IAI
Parlano i vertici dell'Unione africana

“Ecco come la pandemia accelera l’integrazione in Africa”

25 Mag 2020 - Maria Laura Conte - Maria Laura Conte

Oggi il 57esimo Africa Day viene celebrato virtualmente, ma non per questo i temi sul banco sono di minor peso. Anzi. La pandemia sta scoprendo tutte le debolezze dell’Africa, ma sta anche evidenziando come molti dei percorsi intrapresi dall’Unione africana corrispondano a esigenze reali, non a teorie astratte, dimostrandosi fondamentali per garantirne uno sviluppo duraturo e sostenibile. Ne sono convinti due esponenti della commissione dell’Unione africana, Albert Muchanga, commissario al Commercio e Industria, e Amira El Fadil, commissaria agli Affari sociali.

“La pandemia che ha colpito tutta l’umanità, ci costringe a domandarci in occasione dell’Africa Day soprattutto come generiamo ripresa e resilienza – osserva Muchanga – . Il contagio ha smascherato le nostre cinque principali debolezze: l’insufficienza delle istituzioni sanitarie pubbliche; gli stretti margini di bilancio nelle finanze pubbliche, cosa che costringe a chiedere aiuto ai donatori ; la debolezza dell’export, quindi la dipendenza dell’Africa dalle importazioni dall’estero; l’incapacità di saldare i debiti in tempo e in pieno; l’eccessivo affidamento alla catena di fornitura globale per beni di consumo e per forniture mediche”.

Albert Muchanga

Rinnovata cooperazione, dal commercio alla salute
Per questo l’African Continental Free Trade Area (Acfta) per Muchanga diviene ancora più decisiva per l’Africa: “Lanciata lo scorso anno, l’Acfta sta finalizzando gli strumenti chiave che le daranno sostanza – spiega Muchanga -. Il Covid-19 ha provocato la chiusura dei confini, ma stiamo cercando di tenere aperti dei corridoi per la circolazione dei beni essenziali e sanitari. Il processo non si arresta: si punta a una liberalizzazione della circolazione di beni e di servizi, quindi alla costruzione di un unico mercato africano che genererà larghe economie di scala. È un programma che aiuterà nella ripresa, nelle trasformazioni strutturali , nel costruire la resilienza delle economie africane. Vari studi hanno dimostrato che se ne avvantaggeranno tutti gli africani, in particolare le donne che sono le più coinvolte nel commercio inter-africano, che 68 milioni di persone usciranno dalla povertà e che questo programma arginerà la marea migratoria verso l’Europa, grazie ai posti di lavoro che creerà. Il modello dell’Unione europea in questo costituisce un riferimento importante per l’Unione africana”.

Perché le “ambizioni” africane sono salde, e si concentrano nella memoria di questa celebrazione: “Celebriamo la nostra unità e le nostre ambizioni per il futuro che la pandemia non si porterà via – rileva El Fadil –. Questo virus sta colpendo ogni aspetto della nostra esperienza umana a livello globale e spinge con forza rinnovata noi africani a cogliere le opportunità nel mezzo di questa crisi. Per noi ora la priorità è la sicurezza sanitaria: su questo dobbiamo lavorare per mitigare la ferita, rinforzare le strutture dei servizi sanitari, rendendoli accessibili e alla portata di tutti. Stiamo avviando l’African Medicine Agency, che deve regolare le politiche sanitaria del continente, e mai come oggi se ne vede l’importanza.  Va incoraggiato ogni sforzo in questa direzione. Usiamo questa crisi per accelerare la marcia: ci servono 15 ratifiche su 55 Stati e l’agenzia può partire”.

Successi e sfide
Finora l’Africa sembra sia stata risparmiata dall’aggressività del virus che invece si è manifestata altrove, e questo per due ragioni principali per la commissaria: in primo luogo per aver preso da subito, alla prima notizia di contagio, misure preventive come il lockdown, già a fine febbraio, e in secondo luogo, per avere già avuto varie esperienze in fatto di epidemie, come ebola, e la popolazione stessa è più predisposta a “proteggersi”.

Nell’azione di prevenzione sia El Fadil che Muchanga riconoscono quanto siano state fondamentali le donazioni cinesi di maschere, guanti, visiere protettive e altri dispositivi di sicurezza: “Sono state di grande aiuto perché la produzione locale è insufficiente rispetto alla domanda. Si tratta di un settore che dobbiamo implementare nel disegnare i prossimi impegni” osserva El Fadil.

Amira El Fadil

Che questa emergenza da sanitaria stia già assumendo i contorni di un’emergenza sociale ed economica costituisce un tema centrale per l’Ua: “In prima istanza siamo chiamati a garantire la protezione sociale in questa fase – dichiara El Fadil – Dobbiamo garantire la sicurezza delle persone, che significa garantire loro anche i posti di lavoro, fare in modo che non lo perdano o lo recuperino in fretta. Perché l’insicurezza sociale genera instabilità e tensioni a vari livelli. La violenza domestica in questo periodo è cresciuta. Anche su questo fronte i programmi di aiuti e le forme di cash transfer che sostengono anche i piccoli business danno fiato ai più deboli”.

Forme di aiuto però che rischiano di essere inefficaci nel lungo periodo se non passano per la comunità: “Dobbiamo coinvolgere le comunità – di questo è certa El Fadil –  perché sono loro che si prendono cura dei più vulnerabili, le donne, gli anziani, i bambini, i disabili, i rifugiati, gli sfollati. Il ruolo delle comunità è alla base di tutto”.

Partnership con l’Europa 
Sia El Fadil sia Muchanga hanno partecipato attivamente ai lavori che hanno portato alla stesura della nuova strategia di partnership Africa-Europa e la ritengono uno strumento valido per entrambi i continenti, resi ancor più vicini dalla pandemia e ancora più bisognosi entrambi di classi dirigenti nuove capaci di stare alle nuove sfide.

“Perché si impongano nuove generazioni di leader aperti al bene comune – sostiene El Fadil  – dobbiamo lavorare molto sull’educazione. Dobbiamo educare le nuove generazioni, fin dalla più tenera età, all’ascolto, alla cultura, alla conoscenza delle possibilità della tecnologia digitale, alla democrazia, alla trasparenza, alla comunicazione. Ma vorrei dire che molti giovani così educati e aperti ci sono già, dobbiamo solo dare loro spazio, aprire loro le porte, così che possano condurre il nostro continente verso un nuovo futuro”.