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La ripresa e le disuguaglianze di genere

13 Giu 2020 - Fabiola Riccardini - Fabiola Riccardini

Senza l’empowerment delle donne non si procedea da nessuna parte, o meglio si perdono energie importanti per tutti, soprattutto in un momento di difficile ripresa. La natura femminile ci impone anche una maggiore coscienza verso le generazioni future, per evitare di lasciare un mondo dove intorno alle risorse naturali si scatenino guerre e squilibri ambientali.

Il contributo delle donne ancora mostra limiti più o meno formali per un completo sfruttamento delle potenzialità femminili, non solo nel campo della ricerca, ma anche a livello imprenditoriale e di supporto a qualsiasi iniziativa possa far “transitare” ogni settore verso una sostenibilità vera ed efficace.

Il concetto di sostenibilità non può essere scisso da quello di equità: i due aspetti si compenetrano e si influenzano mutualmente. Le disuguaglianze non fanno altro che rendere più insostenibili alcune realtà e creano insostenibilità sociale. I cambiamenti climatici creano nuove disuguaglianze e le disuguaglianze amplificano gli effetti dei cambiamenti climatici.

Disuguaglianze di genere
In tema di disuguaglianze di genere di seguito analizzo i dati rilevati dall’Istat, anche se la fotografia riportata è relativa a periodi antecedenti all’attuale e quindi devono essere intesi per difetto. Dai dati si nota che, se da un lato si riduce il gap di genere per la partecipazione al lavoro, l’occupazione femminile rimane bassa nel lungo periodo.

Recentemente, le donne avevano recuperato i livelli di occupazione precedenti alla crisi del 2008. Permangono ancora le differenze di genere nella transizione al lavoro di laureati e dottorati, le donne in posizione apicali sono ancora poche rispetto agli uomini e la qualità del lavoro delle donne è in peggioramento. I divari retributivi e di reddito si riducono, ma la conciliazione dei tempi di vita è ancora una forte criticità. In questo sono essenziali i servizi socio-educativi per la prima infanzia che si dimostrano ancora scarsi e mal distribuiti sul territorio a discapito delle regioni del Sud.

Violenza, stereotipi e pregiudizi
Dalle info grafiche dell’Istat emerge che le forme di violenza riguardano il 31,5% delle donne. La violenza subita si differenzia in: violenza fisica per il 20,2 % delle donne, violenza sessuale per il 21%, stupro/tentato stupro per il 5,4%, violenza psicologica/economica da ex partner per il 23,3%, stalking per il 16,1%. Nel 2018 sono stati 133 gli omicidi volontari di donne.

Inoltre, tra i più comuni stereotipi di genere in Italia risulta che per il 32,5% delle persone, per gli uomini più che per le donne è molto importante avere successo nel lavoro, per il 31,5% delle persone gli uomini sono meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche, per il 27,9% degli italiani è soprattutto l’uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia. Per il 16,1% degli italiani relativamente alle persone in scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli uomini rispetto alle donne.

Per quanto riguarda i pregiudizi sulla violenza sessuale risulta che il 39,3% delle donne che non vogliono un rapporto sessuale, riescono ad evitarlo, il 23,9% le donne possono provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire, il 15,1% pensa che se una donna subisce violenza sessuale quando è ubriaca e sotto l’effetto di droghe è almeno in parte responsabile, il 10,3% ritiene che spesso le accuse di violenza sessuale sono false.

Emergenza e cambiamento
Le disuguaglianze di genere attualmente sono esacerbate dalla situazione di emergenza, che ha visto le donne pagare un prezzo maggiore, sia in termini di lavoro, sia in termini di violenze subite con la convivenza forzata. Solo la divisione dei lavori domestici in questo periodo ha visto un riequilibrio di carichi tra generi.

In conclusione, l’Italia per il suo ruolo anche internazionale non può avere una ripresa lasciando inalterata la situazione, proprio perché il problema era precedente. Il futuro sarà sostenibile ed equo nella misura in cui sapremo cogliere dalla crisi attuale l’opportunità di cambiamento, sia come intera collettività, sia come individui, fondando l’idea di un Paese europeo che, sulla Carta costituzionale nazionale ancora ha una lungimiranza, completezza e solidarietà.

In particolare, le politiche principali collegate alle disuguaglianze di genere devono mirare: alla reale applicazione della parità di genere, rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono il raggiungimento; alla redistribuzione del reddito e della ricchezza e politiche di supporto al reddito di circostanza soprattutto delle donne; al welfare diffuso, ottica del benessere, qualità della vita per le politiche sociali, ma anche in campo economico e ambientale volte a ridurre le disuguaglianze e creare le condizioni per un benessere sostenibile ed equo nel tempo e nello spazio con il contributo pieno delle donne, pena la perdita di energie fondamentali per tutto il genere umano.