IAI
Asset strategici e scalate ostili

Cosa significa per l’Italia il potenziamento del Golden Power

1 Mag 2020 - Giuseppe Di Luccia - Giuseppe Di Luccia

Con il decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020, il governo ha potenziato l’istituto del Golden Power, ampliando la propria facoltà d’intervento nel mercato, a tutela dell’interesse nazionale, contro potenziali dinamiche “predatorie” indotte dalla situazione contingente. Con il Golden Power – esistente da più di un quarto di secolo, originariamente nella forma di Golden Share – la presidenza del Consiglio si riserva il potere di intervenire in acquisizioni di partecipazioni e specifiche delibere societarie relative a società operanti in settori considerati d’importanza strategica.

Senza soffermarsi sugli aspetti tecnico-giuridici, ci limitiamo a identificare di seguito i principali elementi innovativi del provvedimento. In primis, l’ampliamento del novero dei settori in cui l’esecutivo potrà intervenire: dagli ambiti di difesa, sicurezza nazionale, energia, trasporti, comunicazioni e 5G, il rimando nel dl all’art. 4 del regolamento (Ue) 2019/452 che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti diretti esteri (Ide) nell’Unione tocca anche i settori finanza, credito, assicurazione, tecnologie critiche, duplice uso, sanitario, alimentare, materie prime, informazioni sensibili e media.

Sempre in attuazione del summenzionato regolamento Ue, una seconda novità è rappresentata dall’obbligo di notifica alla presidenza del Consiglio di acquisizioni di partecipazioni, da parte di soggetti extra-Ue, che superino certe soglie (non controlling interest). Il dl ha inoltre previsto un’equiparazione tra investitore Ue ed extra-Ue relativamente agli obblighi di notifica sulle acquisizioni che determinino il controllo nelle società target. Infine, in caso di violazione degli obblighi di notifica, la norma prevede che la presidenza potrà iniziare d’ufficio il procedimento per l’esercizio del Golden Power. 

Il filtro europeo
La scelta del governo di assumere il ruolo di regia, sebbene accelerato dall’emergenza della pandemia, risponde a esigenze di carattere sistemico: l’assenza di efficaci strumenti a tutela del controllo di asset strategici che, sin dalla crisi finanziaria, sono entrati nel mirino di investitori controllati da altri Stati (prevalentemente Russia e Cina), i quali hanno iniziato una corsa agli investimenti nei settori sensibili. Opportunità di profitto o strategia geopolitica?

Il regolamento (Ue) 2019/452 indirizza gli Stati membri all’intervento, al fine di limitare gli effetti distorsivi generati dalla compresenza da un lato in un mercato interno Ue regolato da stringenti principi di concorrenza e, dall’altro, in un mercato globale in cui si cerca di trarre il maggior profitto, non rispettando le regole del gioco, e dunque non cooperando, come nel più classico “dilemma del prigioniero”. Risultato? Le società europee sono meno competitive nel mercato globale e ancor meno lo sono le piccole e medie imprese (Pmi), facili preda dei grandi investitori.

La risposta europea consiste in meccanismi di filtro adottati, ad oggi, da 14 Stati membri, ma che prevede, anche per gli altri 13, l’obbligo di fornire informazioni su richiesta riguardo a investimenti diretti esteri non sottoposti a screening, nonché la sottoposizione allo scrutinio della Commissione, qualora l’investimento incida su progetti d’interesse dell’Ue.

Le sfide nel nuovo contesto globale
L’evoluzione strutturale e ontologica della comunità internazionale, determinata dalla nascita di nuovi soggetti, come le grandi multinazionali, e di nuove tecnologie che modificano le nostre percezioni dimensionali e ci proiettano nell’Internet of things, obbligano gli Stati a una riconsiderazione dei paradigmi della sicurezza nazionale e internazionale e di conseguenza a interventi speciali. Tra questi – oltre alle già note sanzioni economiche – il Golden Power.

Paradigmatica è la competizione Usa-Cina sui semiconduttori verso una realtà automatizzata. Ne è risultato il carattere “sensibile” assunto da tecnologie che fino a qualche anno fa non esistevano o esulavano dalla tradizionale definizione di asset strategico, una su tutte il 5G. Le restrizioni statunitensi al commercio con il gruppo Huawei sono motivate da ragioni di sicurezza nazionale. Cresce, negli ultimi anni, il timore delle autorità Usa sulla dottrina, promossa da Xi Jinping, della civil-military fusion, in estrema sintesi tutto quello che viene acquistato via commercio è scrutinato dai militari che ne cercano un possibile reimpiego. Pertanto gli Usa stanno valutando restrizioni sempre maggiori al commercio con la Cina e filtri sempre più stringenti agli investimenti.

Tali restrizioni potrebbero estendersi a quegli Stati che non adottano politiche idonee a tutelare gli asset sensibili, come potrebbe indurre a pensare la preoccupazione espressa dal Dipartimento di Stato americano lo scorso 2 aprile in merito a una transazione conclusa nel 2014 tra la Marina britannica e una società italiana partecipata da una società cinese per il 40%.

Pertanto, con il Golden Power, l’Italia non solo riafferma la propria presenza come soggetto sovrano, ma si prepara a effettuare una scelta di campo, probabilmente atlantica, per la tutela sia della propria sicurezza nazionale sia dell’esposizione del proprio sistema economico all’Occidente.

Questa pubblicazione fa parte di una serie realizzata in collaborazione con lo Studio Legale Padovan.