La madre di tutte le recessioni
È ormai chiaro che questa recessione è la crisi economica più grave dalla grande depressione del 1929-33. Entro giugno la disoccupazione negli Usa sorpasserà il 15% (era al 4% a febbraio) e il suo deficit federale arriverà già quest’anno al 20% del Pil. In Europa il prodotto subirà quest’anno un calo probabile vicino, se non superiore, al 10% . E il 70% dell’industria mondiale è in lockdown. I debiti pubblici di tutti i maggiori Paesi sono proiettati verso un aumento percentuale senza precedenti. Uno scenario impensabile solo pochi mesi fa.
Una ripresa a WW e catene di valore
Ma la natura e la forma di questa recessione e della sua ripresa rischia di non essere né a “V” né a “U” – come molti dibattono pensando alle recessioni passate. È più probabile la sua forma sarà a “WW”, cioè una ripresa frastagliata e sincopata con temporanei recuperi e ripetute ricadute. Le ferite lasciate da una crisi cosi simultanea e globale saranno durature. Ci vorrà del tempo (alcuni anni) prima che sia ritrovato un assetto minimamente stabile nei rapporti tra aspettative, consumi, risparmi, investimenti e politiche pubbliche.
L’economia mondiale andrà quindi a tentativi, anche perché la probabile insorgenza di nuovi focolai virali in varie parti del mondo imporrà un’incertezza di fondo sulle attività economiche transnazionali. Le catene logistiche e di valore che la globalizzazione “estrema” aveva sparpagliato a raggiera si ridurranno almeno in parte. Constateremo catene logistiche più ridotte ed un certo ritracciamento delle varie economie verso le proprie aree regionali, politicamente e socialmente più omogenee, più raggiungibili, più prevedibili, con un impatto moderatamente inflattivo a causa del venir meno dell’Asia come “fabbrica del mondo”.
Temi complessi soprattutto per Paesi come ad esempio Germania e Italia (ma non solo) così dipendenti anche dall’export extra-europeo. Paesi che dovranno necessariamente rivedere il loro mix produttivo e commerciale, aumentando la rilevanza del, e la dipendenza dal, mercato interno europeo .
Fine del piano cinese?
La Cina, presa a tenaglia tra il protezionismo bizzoso di Trump e le conseguenze interne ed esterne della pandemia, improvvisamente privata di un’economia occidentale in continua espansione, avrà una crescita nel 2020 probabilmente vicina allo zero (altro scenario impensabile nel 2019). Sarà tentata di fagocitare, e non solo economicamente, il proprio continente (un continente che, escludendo per il momento l’India, conta circa 2.5 miliardi di abitanti) al fine di far lavorare a piena capacità la propria enorme macchina produttiva. Pena la stabilità politica interna e la tenuta dell’attuale leadership del Partito comunista cinese (Pcc).
Taiwan dormirà adesso sonni ancor meno tranquilli. Le ottimistiche aspettative della Cina avevano un senso solo in un mondo in cui a) il mercato mondiale continua nella sua globalizzazione “spinta” b) il mondo compra livelli crescenti di merci cinesi c) contribuisce a fornire alla Cina un crescente surplus commerciale d ) accetta gli investimenti cinesi anche in settori strategici.
Tutto questo forse non tiene più nel nuovo mondo che si sta aprendo. E la maggior aggressività verso l’Occidente della diplomazia cinese nelle ultime settimane è un segnale del suo tradizionale timore di restare impantanati nel “middle income trap“. Cioè l’impossibilità di raggiungere livelli di reddito pro-capite simili a quelli delle economie avanzate, o a causa di improvvise crisi globali o dell’invecchiamento della popolazione cinese. Ambedue sono ora realtà e la “tempesta perfetta” potrebbe scatenarsi. Quanto può reggere l’attuale leadership del Pcc di fronte ad una tale negazione del piano? Gli attacchi di Trump possono aumentare la pressione all’interno del gruppo dirigente cinese per una serie di iniziative aggressive, di cui al momento si riesce a vedere solo un profilo sfuocato .
Fronte geopolitico
Tutto ciò aggiunge un ulteriore fattore di incertezza mondiale, anche in senso geopolitico. Se è chiara la volontà di Vladimir Putin di far ottenere un secondo mandato a Trump, assicurando alla Russia un ulteriore decoupling degli Usa sia dall’Europa che dal sistema multilaterale, l’interesse cinese è diverso.
La Cina ha bisogno di ristabilire un rapporto costruttivo con gli Usa e l’Occidente, al fine di continuare la sua marcia di integrazione, e successivo condizionamento, nel sistema multilaterale . Uno scenario che presume una presidenza democratica – assumendo che ci saranno effettivamente elezioni presidenziali il 3 novembre e che non saranno rimandate. Ma è un’ipotesi che potrebbe non essere scontata. Se i risultati economici delle politiche della Fed e della Casa Bianca fossero inefficaci si può immaginare che Trump e i Repubblicani decidano di non rischiare una debacle e invochino “force majeure“, puntando a rimandare le elezioni in un momento migliore .
Sarebbe senza precedenti, ma Trump non sembra essere al di sopra di simili sorprese e distorsioni costituzionali. Raramente, tranne che nella crisi di Suez e nelle varie crisi petrolifere, l’interazione tra fattori geo-economici e proiezioni geo-politiche è stata più evidente. E mai è stata così globale, simultanea e distruttiva in tutti i continenti.
La seconda parte dell’articolo è stata pubblicata domenica 17 maggio 2020