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Massima pressione e aiuti umanitari

L’Iran rischia il collasso a causa del coronavirus

5 Apr 2020 - Leone Radiconcini - Leone Radiconcini

La pandemia da Covid-19 che sta interessando il mondo intero, ha visto Stati e comunità rispondere differentemente alla minaccia posta dalla nuova malattia e dalla sua diffusione. Fra i Paesi maggiormente affetti dalla crisi risulta esserci anche la Repubblica Islamica dell’Iran, già duramente provata dagli effetti delle sanzioni economiche statunitensi, dal malcontento sociale e dalla generale problematicità della regione mediorientale.

Le proporzioni della diffusione del Covid-19 in Iran risultano molto probabilmente maggiori di quelle ufficialmente definite dalle autorità locali, che al 3 aprile 2020 vedono 55.743 contagiati e oltre 3.452 morti. Le immagini satellitari pubblicate dal Washington Post mostrano come nella città santa di Qom, iniziale epicentro della diffusione della malattia, siano state scavate fosse comuni, presumibilmente per raccogliere l’accumulo di vittime presenti nell’area. A ciò si aggiungono i diversi video e le immagine condivise tramite social network dalla popolazione iraniana già dall’inizio di febbraio. Le stime operate dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) presumono inoltre che il numero reale potrebbe essere almeno cinque volte maggiore rispetto ai dati ufficiali. In un articolo pubblicato sull’Atlantic il 9 marzo 2020, vengono raccolte ulteriori valutazioni ancor più preoccupanti per calcolare il numero reale di casi di Covid-19 attivi in Iran e che, sebbene non possano trovare un riscontro ufficiale, sono basate su un’analisi statistica rispetto ai dati allora disponibili: le stime variano da un minimo di contagiati pari a 500mila (come pubblicato in un paper dell’Università di Toronto) a un massimo di 8 milioni, dipingendo un panorama assai critico, se reale, e che potrebbe essere ulteriormente peggiorato con il passare delle settimane.

Le intromissioni della politica nella sanità
Diversi fattori potrebbero aver contribuito all’esacerbarsi della crisi pandemica nel Paese, sia interni che internazionali. Innanzitutto, va specificato che il sistema sanitario iraniano risulta essere uno dei più sviluppati nel contesto mediorientale. Il Paese è dotato di un personale medico ben formato e professionale, ha una struttura decentralizzata che riesce a coprire tutto il territorio nazionale e a offrire ai propri cittadini i diversi livelli di cure previsti dagli standard internazionali. A rappresentare una minaccia, oggi, sarebbe non solo la capacità di diffusione del nuovo coronavirus, ma anche la probabile intromissione della politica in ambito sanitario per motivi propagandistici.

Sembrerebbe che le autorità iraniane abbiano tentato, per alcune settimane, di nascondere la reale entità del contagio, e che continuino a farlo anche oggi. Inizialmente, tale scelta sarebbe stata collegata al voto per il rinnovo Majles (Parlamento iraniano) tenutosi il 21 febbraio scorso.

Alla scelta di tenere le elezioni si è aggiunta anche la decisione di non imporre lo stato d’emergenza, come hanno invece fatto i Paesi maggiormente colpiti dal Covid-19, e di non predisporre quarantene nelle aree dei focolai. Alle criticità pratiche si sono sommati, poi, gli scontri politici. Sembrerebbe infatti che il presidente Hassan Rouhani, capo delle Forze armate, si trovi a dover affrontare la volontà dei capi dell’esercito di prendere il controllo della situazione al posto del governo, rendendo ancor meno chiare le modalità con cui si sta rispondendo all’emergenza e chi sia in carica della gestione di questa crisi.

Come se le problematiche interne non fossero sufficienti a rendere grave la situazione, nella Repubblica islamica si devono tenere in conto anche i pregressi legati alla situazione internazionale.

Gli ostacoli agli aiuti umanitari
La politica della massima pressione applicata dagli Stati Uniti nei confronti dell’Iran, oltre ad aver portato il Paese verso la recessione, influenza negativamente la possibilità di reperire il materiale medico-sanitario indispensabile per contenere propriamente la pandemia. Non solo l’Iran non dispone della liquidità necessaria per poter acquistare tali strumenti, ma anche nel caso in cui ricevesse denaro per poter affrontare questa crisi (come sta cercando di fare tramite la richiesta di un prestito al Fondo monetario internazionale) ugualmente sarebbe impossibilitato ad acquistarlo, viste le sanzioni economiche decise da Washington a partire dal 2018. Gli stessi aiuti medici e umanitari, che la comunità internazionale è solita inviare ai Paesi in maggiore difficoltà, non possono essere dispiegati nel contesto iraniano a causa delle sanzioni (e a volte vengono anche rifiutati dal regime stesso).

La politica imposta dall’amministrazione statunitense è esplicitamente indirizzata a portare Teheran al tavolo delle trattative in una condizione di totale subordinazione alla volontà americana, se non addirittura al regime change. L’aumento delle restrizioni imposte tramite le sanzioni, al momento, è apparso rafforzare la linea oltranzista nel paese mediorientale, piuttosto che portarlo a più miti consigli.

Diverse analisi (New York Times; The Intercept) concordano, inoltre, sul fatto che il mantenimento di queste restrizioni sia un’importante concausa dell’esacerbarsi della crisi pandemica. Valutando il possibile impatto disastroso della pandemia sulla popolazione iraniana, e la precedente fortissima repressione che sembra sia stata operata da Teheran sul dissenso interno, appare difficile che il primo passo verso la distensione venga operato dal regime degli Ayatollah.

Pil e spirale del contagio
Questi fattori, sommati, evidenziano come l’Iran stia affrontando una delle più gravi crisi nella sua recente storia. La recessione economica è già in atto e l’ulteriore contrazione del Pil è per ora stimata attorno al 3%, ma è probabile che tale valutazione vari con l’eventuale intensificarsi delle problematiche.

La Sharif University of Technology ha valutato che, se non dovessero essere prese delle misure più forti per contenere la pandemia e se la popolazione iraniana non adotterà dei comportamenti di social distancing più stringenti, ci sia il rischio che muoiano fino a tre milioni e mezzo di persone prima della fine del contagio. In assenza di aiuti umanitari, economici e medici, l’Iran rischia un collasso nella propria già compromessa struttura sanitaria e più generalmente nella vita quotidiana dei propri cittadini.