, vivono in case più piccole, fanno lavori peggiori. Gli afroamericani sono quelli che consegnano il cibo a casa, sono gli infermieri, sono i first-liner (quelli che lavorano in prima linea), quindi si ammalano di più e muoiono più facilmente. Tuttora, è la classe sociale più vessata a ogni tipo di livello, nonostante un uomo nero sia stato alla Casa Bianca per otto anni in tempi recenti. Ma il segregazionismo è finito l’altro ieri: non stiamo parlando di 200 anni fa, ma di pochissimo tempo fa. Le persone che sono state attive durante il segregazionismo, che l’hanno subito, sono ancora vive. È nella memoria collettiva: ci vorranno generazioni prima che si possa diventare veramente color-blind (cioè che il tuo colore di pelle non sia assolutamente vincolante, che non è ciò che ti definisce).

IL PROBLEMA RAZZIALE NEGLI USA
Negli Stati Uniti il problema razziale c’è ed esiste. Gli afroamericani vengono uccisi dalla polizia: è un fatto. Non è che succede una volta ogni tanto, ma in continuazione. Sempre. Tutte queste disuguaglianze sociali che subiscono sono state esasperate da settimane di isolamento per via della pandemia – non dimentichiamoci che c’è una pandemia in corso in questo momento, c’è ancora e ci sarà per mesi – e l’ultima goccia è stata l’omicidio di Minneapolis. Questo è soltanto uno degli svariati omicidi di poliziotti bianchi su neri disarmati. Quella goccia si è andata a unire a un’insicurezza sociale trasversale, che colpisce anche i bianchi, specialmente i giovani, perché questi hanno più coscienza sociale delle generazioni precedenti: si sono formati praticamente durante la recessione del 2008 e adesso sono consapevoli del fatto che da questa recessione che ci sarà non si riprenderanno mai. Sono un po’ più neri i ragazzi bianchi di oggi rispetto a quelli delle generazioni precedenti.

TRASVERSALITÀ DI MOVIMENTO
Ci sono due cose interessanti in questo movimento – e ripeto che quello che stiamo vedendo adesso è una rivolta, non una manifestazione o una protesta, ma una cosa diversa. La “cosa diversa nella cosa diversa” è che i bianchi stanno lottando insieme ai neri. Questo avviene un po’ perché, come dicevo, i ragazzi bianchi di oggi sono un po’ più neri rispetto a quelli delle generazioni precedenti, un po’ perché il movimento Black Lives Matter (il movimento per i diritti civili degli afroamericani) si è aperto ai bianchi e li ha anche educati. Quando i bianchi chiedevano “cosa possiamo fare per voi” i neri dicevano “usate i vostri privilegi bianchi per aiutarci, fate quello che noi non possiamo fare” e quindi stiamo vedendo i bianchi fare cordone intorno agli afroamericani, in modo che la polizia debba prima caricare loro e dopo arrivare agli afroamericani. E la polizia carica molto più difficilmente un ragazzo bianco che un giovane ragazzo nero. Questo proprio nella storia del movimento per i diritti civili è completamente nuovo. Però è un fatto che si vede un po’ in tutti i movimenti americani degli ultimi anni: il movimento Lgbtq che si accoda quello per gli immigrati, gli immigrati che manifestano per i diritti dei neri. C’è una trasversalità di movimento, che è iniziata ad avvenire da Occupy Wall Street in poi. Nonostante Occupy Wall Street fosse un movimento esclusivamente bianco e di giovani, ha dato la coscienza di classe, trasversale rispetto a colore, genere, preferenze sessuali. Sanders questa cosa l’ha approfondita e adesso la stiamo vedendo per strada. Da movimento razziale sta diventando sociale, quindi una rivolta sociale.

CI VORREBBE UN KENNEDY O UN OBAMA
Dove andremo da qui in poi è difficilissimo dirlo. Quello che mi chiedo – a livello lavorativo e da persona che vive ormai in America da 20 anni, quindi mi tocca in prima persona non solo da giornalista – mentre seguo tutto quello che sta accadendo, non solo nei grandi centri urbani ma in piccoli centri americani, da qua come se ne esce? Non è che domani si smette. Come se ne esce? Non c’è una leadership da nessuna parte: non c’è dentro la Casa Bianca, non c’è neanche fuori. Joe Biden è completamente ammutolito, manda mail in piena notte predicando calma ma questo non basta. Ci vorrebbe un Kennedy che dopo l’assassinio di Martin Luther King parla di unità. Ci vorrebbe un Obama che dopo l’assassinio di Trayvon Martin dice “questa cosa è successa anche a me. Ho due figlie femmine ma se fossero maschi sarebbero stati come lui”. Ci vuole una cosa così, ma non c’è. Non so cosa aspettarmi. So cosa temo: quello che leggo su Twitter dai suprematisti bianchi, che invitano ad acquistare armi e munizioni; temo che quelle che sono le milizie indipendenti, come avevano fatto a Ferguson, vadano dai manifestanti a dire vi proteggiamo noi contro la polizia. A Ferguson declinarono l’offerta, ma temo che si arrivi a uno scontro non fra americani e polizia, ma fra americani e americani. Trump ha detto che considera gli AntiFa un gruppo terroristico: AntiFa non è un gruppo, non è un’organizzazione in America. Che cos’è AntiFa? Chiunque manifesti? Questo temo.

VERSO LE ELEZIONI DI NOVEMBRE
Secondo Michael Moore, le elezioni di novembre non ci saranno. Michael Moore parla di una legge marziale che cancelli le elezioni di novembre. Non lo so. Ho smesso di fare previsioni su quello che potrebbe accadere nell’America di Trump dal giorno della sua elezione in poi. Potrebbe incidere su quello che sta accadendo? Potrebbe incidere sull’elezione di novembre in altro modo, ovvero non facendo annullare le elezioni, ma nel risultato delle elezioni. In questo momento Biden, che è il candidato più debole che si possa immaginare, non sta facendo assolutamente nulla, non parla, non è mai in pubblico, è in un seminterrato ma i suoi numeri salgono. Dovrebbe solamente arrivare vivo a novembre e tanto basterebbe per farlo vincere. Quello che inciderà di più sarà l’enorme crisi economica che è già in atto e che non potrà che peggiorare. Novembre è lontano e da qui a novembre potrebbe accadere qualsiasi cosa. Fino a pochi giorni fa non si sapeva ci sarebbe stata una rivolta. Sembrava che una pandemia fosse più che sufficiente. Adesso vedremo tra tre settimane i risultati a livello di pandemia quali saranno: non è che i manifestanti abitano tutti fra di loro, tornano nelle loro case con altre persone che non sono state in piazza. Ci sono troppe variabili, tutto potrebbe avere un effetto sulle elezioni di novembre. Quale effetto? Non lo so.