Un intellettuale civile, protagonista del nostro tempo
A un anno dalla scomparsa di Massimo Bordin, occorre interrogarsi sulla ragione per cui da tutti gli orizzonti – politici, giornalistici, intellettuali – l’antico direttore di Radio Radicale è considerato come un importante protagonista della vita pubblica italiana tra Novecento e Duemila. Un riconoscimento che non gli fu tributato in vita, se non negli ultimi anni della sua esistenza, quando le sue doti di straordinario commentatore della stampa, di fine analista della politica italiana e internazionale, di pungente giornalista negli scritti de “Il Foglio” e di profondo conoscitore di uomini e cose del mondo della giustizia, avevano oscurato l’understatement con cui soleva auto-rappresentarsi da “semplice cronista”.
La verità è che Bordin è stato un protagonista del nostro tempo. Con una cultura politica in cui sulla giovanile passione per la sinistra di classe aveva innestato una vocazione liberaldemocratica dedita allo Stato di diritto, alla giustizia giusta e al socialismo libertario e riformatore. Con l’intelligenza di chi sa riconoscere la realtà, e sa valutare vizi e virtù delle persone con cui si imbatte. Con la forza intellettuale del monaco laico che non si pavoneggia di saggi ma guarda a quell’olimpo anti-autoritario e minoritario in cui brillano le stelle dei grandi eretici del Novecento, fossero i coraggiosi dissidenti storici del comunismo, gli appassionati rivoluzionari trotskisti, o i cantori libertari alla Albert Camus e George Orwell fino al nostro Leonardo Sciascia, scrittore per eccellenza fuori dalle righe.
Ben presto trovò la sua casa a Radio Radicale. L’emittente a cui diede una voce forte e uno stile asciutto e anticonformista, che spaziava ben oltre il Partito radicale. Si sentiva a suo agio in quell’originale esperimento radiofonico, nato a metà degli anni settanta del Novecento dalla ibridazione tra il movimento delle radio libere (da cui Massimo proveniva) che contestava il monopolio di “mamma Rai”, e il movimento dei diritti civili che sovvertiva il tradizionale sistema politico. Proprio nella funzione prima di redattore e poi di direttore di Rr Massimo espresse con sempre maggiore rotondità le sue singolari qualità di giornalista scevro da organicità partitiche, di libero pensatore senza fumisterie, e di ricercatore della verità tra le pieghe nascoste della realtà.
Bordin lascia a noi tutti la sua voce, rauca e pungente, che ci ha accompagnato nei giorni e nelle notti di tanti anni di speranze radicali, e lo zibaldone dei suoi scritti disordinati e densi, minuti e incisivi, che non integrano un chiuso sistema retorico, ma contengono una quantità di acute osservazioni sulla metamorfosi italiana tra Novecento e Duemila. L’archivio Bordin con l’inventario completo dei suoi scritti, articoli, quadernetti di appunti, note preparatorie per trasmissioni e tante altre carte sono ora disponibili presso Radio Radicale. Qualsiasi scolaro voglia capire cosa è accaduto in quell’Italia senza restare prigioniero di pregiudizi e ortodossie, e senza incorrere in banali ovvietà, dovrà meditare i contributi di Massimo che sono miracolosamente conservati, insieme alla sua biblioteca parlante, nello scrigno prezioso che è Radio radicale.
È passato un anno dalla scomparsa di Massimo Bordin, storico direttore di RadioRadicale. Non ci conoscevamo vent’anni fa quando un giorno lo chiamai per telefono dopo la fine della sua rassegna stampa. Gli dissi che mi avrebbe tanto fatto piacere collaborare con la radio. Fu gentile, mi passò l’allora caporedattore Paolo Martini, e cominciai. Devo a lui l’aver potuto fare nella vita quanto più amo. Ciao Massimo…
Francesco De Leo