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Politica di potenza nel Mediterraneo

La Russia in Libia: una nuova sfida per l’Italia

25 Giu 2020 - Lorenzo Riggi - Lorenzo Riggi

La recente denuncia da parte dell’Africa Command (Africom) delle forze armate americane della presenza in Libia di 14 velivoli da combattimento russi, in supporto delle forze del generale Khalifa Haftar, segna un ulteriore scatto della competizione tra le grandi potenze nell’ambito di un conflitto che si combatte alle porte di casa nostra.

L’incremento delle forze russe in Libia è da considerarsi come il contraltare al significativo e crescente dispiegamento di uomini e mezzi turchi tra le file delle milizie di Fayez al-Sarraj. La presenza sul terreno di queste ultime, infatti, permette a Mosca di rafforzare la propria influenza nel Paese, accreditandosi con sempre maggiore forza quale attore indispensabile per tirarlo fuori dalla spirale di violenza che lo avvolge.

Se Turchia e Russia riempiono il vuoto di Usa e Italia
È a partire anche da queste considerazioni che si muove il volume curato da Antonello Folco Biagini, Tripoli, Italia: la politica di potenza nel Mediterraneo e la crisi dell’ordine internazionale (Edizioni Castelvecchi, in libreria dal prossimo 2 luglio). Il lavoro analizza la presenza russa e turca sul nostro fianco sud e la spiega come risultato di una duplice dinamica che ha coinvolto le due potenze che, sulla carta, dovrebbero aver in mano le chiavi per la soluzione della crisi libica: l’Italia e gli Stati Uniti.

Da un lato, i vincoli strutturali che gravano sull’Italia, una media potenza politico-militare che attraversa una grave e perdurante stagnazione economica, hanno portato la politica estera di Roma a risultare spesso velleitaria e, talvolta, contraddittoria – è di ieri la visita del ministro degli Esteri Luigi Di Maio nella capitale Tripoli, ndr –. Il tentativo di sostenere interessi spesso inconciliabili, come il ripristino della sicurezza nel Paese e la rinuncia ad armare le forze del governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, ha favorito l’inserimento di nuovi attori quali la Turchia. Dall’altro, la politica di disimpegno americana in Medio Oriente Nord Africa, avviata dall’amministrazione Obama e confermata dall’amministrazione Trump, ha alimentato le aspirazioni russe a occupare gli spazi vuoti che gli Stati Uniti hanno lasciato nell’area e ad assumere una postura sempre più minacciosa per la stabilità dell’ordine internazionale.

La strategia italiana
Come efficacemente ricostruito nel volume, l’Italia ha tentato a più riprese di porsi come mediatore e fautore di un’azione internazionale che riuscisse a gestire la conflittualità libica, provando così a perseguire i propri interessi nei grandi consessi multilaterali.

L’azione diplomatica di Roma ha quindi perseguito due obiettivi. Da un lato, l’Italia ha provato ripetutamente a “europeizzare la crisi“, sostenendo la necessità di un approccio unitario dell’Ue alla questione libica. Dall’altro, Palazzo Chigi ha provato a costruire più forti legami con i Paesi che avrebbero potuto più direttamente influenzare la parti sul terreno. Tale iniziativa si è tradotta nel consolidamento dei rapporti con l’Egitto, malgrado l’esplosione del caso Regeni, e, più recentemente, della ripresa del dialogo con la Russia attraverso il formato 2+2, che ha visto coinvolti i ministeri degli Esteri e della Difesa delle due potenze proprio sulla questione libica, provando allo stesso tempo a richiamare gli Stati Uniti alle loro responsabilità verso gli alleati.

La Russia in Libia e il ritorno della politica di potenza
La nuova segnalazione della presenza di forze russe in Libia è giunta dopo molti mesi di crescente preoccupazione per l’attivismo russo nel Mediterraneo Centrale, dove, fin dal novembre 2019, era certificata la presenza di circa 1200 mercenari russi del gruppo Wagner, una delle potenti Pmc vicina al Cremlino.

Quanto riportato dall’Africom mostrerebbe, però, un sostanziale incremento della capacità della Russia di condizionare il conflitto, guadagnando ulteriori margini di manovra, politici e militari, grazie proprio al coinvolgimento diretto sul terreno. Secondo Jeff Harrigan, generale della Us Air Force e comandante delle forze aeree americane in Europa e Nord Africa, un futuro dispiegamento di missili terra-aria, intercettori e postazioni di rilevamento sul terreno, sul modello di quanto già avvenuto in Siria, sembra oggi un’eventualità tutt’altro che remota, che aprirebbe al consolidamento della presenza russa in Nordafrica. Malgrado Mosca abbia prontamente smentito la presenza di proprie unità in Libia, il comando statunitense ha reso noto di aver contattato il governo di Tunisi per incrementare la propria presenza in Nord Africa, dispiegando in Tunisia una Security Force Assistant Brigate, ovvero personale e consiglieri militari con il compito di addestrare le forze tunisine e rimarcare la presenza statunitense nell’area.

In tal prospettiva, il volume Tripoli, Italia presenta l’internazionalizzazione della guerra civile in Libia sia come uno dei frutti avvelenati della crisi dell’ordine internazionale e del conseguente dilemma americano tra deep engagement e retrenchment, che come uno stimolo per riflettere sulle modalità di rilancio della proiezione internazionale dell’Italia in un Paese chiave per gli interessi nazionali.