La Germania e la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue: parla Angelo Bolaffi
Comincerei dai simboli: per la prima volta la Germania presiede un semestre europeo avendo a capo della Commissione un esponente politico tedesco: Ursula von der Leyen. Dobbiamo ricordare che il primo e ultimo presidente della Commissione tedesco fu Walter Hallstein nel 1958, quando la stessa Commissione fu fondata. Abbiamo adesso una presenza della Germania in toto per quanto riguarda l’Europa. Ricorderei anche che queste è la seconda volta che la cancelliera Angela Merkel presiede un semestre – l’ultima volta fu alla vigilia della grande crisi economica e oggi viene dopo la grande crisi del Covid-19. Ci sono dunque delle simbologie fortissime. È evidente che allora si trattò di salvare l’Euro e oggi si tratta di salvare il progetto europeista in un mondo che non è più quello nel quale l’idea dell’Unione europea nacque, soprattutto perché c’è la grande difficoltà del rapporto transatlantico e l’Europa oggi vive in solitudine, addirittura in tensione, con quello che era stato il grande protettore del progetto europeista: gli Stati Uniti d’America. Tutto ciò mentre, come ha detto la von der Leyen, l’Europa deve imparare l’arte del potere e la scienza della geopolitica. Capiamo così subito quali sono i dossier aperti: economia dopo il Covid, Brexit e quindi la chiusura o meno della trattativa con il Regno Unito, il problema dei rapporti con la Cina mentre c’è la tensione tra Cina e Stati Uniti. È quindi un’Europa che sotto la guida della Germania – ricordo anche che dopo due semestri toccherà alla Francia – deve riprendere un cammino che la proietti definitivamente nel ventunesimo secolo.
ITALIA E GERMANIA NELLA CRISI
L’Italia è stato il problema fondamentale nella precedente crisi economico-finanziaria, perché il dramma della Grecia è stato un dramma relativo, è stato un dramma simbolico visto che dal punto di vista del peso economico il maggior problema era l’Italia. Di nuovo il nostro Paese è quello che ha subito uno shock maggiore in termini di vite umane, lockdown e crisi economica dalla pandemia. Proprio la crisi italiana ha spinto la Germania e la Merkel a capire che l’interesse della Germania stessa è che l’Italia non precipiti nella crisi economica. Mi pare evidente che è fondamentale che l’Italia aiuti la Germania a farsi aiutare, nel senso che non può soltanto attendere, sperare o addirittura speculare sull’idea che altri aprano i cordoni della borsa, deve anche dare un’immagine politicamente credibile e finanziariamente solida del proprio futuro, di un’Italia che fa le riforme.
UNA GUIDA PER L’EUROPA
Adesso la Germania è indubbiamente spinta sul proscenio europeo, mentre in precedenza ha sempre esitato a voler giocare un ruolo direttamente di guida d’Europa; i dirigenti tedeschi vedono con terrore il termine “egemonia” e cercano sempre di nascondere la loro forza un po’ perché hanno paura del proprio passato e un po’ perché pensano che ogni posizione egemonica crei ostilità. Credo che in questo momento ci sia bisogno di una guida – che poi sarà come sempre quella della Germania insieme alla Francia – una guida che spinga tutto il continente a superare le sue difficoltà che non sono più tra nord e sud Europa, Paesi benestanti e Paesi più economicamente deboli, ma anche all’est con i Paesi di Visegrád, in cui domina una visione molto illiberale della democrazia che a volte confligge con i valori fondanti dell’Ue. La Germania è al centro sia sull’asse nord-sud che su quello est-ovest, sull’asse della crisi economica quanto su quello della difesa europea. Bisogna dire che la Germania non può più nascondersi e deve risolutamente prendere la guida del processo di unificazione dell’Europa.
MERKEL UNICA VINCITRICE
Non ho mai creduto a quanti sostenessero che la Merkel fosse “un’anatra zoppa“. La Merkel ha avuto un momento di grande difficoltà dopo il gesto molto lungimirante e generoso dell’apertura ai migranti, ha avuto una crisi di consenso politico e forti tensioni all’interno del suo partito (Cdu) e con il confratello bavarese (Csu). In questa crisi del Covid-19 ha lavorato con una lucidità e una tranquillità da grande leader politico. La cosa strana e che conviene ricordare è che la Merkel, come tutti prevedono, finirà la propria carriera politica il prossimo anno con una vittoria, sarebbe l’unico leader che si ricordi che esce di scena vittorioso. In Germania questo non è mai capitato, neppure con Adenauer. Quindi, è una dirigenza che fa storia già prima di essere finita. Vorrei ricordare che per anni le modalità di esercizio politico della Merkel sono state oggetto di analisi e spesso di critiche, il grande sociologo tedesco Ulrich Bech, purtroppo scomparso prematuramente, inventò il termine “merkelismo” e in effetti forse possiamo dire che la gestione della Merkel indica una modalità nuova, forse sorprendente di quello che può essere un leader carismatico nell’età post-moderna.
TRA BERLINO E BRUXELLES
Ursula von der Leyen è il distillato puro della tradizione liberal-democratica della Germania di Bonn. È figlia d’arte (il padre è stato dirigente della sede Ue della Bassa Sassonia e Presidente della Regione). Lei è nata a Bruxelles e parla praticamente tutte le lingue europee, è lontanissima dalla tradizione “prussiano-protestante” della Germania, è un’europeista convinta e una donna che conosce bene il potere. Se non fosse stata eletta alla presidenza della Commissione europea poteva essere la candidata alla successione della Merkel e non è escluso che la Merkel abbia pensato proprio di piazzare il suo clone a Bruxelles per dare una garanzie di continuità all’azione della Germania e dell’Europa quando lei uscirà di scena.
Questo testo è la trascrizione dell’audio che ha inaugurato il nuovo ciclo dei podcast IAI dedicati alla Germania e alla presidenza di turno del Consiglio dell’Ue.