“Finanzia i ricchi con i soldi dei poveri”: il Recovery Fund visto da Visegrád
Le leadership dei quattro Paesi del Gruppo di Visegrád (V4: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) puntano a una convergenza sul Recovery Fund integrato nel nuovo bilancio pluriennale dell’Unione europea proposto dalla Commissione per far fronte i problemi economici innescati dalla crisi del Covid-19.
Giovedì 11 giugno i leader dei quattro Paesi del blocco si incontreranno nel castello di Lednice, in Repubblica Ceca, dov’è prevista un’ampia discussione sull’argomento nel tentativo di dar luogo a una posizione comune in vista del Consiglio europeo che si terrà in video-conferenza il 19 giugno. I quattro Paesi provano a coordinare le loro posizioni come fatto già nelle scorse settimane dai quattro cosiddetti “frugali” (Austria, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca), scettici rispetto alla proposta di Bruxelles.
Scetticismo ceco e slovacco
La Repubblica Ceca appare critica nei confronti del meccanismo di distribuzione dei fondi concepito per far ripartire le economie dei Paesi membri colpiti dalla pandemia. Il primo ministro di Praga, Andrej Babiš, trova inconcepibile che il metro per la distribuzione dei fondi sia il tasso di disoccupazione, facendo notare che il dato relativo al periodo compreso fra il 2015 e il 2019 non è certo legato alla crisi innescata dal coronavirus. A suo avviso, occorre aspettare di conoscere il valore del Pil di ciascuno Stato, cosa che avverrà alla fine del 2020, per fare i conti.
Il punto di vista del premier ceco sulla proposta di distribuzione dei fondi legati alla pandemia è che la medesima sarebbe stata concepita per agevolare i Paesi meno rispettosi delle norme fiscali e di bilancio.
Il primo ministro slovacco Igor Matovič, in visita ufficiale a Praga questa settimana, dove ha discusso dell’argomento insieme al suo omologo ceco dopo una prima consultazione a quattro sul tema, avvenuta due giorni prima, si ritiene abbastanza soddisfatto della somma destinata a Bratislava: si parla di circa 8 miliardi di euro (circa l’8% del Pil) entro il 2024. Fatta questa precisazione, pensa, comunque, che i criteri proposti per la distribuzione dei fondi siano meno favorevoli per Praga e Budapest.
Trattamento iniquo secondo Orbán
E dall’Ungheria giungono altre critiche al Recovery Fund che, secondo il primo ministro Viktor Orbán, “finanzia i ricchi con i soldi dei poveri“. Il premier danubiano considera il meccanismo che sta alla base dell’intervento “assurdo e perverso”. Ingiusto e ancora una volta concepito per agevolare i paesi dell’Europa occidentale a svantaggio di quelli della regione centro-orientale. In questo modo, Budapest si schiera al fianco dei Paesi membri cosiddetti “frugali” per esprimere contrarietà nei confronti del Recovery Fund, aggiungendo motivazioni specifiche riguardanti la ormai nota critica al funzionamento dell’Unione europea.
Per Orbán, il meccanismo situato alla base dell’intervento pensato dalla Commissione europea porta una maggiore quantità di fondi ai Paesi più ricchi dell’Ue e occorre sottoporlo a revisione. Per il primo ministro ungherese, il criterio stabilito equivarrebbe a chiedere al cittadino ungherese di assumersi la responsabilità di rimborsare i debiti greci, francesi e italiani e se l’operazione non riesce, a rimetterci sarà lui.
La proposta della Commissione europea prevede aiuti a fondo perduto per 500 miliardi di euro e 250 di prestiti. All’Italia spetterebbe una somma di circa 170 miliardi, di cui 80 in trasferimenti e 90 in prestiti. A seguire la Spagna, che dovrebbe ottenere poco più di 140 miliardi, la Polonia riceverebbe in tutto 63 miliardi; l’Ungheria avrebbe invece diritto a 15 miliardi di euro di cui 8,1 a fondo perduto e 6,9 in prestiti.
Un trattamento iniquo, secondo Budapest, che sottolinea la necessità di ripensare il meccanismo di distribuzione dei fondi per renderlo più giusto.