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Voto per posta: ecco come gli Usa potrebbero scegliere il prossimo presidente

16 Mag 2020 - Gianluca Lo Nostro - Gianluca Lo Nostro

Il 3 novembre 2020 gli elettori statunitensi saranno chiamati a eleggere un nuovo presidente e a rinnovare i membri delle due Camere del Congresso. Negli Stati Uniti le elezioni presidenziali si tengono ogni quattro anni sempre il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre, come stabilito dal Presidential Election Day Act del 1845. La pandemia di Covid-19 ha sollevato una questione ineluttabile: in che modo potranno votare gli americani? La soluzione immediata a questo problema sarebbe potuta essere un rinvio della data delle elezioni. Tuttavia, l’estrema semplicità di quest’idea è inconciliabile con la complessità costituzionale degli Stati Uniti. Del resto, non è finora mai accaduto.

Nonostante la sezione IV dell’articolo I della costituzione americana deroghi ai singoli Stati la facoltà di convocare le elezioni per i membri del Congresso “nei tempi, i luoghi e le modalità” a loro più congeniali, il Congresso può intervenire in qualsiasi momento con una legge per posticipare la data dell’Election Day, modificando il Presidential Election Day Act. Il Congresso ha inoltre l’obbligo di entrare in carica il 3 gennaio, mentre il neoeletto presidente, secondo il XX emendamento della Costituzione americana, assume ufficialmente i poteri il 20 gennaio. Rimandare queste scadenze richiederebbe quindi un enorme sforzo legislativo e non è detto che la pandemia si esaurisca tra novembre e gennaio.

Vento del cambiamento
Superata quindi la querelle sullo spostamento delle elezioni, che ha visto i due candidati alla presidenza Joe Biden e Donald Trump scontrarsi apertamente, è emersa un’alternativa parimenti valida: il voto postale. Negli ultimi tempi negli Usa sono state promosse diverse battaglie per cambiare il sistema elettorale, come quella per il ranked choice voting, l’eliminazione del collegio elettorale o il voto postale. Di queste tre proposte, l’ultima è probabilmente quella che ha riscontrato maggior successo. Nel 1998 i cittadini dell’Oregon hanno approvato con il 69% dei voti favorevoli la Measure 60, una misura con cui lo Stato è diventato il primo all-mail voting State degli Stati Uniti.

Quel referendum ha fatto scuola negli anni successivi. Stati come Washington (2011), Utah (2013), Colorado (2013), Hawaii (2019) e California (dal 2022) hanno di recente introdotto il voto esclusivamente per posta. Beninteso: il voto di persona non è stato abolito. Alcuni seggi vengono tuttora allestiti per permettere di votare direttamente il giorno delle elezioni o di consegnare la scheda al seggio nei cosiddetti ballot dropbox. Lo scopo è quello di garantire il diritto di voto a tutti.

Come funziona il voto postale negli Stati Uniti
In America esiste la distinzione tra all-mail voting, ovvero una votazione condotta principalmente per posta, e absentee o early voting, cioè la possibilità di ottenere in anticipo la scheda elettorale. Negli anni, il voto anticipato è aumentato esponenzialmente, passando dal 20% del 2004 al 40% del 2014.

Attualmente 38 Stati più il District of Columbia prevedono la possibilità di votare per posta. In cinque di questi (Oregon, Colorado, Hawaii, Washington, Utah) ciascun elettore riceve automaticamente la scheda da compilare per posta o via email. Negli altri Stati la situazione è più complessa. Alcuni richiedono una motivazione per il voto anticipato, come ad esempio lo stato di malattia o la domiciliazione in uno Stato diverso da quello in cui si è residenti, ma la maggior parte di essi (29) ammettono il no-excuse absentee voting.

Necessità o stratagemma dem?
L’inarrestabile diffusione del coronavirus negli Stati Uniti ha convinto due senatori democratici, Ron Wyden e Amy Klobuchar – già candidata alle primarie presidenziali, poi ritiratasi per sostenere Biden alla vigilia del Super Tuesday – a presentare un disegno di legge per espandere il voto anticipato in vista di novembre, un provvedimento che avrebbe assicurato agli Stati uno stanziamento di mezzo miliardo di dollari da parte del governo federale. I due hanno invocato una collaborazione tra partiti, ma un sistema così decentralizzato e la ferma opposizione dei repubblicani renderanno quasi impossibile un’armonizzazione e unificazione delle normative statali.

È pur vero che il postal voting, al netto di un notevole miglioramento della rappresentatività, presenta un difetto significativo. I nativi nelle riserve, infatti, non sono facilmente rintracciabili. Il Native American Rights Fund sostiene che i nativi americani hanno un accesso limitato al servizio postale e talvolta non possono usufruire di una connessione Internet. Un ostacolo degno di nota.

Secondo Trump, l’uso su scala nazionale del voto anticipato favorirebbe i democratici. La critica del presidente è riecheggiata negli ambienti repubblicani, diventando la posizione ufficiale del suo partito: no al voto postale a novembre. Nonostante la mobilitazione dei dem in Wisconsin lo scorso aprile abbia pesantemente penalizzato i repubblicani nel voto per un seggio nella Corte Suprema dello Stato (ma qui le primarie si erano tenute andando regolarmente alle urne), non esiste nessun’evidenza empirica a suffragio dell’ipotesi del presidente. Si tratta, semmai, di un tema attuale per cui Trump non vuole concedere la vittoria politica ai suoi avversari.

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