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L'ENDORSEMENT DELL'EX PRESIDENTE USA

Obama regista della candidatura di Biden

15 Apr 2020 - Massimo Teodori - Massimo Teodori

L’endorsement di Barack Obama alla candidatura democratica di Joe Biden – “sono orgoglioso di sostenerlo come presidente degli Stati Uniti” – è molto più di un semplice appoggio dell’ultima ora all’amico, dopo che l’ostinato Bernie Sanders ha gettato la spugna a favore del concorrente “moderato”.

Obama è stato il regista della candidatura di Biden fin dai primi giorni della corsa presidenziale. Non solo e non tanto perché legato personalmente al suo vice di cui negli otto anni della Casa Bianca ha apprezzato le qualità – “conoscenza, esperienza, onestà, umiltà” – quanto per la sua linea politica di centro-sinistra pragmatico di cui egli stesso era stato l’interprete negli anni in cui ha guidato la nazione.

Più volte Obama aveva indicato agli elettori delle primarie democratiche la necessità che per vincere la presidenza occorresse mettere insieme una larga coalizione formata dalla working class bianca, dagli afroamericani e latinos, oltre che dai liberal e dagli “urbani” progressisti naturali oppositori di Trump.

Biden, per la storia nel partito e in Congresso, era il candidato a cui più d’ogni altro poteva essere riconosciuta la capacità di costruire una tale coalizione con l’obiettivo della vittoria. L’irruzione della pandemia aveva ancor più convalidato la necessità che il democratico alla Casa bianca fosse un leader politicamente attrezzato a realizzare una svolta pragmatica – non velleitaria – nel welfare, per i poveri e i marginali, e a favore della classe media impoverita.

Se questi sono i motivi politici dell’azione svolta dietro le quinte che Obama ha condotto per affermare la candidatura di Biden, c’è da chiedersi perché mai l’ex-presidente non abbia sostenuto, in un momento così drammatico per i poveri americani, il radicale Sanders, il prototipo di una politica a sostegno degli ultimi e contro i ricchi.

Nel riconoscere le doti liberal di Sanders – “un americano originale che ha dato voce alle speranze, ai drammi e alle frustrazioni della classe lavoratrice” – Obama ha ritenuto che un’impostazione “rivoluzionaria” della campagna democratica avrebbe difficilmente avuto successo nell’America in cui per vincere la partita il sistema bipartitico impone la conquista dell’elettorato oscillante.

Sanders rappresentava l’ultima espressione portata a livello istituzionale di quei movimenti radicali come Occupy Wall Street che si erano sviluppati in reazione alla politica di Obama considerata troppo prudente. Movimenti più o meno ideologici, di notevole significato sociale ed economico, ma con scarse possibilità di successo in Congresso come la battaglia per l’Obamacare testimonia.

Oggi, dopo la dissennata gestione della pandemia da parte di Trump, la riconquista della Casa Bianca da parte dei democratici può divenire realistica solo se, accanto alle potenziali capacità attrattive di Biden, si mobilitano anche quei settori giovanili e radicali che hanno creduto nelle sfide di Sanders.

Ed a ciò tende la regia di Obama che, per sconfiggere quel Trump – che “ha stracciato i principi dello Stato di diritto, della trasparenza e dei diritti al voto” – ha rivolto un appello all’unità di tutte le correnti democratiche al fine di “rendere l’America una società più giusta e più equa”.