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Il cielo sopra Bruxelles

Ue tra decisioni e percezioni

6 Apr 2020 - Stefano Polli - Stefano Polli

L’Europa del post coronavirus dovrà provare ad essere molto diversa dall’Europa che conosciamo oggi, oppure semplicemente non esisterà più. La pandemia che sta terrorizzando il mondo porterà dietro di se una serie di effetti collaterali molto severi e importanti e, con tutta probabilità, disegnerà nuovi scenari e nuovi equilibri geopolitici che riguarderanno molto da vicino l’Unione europea. Basta guardare al ruolo che sta avendo la Cina nell’aiutare il Vecchio continente e l’atteggiamento distaccato di Donald Trump.

Da quale parte andare
Ma prima di guardare agli equilibri esterni, l’Ue, le sue istituzioni  e i suoi 27 Paesi membri dovranno guardare al loro interno e capire se esiste davvero un destino comune da affrontare insieme oppure se sarà meglio salutarsi e andare ognuno per la propria strada. Il coronavirus sta mettendo l’Europa di fronte alle proprie responsabilità come mai era accaduto nei decenni passati. La crisi sanitaria, economica, sociale e politica è molto simile a quella del dopoguerra: è un evento eccezionale, senza precedenti nella storia dell’Unione europea e costringe e costringerà i leader europei a scegliere da quale parte andare.

Il bivio di fronte al quale ci troviamo impone una scelta: da una parte, la strada di una vera coesione, di politiche comuni, di valori e principi condivisi; dall’altra, gli interessi e gli egoismi nazionali e, di conseguenza, la fine definitiva del sogno europeo.

Unione europea tra decisioni e percezioni
I passi europei nella prima fase della crisi del Coronavirus sono controversi e si prestano a una doppia lettura. Da un lato, è innegabile che le istituzioni europee, dopo un inizio disastroso, abbiano recuperato terreno e siano arrivate velocemente a prendere decisioni impensabili fino a qualche settimana prima. La commissione ha sospeso le regole del Patto di stabilità e i parametri di Maastricht e ha, di fatto, liberalizzato gli aiuti di Stato. La Bce ha messo sul tavolo più di 1000 miliardi per il 2020, fondamentalmente per l’acquisto di titoli dei Paesi più in difficoltà.  Si tratta di una svolta epocale.

Ma la percezione netta è che le istituzioni europee e i Paesi del Nord si siano piegati di fronte a una realtà che va al di là di ogni immaginazione, di fronte a una piaga “biblica” che non consentiva e non consente di chiudere gli occhi. Eppure, anche in questa occasione, i “falchi” sono riusciti a non tradire se stessi. Quello che è stato deciso è molto, ma non è abbastanza di fronte a una situazione che rischia di ridurre in cenere tutte le economie europee.  Si è giustamente parlato della necessità di una sorta di piano Marshall europeo e, alla fine, in qualche modo ci si arriverà.

Mentre questo articolo viene scritto (4 aprile 2020) è però netta la consapevolezza che non sia scattata la solidarietà europea con la necessaria convinzione di fronte ad un evento epocale come il coronavirus. Il dibattito sui CoronabondEurobond e regole del Mes, al di là delle questioni prettamente economiche, ha portato nuovamente alla luce la netta divisione tra l’Europa del nord e quella del sud, la sfiducia e la mancanza di conoscenza reciproca. I valori e gli ideali che hanno ispirato i Padri fondatori dopo la seconda guerra mondiale e i leader europei negli anni della fine della guerra fredda sembrano spariti e irrintracciabili nelle beghe da cortile di queste settimane, ma anche in quelle degli ultimi anni.

Si può ancora recuperare?
L’Europa, in realtà, sembra aver perso la sua anima e neanche una crisi che uccide decine di migliaia di cittadini europei è in grado di far rinsavire i leader di una parte dell’Europa ottenebrati dalle regole del rigore e dell’austerità fine a se stesse. Basterebbe, tra l’altro, riflettere sul fatto che nelle economie interconnesse e interdipendenti dell’era della globalizzazione nessuno può pensare di salvarsi se saltano le economie di alcuni grandi Paesi europei.

Ma se nelle prossime settimane e nei prossimi mesi l’Europa dovesse fare davvero uno scatto di reni e se i suoi leader recuperassero almeno un pezzetto della visione dei grandi leader europei del passato, se Macron si ispirasse, compito davvero non semplice, a Mitterand, se la Merkel ricordasse il coraggio di Kohl, che si giocò la sua carriera politica in nome dell’Europa, dell’Euro e della Germania riunificata, se von der Leyen studiasse qualche scritto di Delors? Se accadesse miracolosamente tutto questo di fronte a quale Europa ci potremmo trovare? Insomma, che cosa dovrebbe fare l’Europa per sopravvivere alle conseguenze politiche del Coronavirus?

Dovrebbe fare quello che non è stata capace di fare negli ultimi anni: trovare il coraggio e la visione che sono mancati, costruire l’Unione politica e completare quella monetaria. Smetterla di ragionare soltanto sui decimali del rapporto deficit-Pil. È molto difficile, ma noi pensiamo che potrà farcela.

[Segue…]

La seconda parte dell’articolo è stata pubblicata su AffarInternazionali martedì 7 aprile 2020.