Gli Usa si ritirano dall’ennesimo trattato
Giovedì 21 maggio 2020 il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato il ritiro unilaterale degli Usa dal trattato internazionale Open Skies, in vigore dal 1° gennaio 2002. Nello stesso giorno anche il dipartimento della Difesa ha confermato la decisione del ritiro a partire dal giorno 22 maggio. Il ritiro diverrà operativo fra sei mesi e le parti dovranno incontrarsi entro 60 giorni per discutere sulle sue implicazioni.
Da Vancouver a Vladivostok
Il trattato vale fra 34 dei Paesi membri della Nato e dell’ex Patto di Varsavia: copre quindi quasi tutto l’emisfero nord, da Vancouver a Vladivostok. Prevede un regime di voli di osservazione aerea disarmati per promuovere la prevedibilità e la stabilità strategica: i partecipanti hanno volontariamente aperto il proprio spazio aereo su base reciproca, consentendo il sorvolo del loro territorio al fine di rafforzare la fiducia e la trasparenza rispetto alle attività militari, a rassicurare ad esempio che nessuno stia pianificando una grave offensiva contro un altro.
Nel contesto del trattato sono stati effettuati circa 1500 voli di osservazione, un centinaio all’anno: in particolare 70 della Russia sugli Usa e 200 degli Usa sulla Russia, incluse delicate missioni nel 2014 dopo l’azione militare russa in Crimea e la successiva annessione.
Critiche e importanza del trattato
Open Skies non è stato sempre perfettamente rispettato, in particolare a seguito del raffreddamento dei rapporti fra i Paesi occidentali e la Russia. A partire dal 2017 negli Usa si sono andate intensificando le critiche anche a questo trattato, sostenendo che possa essere di interesse solo per la Russia, dato che l’osservazione satellitare americana fornisce informazioni superiori a quelle aeree permesse dai “cieli aperti”. L’intenzione americana di ritiro era già trapelata lo scorso ottobre e rientra nell’ostilità della presente amministrazione americana rispetto a ogni vincolo legale internazionale.
Va osservato che il trattato svolge un cruciale ruolo per la sicurezza di tutti i Paesi europei e contribuisce a creare una situazione di trasparenza e di stabilità nel nostro continente. Il comunicato di Pompeo tiene conto di questo interesse degli alleati, senza il quale “gli Usa sarebbero usciti già da tempo”, precisa che essi sono stati consultati e assicura che gli Usa forniranno loro immagini raccolte con i propri mezzi satellitari. In un prossimo incontro la Nato discuterà il destino del trattato, che ovviamente potrebbe continuare a valere fra i Paesi rimanenti, permettendo alla Russia missioni sui Paesi europei e il Canada.
Violazione russa e Congresso americano
Mentre la motivazione adottata nell’ottobre scorso per il ritiro americano era la violazione russa del trattato, Pompeo avanza ora accuse ben più gravi: “Mosca risulta utilizzare le immagini raccolte con Open Skies a supporto di una nuova dottrina russa aggressiva mirante a bersagliare infrastrutture critiche negli Usa e in Europa con munizioni convenzionali di precisione. Invece di usare il trattato Open Skies come un meccanismo per migliorare la fiducia e la confidenza attraverso la trasparenza militare, la Russia ha di fatto trasformato il trattato in un arma rendendolo uno strumento di intimidazione e minaccia”.
Questo innalzamento dei toni, da violazione di un trattato per il rafforzamento della fiducia reciproca a minaccia armata alla sicurezza americana, è motivato anche dal fatto che per la correzione di semplici violazioni il trattato prevede meccanismi nell’ambito dell’apposita commissione consultiva per i cieli aperti presso la sede dell’Osce a Vienna, e quindi una motivazione più forte è necessaria perché il presidente americano possa rescindere un trattato ratificato dal Senato americano nonostante l’opposizione del Congresso.
Il Congresso nella sezione 1234 degli National Defense Autorization Acts per il 2020 ha posto delle precondizioni all’amministrazione Trump per il possibile ritiro dal trattato Open Skies, chiedendo in particolare che i segretari di Stato e della Difesa presentino congiuntamente, sei mesi prima dell’annuncio del ritiro, alle pertinenti commissioni parlamentari una notifica che il ritiro sia nel massimo interesse della sicurezza nazionale e che gli altri partner siano stati consultati. Chiaramente un ritardo di sei mesi allungherebbe ulteriormente la vita del trattato con la possibilità che sia il nuovo presidente americano a dire l’ultima parola. L’amministrazione Trump invocando la questione di sicurezza nazionale ritiene di poter ignorare la prescrizione parlamentare aprendo un conflitto costituzionale con il Congresso.
Trattato New Start a rischio?
Questa prova di forza esercitata su un trattato importante ma non essenziale per la stabilità nucleare mondiale si annuncia propedeutica alla manifesta intenzione di Trump di non estendere il ben più cruciale trattato di limitazione delle armi strategiche New Start, che altrimenti verrà a cessare il prossimo 5 febbraio.
Il New Start è l’ultimo accordo rimasto a limitare gli armamenti nucleari russi e americani, con precise forme di controllo reciproco, e la sua cessazione nella presente tesa situazione di duro confronto fra Cina, Russia e Stati Uniti in un panorama internazionale di molteplici conflitti fra Paesi con armi nucleari ci esporrebbe a un rischio nucleare analogo a quello esistente nei momenti più tesi della guerra fredda.