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Kaczyński si arrende, in Polonia saltano le presidenziali per posta

6 Mag 2020 - Alberto Simoni - Alberto Simoni

La Polonia doveva andare alle urne domenica 10 maggio per le presidenziali. Invece all’ultimo minuto e prima di incassare una sconfitta – probabilissima – al Sejm, il leader del PiS, il partito Diritto e Giustizia che governa il Paese dal 2015, Jaroslaw Kaczyński ha gettato la spugna: niente elezioni domenica.

Jaroslaw Kaczyński, ex premier, ideologo e artefice della politica polacca attuale, aveva provato a forzare la Costituzione, chiedendo di modificare la legge elettorale per ammettere il voto per posta. Ha attribuito i poteri elettorali alle Poste, compagnia privata a controllo statale guidata da un suo fedelissimo, estromettendo la Commissione elettorale, organo indipendente. La legge di revisione è stata approvata alla Camera, bocciata (martedì 5 maggio) dal Senato, ma prima del voto di giovedì, è arrivata la retromarcia concordata fra Kaczyński e l’alleato di governo Jaroslaw Gowin.

Elezioni rinviate
Il partito di quest’ultimo, Prozumiene (18 deputati) era a rischio spaccatura. Forzare il voto al Sejm avrebbe comportato il rischio di una crisi di governo. Con elezioni generali dietro l’angolo: l’ultima cosa che in questo momento di pandemia legata al Covid-19 Kaczyński può permettersi.

La Polonia ha appena 700 morti (anche se sulle cifre ufficiali vi sono molti dubbi), gli ospedali hanno tenuto bene e i contagi sono circa 29mila.

Kaczyński vuole confermare il presidente Andrzej Duda per altri cinque anni. Sul tavolo saltata la data di domenica restano ancora possibili quelle del 17 e del 23 maggio. La Costituzione prevede che il rinnovo del presidente si voti fra i 75 e i 100 giorni prima della scadenza del mandato, 7 agosto. Né Kaczyński né Gowin hanno parlato di date. Gli scenari a questo punto sono diversi: un voto a settembre o il rinvio di un anno. Con diversi rischi per la compagine nazionalista del PiS.

Oggi Duda sarebbe stato ri-eletto al primo turno, i sondaggi lo danno al 58% anche se solo un polacco su tre sarebbe andato alle urne. Duda è stato l’unico ad avere fatto campagna elettorale e ad aver potuto godere della copertura mediatica delle tv e dei mezzi di informazione pressoché controllati dal PiS. Fra qualche mese lo scenario potrebbe cambiare drasticamente. Ecco perché fino all’ultimo Kaczysnki non ha ceduto. Poi le pressioni di esponenti di spicco del governo, il rischio scissione del Gowin, qualche mal di pancia interno al suo stesso partito e il rischio di avere un presidente rieletto ma quasi delegittimato hanno prevalso.

Perché Kaczyński spingeva per le elezioni subito?
Il presidente è una figura solo in apparenza marginale nelle dinamiche politiche polacche. In realtà oltre ai poteri in politica estera (partecipa ai summit Nato), ha poteri decisivi sulla nomina dei giudici.

Toccherà a lui scegliere il prossimo capo della Corte Suprema. E il tema “giustizia” è quanto mai cruciale nei rapporti con la Ue che proprio sulla questione dell’indipendenza della magistratura ha avviato quattro procedure d’infrazione (l’ultima alla fine di aprile).

La base del PiS
La base elettorale del PiS poggia su contadini, la chiesa cattolica, le classi sociali medio-basse e la classe media che negli ultimi anni ha beneficiato delle politiche fiscali ed economiche. Il PiS ha costruito una rete di supporto – ha scritto Marcin Zaborowski su Visegrad Insight – su un sapiente mix fra conservatorismo sociale e socialismo economico. PiS negli ultimi anni ha varato programmi di welfare e garantito pagamenti diretti a larghi settori della società, dal “salario” ai minori di 18 anni (elemento del piano Family 500), alla tredicesima per tutti i pensionati, sino all’aumento della paga minima e alla detassazione completa per gli under 26.

Misure costose, ma favorite dalla doppia dinamica di un’economia in crescita (Pil a +4,9% nel 2019, e reddito delle famiglie a più 4,3%) rafforzata dall’aumento dei consumi e nutrita dai fondi di coesione europei. La disoccupazione al 7% e una qualità della vita alta nelle città sono il segnale dell’ottimo stato di salute dell’economia reale polacca. L’effetto Covid-19 sta già mordendo l’economia del Paese, la crescita nel 2020 sarà dello 0,4% secondo la Banca Mondiale. Il rischio di sforbiciare i generosi aiuti al welfare che generano consensi (e voti) è alto. Votare subito e garantirsi un presidente alleato per un altro lustro avrebbe evitato diversi grattacapi.

Modelli di governo in Polonia
Kaczyński considera il modello liberale (e liberista) occidentale troppo azzardato per la Polonia. E’ un sostenitore dell’ampliamento del potere esecutivo e – come ha confessato un suo ex collaboratore – quello che lui vuole “è traghettare il Paese verso un autoritarismo morbido” e ritagliarsi il ruolo di “salvatore della patria”.

Per questo è fondamentale anche “l’alleanza con la Chiesa cattolica che – dice un funzionario del governo dietro anonimato – ha preso una deriva lefebvriana. I vescovi di Wojtyla non ci sono più e anche Francesco sembra aver dimenticato la Polonia. Qui la Chiesa fa come vuole e la religione è diventata un pilastro del potere. Quel che chiedono i vescovi diventa legge”.

D’altronde non è un mistero che uno dei leader cui Kaczyński si ispira è il portoghese dell’Estado Novo Salazar. Di lui,Kaczyński disse a José Manuel Durão Barroso, portoghese e allora capo della Commissione Ue durante una missione nel 2007 a Varsavia per convincere il governo allora guidato dal leader del PiS ad approvare il Trattato di Lisbona. “Voi in Portogallo avete avuto uno statista enorme, sono rimasto molto impressionato dal suo operato: Salazar”.

Una frase che vale un programma politico.