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Eterogenesi dei fini di una riforma

Russia: il referendum che potrebbe incoronare Putin fino al 2036

30 Giu 2020 - Lo Spiegone - Lo Spiegone

Il 1° luglio, la Russia andrà alle urne per un referendum costituzionale che avrà un grande impatto sul futuro prossimo della Federazione. Già posticipato dal 22 aprile al 24 giugno a causa dell’emergenza Covid-19, per poi arrivare alla data definitiva del 1 luglio, il referendum tratta “gli emendamenti alla Costituzione della Federazione russa e il miglioramento del funzionamento di determinate questioni nell’organizzazione e nel funzionamento delle pubbliche istituzioni”.

Il referendum non prevede un’unica mozione da introdurre o abrogare, bensì include una lista di modifiche a 14 articoli della Costituzione.

I nodi salienti della consultazione
Nello specifico, il referendum propone di rimuovere la dicitura “di seguito” da una clausola dell’articolo che limita a due consecutivi il numero massimo di mandati che un presidente può svolgere. Al momento, questo articolo non impedisce un’eventuale ricandidatura in seguito a un mandato di “pausa” – ed è stato questo il caso di Vladimir Putin, al Cremlino dal 2000 al 2008 e poi di nuovo dal 2012 ad oggi, con un pausa in cui andò a fare il premier sotto la presidenza di Dmitrij Medvedev -. L’approvazione della riforma limiterebbe a due mandati in senso assoluto il periodo di presidenza di un singolo individuo.

Il referendum rimarca inoltre il primato della legge imposta dalla Costituzione russa sul diritto internazionale, e l’obbligo per le persone che “ricoprono cariche istituzionali di rilievo per la sicurezza nazionale” (presidente, ministri, giudici, governatori) di non avere cittadinanza o permesso di soggiorno stranieri. Il referendum sancisce inoltre un allargamento del potere legislativo rispetto all’esecutivo: prevede infatti che la Duma di Stato, ossia la Camera bassa del Parlamento russo, debba approvare la candidatura del primo ministro (che al momento deve solamente accettare la nomina presidenziale). La Duma avrà anche maggiore potere decisionale sulla nomina di ministri e viceministri. Inoltre, gli emendamenti proposti impongono a chi si candidi per la presidenza di aver vissuto in Russia per almeno 25 anni (in contrasto con il minimo di 10 attuale) e di non aver mai posseduto cittadinanza o residenza straniera.

Il Consiglio federale (la Camera alta del Parlamento) potrà proporre al presidente la rimozione dall’incarico  di giudici federali, e in alcuni casi avrà il potere di sollevare dall’incarico i giudici della Corte costituzionale e della Corte suprema. Il Consiglio di Stato, che al momento è un organo consultivo non previsto dalla Costituzione, verrà inserito nel testo costituzionale, maggiormente istituzionalizzato e acquisterà maggiore rilievo. Alla Corte costituzionale verrà garantito il ruolo di supervisore della costituzionalità delle leggi adottate dall’Assemblea federale, prima che esse vengano ratificate dal presidente. Sempre secondo le proposte di emendamento, le cariche di riferimento principali per le forze dell’ordine verranno nominate dal presidente previo consulto con il Consiglio federale. Il referendum prevede inoltre l’introduzione di un nuovo salario minimo e una più efficiente indicizzazione delle pensioni. La consultazione introduce inoltre in Costituzione la definizione di “matrimonio” come di “unione fra un uomo e una donna”. Qualora la votazione al referendum avesse esito positivo, questi emendamenti verrebbero introdotti e confermati.

La proposta Tereshkova
Oltre a questa serie di emendamenti, già presenti nel disegno di legge iniziale presentato nelle prime settimane del 2020, a fare scalpore è stata la proposta introdotta improvvisamente a marzo scorso da Valentina Tereshkova, prima donna nello spazio, deputata di Russia Unita e fedelissima di Vladimir Putin. Tereshkova ha infatti proposto di aggiungere alla lista di emendamenti di cui sopra il letterale “azzeramento” dei mandati ricoperti da Putin finora (quattro). Questa legge ad personam renderebbe l’attuale presidente in carica rieleggibile nel 2024, e gli assicurerebbe la possibilità concreta di rimanere in carica per altri due mandati da sei anni l’uno, ossia fino al 2036, quando l’ex agente del Kgb avrà 84 anni. Tra quattro anni sarà infatti in scadenza il secondo mandati ricopribile da Putin, e un grande interrogativo – già in occasione delle elezioni del 2018 – riguardava proprio la strategia del presidente per assicurare la continuità del potere (o la continuità al potere).

L’”azzeramento” proposto da Tereshkova, approvato dal Parlamento e inserito nel testo del referendum costituzionale è in parziale contraddizione con tutte le altre misure riguardanti il riassetto dell’equilibrio istituzionale, che però non sono state eliminate o modificate. Il piano iniziale era, infatti, quello di progettare un nuovo equilibrio dei poteri istituzionali, indebolendo l’esecutivo e rafforzando il potere legislativo e il ruolo del Consiglio di Stato. Ciò avrebbe garantito a Putin un sostanziale controllo politico anche al di fuori della carica presidenziale, emulando la strategia dell’ex presidente del Kazakhstan Nursultan Nazarbayev, ora a capo del Consiglio di sicurezza del Paese. Il nuovo testo di referendum, tuttavia, vanifica questo iniziale progetto per assicurare una potenziale continuità assoluta ed esplicita del potere di Putin, pur mantenendo intatti gli emendamenti proposti dal primo disegno di legge. Putin stesso ha recentemente dichiarato la “possibilità concreta” di una sua ricandidatura alle prossime presidenziali del 2024, confermando la logica dietro questi recenti sviluppi.

Timore di brogli
In ottemperanza alle misure di distanziamento fisico dovute all’emergenza Covid-19, la Commissione elettorale centrale russa ha introdotto nuovi provvedimenti speciali. Tra di essi c’è il cosiddetto “voto esteso” – è possibile votare anticipatamente già dal 25 giugno – e anche la possibilità di esprimere la propria preferenza da casa, grazie all’aiuto di assistenti incaricati, previa richiesta alle commissioni elettorali locali. Nelle regioni di Mosca e Nizhniy Novgorod, inoltre, si può votare elettronicamente tramite un nuovo portale apposito. Questi provvedimenti, tuttavia, hanno alimentato le già consistenti proteste da parte di numerose associazioni e osservatori elettorali, i quali sostengono che potranno favorire eventuali brogli.

Al fine di essere considerato valido, il referendum dovrà ottenere un quorum del 50%. Si tratta, in ogni caso, di un sostanziale voto di fiducia al regime di Putin e allo status quo russo, al quale potrà essere potenzialmente assicurata una totale stabilità per altri dodici anni.

A cura di Maria Chiara Franceschelli, autrice della redazione Russia e Asia Centrale de Lo Spiegone

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