Tratta di esseri umani: il caso rumeno
Colpo messo a segno nel contrasto alla tratta di esseri umani, quello tirato e poi dichiarato l’11 marzo scorso da parte dell’Europol. Un’operazione che l’Agenzia europea ha supportato e facilitato in tre Stati membri (Spagna, Romania, Repubblica Ceca) e che ha condotto non solo alla messa in sicurezza di 10 ragazze costrette nel mercato della prostituzione, ma anche all’arresto di 14 sospetti, tutti di origine rumena e afferenti al medesimo gruppo criminale.
In Europa la criminalità organizzata di origine rumena si conferma uno dei principali gruppi criminali che lucrano sul fenomeno della tratta di esseri umani. Secondo i dati più recenti della Commissione europea, il numero di trafficanti di origine rumena – siano essi sospetti, arrestati o condannati – è il più consistente, pari a 2.777.
L’Italia non è esente dalla loro azione: tra le altre, si ricorda l’operazione Madame, conclusasi a gennaio 2019 con l’arresto di 13 persone, in prevalenza rumeni, responsabili di estorsione, induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione nei confronti di giovani connazionali (Dia 2019).
L’inganno del fake love
Sono queste ultime a rappresentare il target privilegiato, quello conosciuto meglio dalla rete criminale autoctona. E rispetto alle modalità di reclutamento tipiche di questo gruppo criminale si tratta proprio di conoscenza, fiducia, infatuazione. Di totale devozione. “The so-called lover boy method entails the recruitment of a victim by establishing a fake romantic relationship between one of the members of the criminal network and a targeted potential victim of trafficking“. È l’uomo perfetto che si insinua con prudenza nella vita della ragazza, una dark Cinderella che nella possibilità di amare e di essere amata compie se stessa, cadendo nell’inganno del fake love.
Il trafficante tesse una trama di menzogne che rendono la giovane prigioniera di un idillio romantico. È un processo graduale, che fa leva sulle insicurezze emotive e psichiche della giovane. Lo sfruttamento è perpetrato solitamente all’estero, dove il lavoro decantato dall’uomo è sicuro e redditizio. Solo così saranno in grado di recuperare soldi a sufficienza per tornare un giorno nel proprio Paese e costruirsi una famiglia. Tuttavia, una volta giunti nel Paese di destinazione (principalmente Italia o Spagna, ma anche Germania, Regno Unito e altri Paesi del Nord Europa) le cose vanno diversamente. Il lavoro improvvisamente viene a mancare e l’unica possibilità per salvare il proprio futuro è che la ragazza si prostituisca.
Dal 2007, anno di ingresso della Romania nell’Unione europea, la mobilità dei gruppi criminali è aumentata. Ad essersi ampliata non è solamente la possibilità di uscire dal Paese evitando i controlli aeroportuali – sono infatti privilegiati gli spostamenti via terra a bordo di auto, durante i quali il conducente sequestra i documenti alla ragazza – ma anche di farvi temporaneamente ritorno in caso di necessità, qualora, con riferimento al caso italiano per esempio, la ragazza necessiti di visite specialistiche che non rientrano nelle cure ambulatoriali e ospedaliere, urgenti o essenziali, garantite dal codice Eni (Europeo Non Iscritto).
Romania ancora lontana dagli obiettivi Onu
A partire da contesti di origine segnati da disagio socio-economico, quali le aree rurali nei pressi delle città di Bacau, Bucarest, Galati, Giurgiu, Laszi o Timisoara, e da povertà affettiva, come quella di famiglie che assai di frequente collaborano attivamente con l’aspirante principe azzurro, il successo del metodo di adescamento del lover boy è strettamente correlato alla sussistenza di modelli culturali ed educativi alla luce dei quali “i processi di costruzione sociale dell’identità femminile sono plasmati dal messaggio secondo cui la giovinezza, la bellezza e la sessualità sarebbero l’unico vero potere contrattuale in mano alle ragazze” (Abbatecola, 2018).
Del resto, secondo le rilevazioni dello European Institute for Gender Equality, sussunte nel General Equality Index 2019, con 54,5 punti la Romania si posiziona al 25 ° posto nella classifica degli Stati membri. Sebbene il governo abbia ricordato al gruppo di esperti del Consiglio d’Europa (GREVIO) l’adozione di alcuni atti significativi, quali la ratifica della Convenzione di Istanbul (Legge 30/2016) e la relativa operativizzazione (Legge 174/2018 in materia di violenza domestica e Legge 178/2018 sulle pari opportunità e trattamento di donne e uomini), la distanza che separa la Romania dalla realizzazione del 5° Obiettivo di sviluppo sostenibile secondo l’Agenda Onu 2030 è ancora incommensurabile.
Violenza e sfruttamento sessuale
È chiaro, dunque, come i fenomeni della tratta a scopo di sfruttamento sessuale e della violenza di genere siano fortemente correlati e interdipendenti per quanto riguarda gli offender e le vittime di origine rumena.
La violenza psicologica rappresenta la dimensione predominante, che non solo consente il reclutamento nel Paese di origine, ma anche lo sfruttamento in quello di destinazione, facendo leva sul senso di colpa della ragazza, l’unica in grado di salvarli. In strada le ragazze si sottopongono forzatamente a episodi violenza connessi allo sfruttamento sessuale, quando non sono già state vittime di abuso da parte della famiglia negli anni dell’adolescenza. E sempre durante lo sfruttamento, infine, se il pathos generato dal fake love non è più sufficiente, si ricorre a svariate modalità di violenza fisica e verbale in grado di annichilire la personalità la vittima (Save the Children 2019). Si tratta sempre, per questo target, di una violenza totale.