Il Venezuela è in una strada senza uscita
Se non riuscite a capire cosa stia succedendo in Venezuela, siete in buona compagnia. Qualche giorno fa, sulla rivista satirica venezuelana Chiguire Bipolar è apparso un articolo intitolato: “Sono 22 anni che i venezuelani non capiscono cosa stia succedendo in Venezuela”. La battuta non è solo di spirito, cela un enigma a cui si fa fatica a dare un senso. Il governo chávista è al collasso da anni, tuttavia ogni tentativo di cambio di regime è fallito. Come è possibile una tale resilienza, e come è possibile uscire da questo stallo?
Caduta libera
L’emergenza Covid-19 ha accelerato l’inesorabile caduta libera dell’economia venezuelana ormai in atto da anni. Questo ha aumentato la frequenza dei disordini, rendendo i costi per la sicurezza interna insostenibili, mentre l’alto livello di corruzione e inefficienza delle forze di sicurezza non permette il controllo sul territorio nazionale.
Cina e India, i principali importatori di petrolio venezuelano, hanno diminuito la loro domanda. Il gigante russo Rosneft, ex maggior rivenditore di petrolio venezuelano, ha cessato le proprie attività nel Paese; mentre la messicana Schlager, che opera nell’ambito di un accordo oil-for-corn-and-water, potrebbe presto subire sanzioni statunitensi.
Nel disperato tentativo di rilanciare le raffinerie, il governo venezuelano avrebbe spedito nove tonnellate d’oro – circa 500 milioni di dollari Usa – in Iran in cambio di supporto tecnico. Questa mossa ha causato il crollo delle riserve nazionali, ormai quasi esaurite, e presumibilmente non avrà alcun effetto sulle capacità di raffinazione del Paese.
Inoltre, nell’aprile 2019, gli Stati Uniti hanno accusato il presidente Nicolás Maduro e diversi alti funzionari di “narco-terrorismo” e dispiegato unità della Marina Usa nel Mar dei Caraibi. Bisogna però considerare che quasi il 90% del traffico di droga tra il Sud e il Nord America già si svolgeva nei Caraibi Occidentali e nel Pacifico Orientale, perciò la mossa americana sembra mirare al governo venezuelano piuttosto che al traffico di cocaina.
Una situazione lose-lose
Negli ultimi anni, il Venezuela ha subito numerosi tentativi di colpo di Stato da parte di forze paramilitari. Il governo ha fornito informazioni parziali e contraddittorie al riguardo, ed è possibile che lo stesso governo abbia infiltrato gruppi di golpisti al fine di alimentare la propaganda di regime.
Questa drammatica situazione ha convinto molti osservatori e politici che un governo così debole potesse essere facilmente rovesciato. Tali previsioni si sono rivelate errate perché si sono focalizzate sulla debolezza del sistema – ossia sul volume di outcome negativo delle interazioni tra forze – invece che sull’equilibrio tra le forze nel Paese.
La specificità del caso venezuelano è che il governo e l’opposizione sono in una situazione lose-lose, in cui il potere delle parti è definito dalla capacità di ciascun giocatore di infliggere una perdita maggiore all’altra. I leader chávisti sanno che le loro possibilità di migliorare le condizioni sociali ed economiche sono nulle, quindi la loro unica opzione è quella di impedire il consolidamento di un concorrente a scapito degli standard di vita della popolazione. In altri termini, vi è un gioco a somma zero tra potere politico e condizione socioeconomiche, in cui all’aumento del potere politico di una delle parti corrisponde un peggioramento delle condizioni socioeconomiche.
La carta della mediazione
A questo punto, c’è la seria possibilità che il regime possa essere rovesciato da un intervento violento, innescato da piccoli gruppi paramilitari e mercenari o dalle forze armate statunitensi. I primi causerebbero un aumento generalizzato della violenza, poiché il chávismo risponderebbe con la guerriglia operata da gruppi paramilitari foraggiati. In tal caso, il Paese cadrebbe in uno stato di anarchia. Invece, un intervento militare americano avrebbe maggiori possibilità di evitare un vuoto di potere installando un governo di transizione. Tuttavia, l’incertezza del processo di state building rende questa opzione improbabile.
Un’altra possibilità è che Maduro negozi una transizione pacifica con mediatori indipendenti e neutrali come la Svezia e il Vaticano che hanno esperienze pregresse di negoziati nella regione. Questa strada è però difficilmente percorribile perché gli Stati Uniti si sono imposti come garanti della transizione, il che costituisce una condizione inaccettabile per il regime chávista. Anche la Russia non sembra essere un’opzione. L’inclusione di Mosca nei colloqui di pace aumenterebbe la sfiducia tra i giocatori, poiché Putin ha tutto l’interesse a destabilizzare il vicinato degli Usa, suo principale avversario.
La sostituzione pacifica del governo chávista è l’unico scenario che permetterebbe di evitare una spirale di violenza. Tuttavia, tale opzione è limitata dalla mancanza di fiducia tra gli attori in campo.
Il Venezuela non è a un bivio, bensì in una strada senza uscita. Il costo umanitario di un colpo di Stato o di una invasione sarebbero talmente alti da obbligarci a scartarne l’ipotesi. Se la comunità internazionale vuole davvero aiutare il Paese a uscire dallo stallo, dovrebbe fornire le condizioni per un cambio di regime attraverso mediatori neutrali ed affidabili.