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La competizione geopolitica nel Mediterraneo orientale

30 Apr 2020 - Pierluigi Barberini - Pierluigi Barberini

Il Mar Mediterraneo è divenuto, nel corso degli ultimi anni, arena di confronto – e spesso di scontro – di diversi attori statuali, impegnati a perseguire la propria strategia geopolitica e i rispettivi interessi nell’area.

La competizione geopolitica nel Mediterraneo si è accesa come conseguenza del progressivo (ma non definitivo, né irreversibile) ritiro degli Stati Uniti dalla regione, oramai sempre più focalizzati su altri obiettivi strategici, ma ancora pronti ad intervenire nel momento in cui i loro interessi centrali dovessero essere lesi. Ciò ha aperto a possibilità di manovra per diversi Stati, innescando una crescente competizione per accrescere l’influenza geopolitica regionale.

A questo bisogna aggiungere da un lato la scoperta di importanti giacimenti di gas nell’area, in particolare a cavallo delle zone economiche esclusive (Zee) di Egitto, Cipro e Israele (per un valore totale di 700 miliardi di dollari), fattore che moltiplica le opportunità di collaborazione, ma anche di attrito tra gli Stati della regione; dall’altro, l’instabilità politica seguita alle cosiddette “Primavere Arabe” che ha portato anche all’insorgere di conflitti civili in Siria e Libia, trasformatisi in guerre per procura tra le principali potenze regionali e mondiali.

L’insieme di questi fattori rende così il Mediterraneo orientale (e anche centrale) una delle aree più calde nel panorama geopolitico mondiale.

La crescente assertività turca
In questo contesto generale va inquadrata la crescente assertività turca. Senza dubbio, la Turchia di Erdogan si è dimostrata essere, negli ultimi mesi, uno degli attori più attivi e dinamici, andando alla ricerca di uno spazio di manovra e di un livello di influenza nelle dinamiche regionali sempre più ampi. Ankara sta assumendo, infatti, una postura estremamente attiva e a tratti aggressiva nei confronti di diversi player nella regione.

Da un lato, i ripetuti sconfinamenti dei caccia turchi nei cieli ellenici e la rivendicazione avanzata nei confronti di alcune isole del Mar Egeo sotto sovranità greca hanno inasprito le tensioni con il governo di Atene. Dall’altro, le reiterate incursioni di navi militari e da trivellazione turche nelle acque cipriote hanno esacerbato gli attriti con Nicosia, come nel caso della nave da perforazione Yavuz, la quale opera in maniera provocatoria e senza autorizzazione nel blocco 8 della Zee di Cipro.

Infine, l’accordo con la Libia del Governo di accordo nazionale (Gna) presieduto da Fayez al Serraj sulla spartizione delle Zee e il supporto logistico e militare fornito a Tripoli, oltre al coinvolgimento a fasi alterne nella guerra in Siria, testimoniano la volontà turca di giocare un ruolo di primo piano nei due principali conflitti in corso nel Mediterraneo.

Proprio l’accordo firmato nel novembre scorso tra la Turchia e il Gna libico sigilla in qualche modo il nuovo ruolo di Ankara sui principali scenari e dossier regionali, e va letto (anche) in chiave anti-egiziana.

L’accordo mira infatti, da un lato, a fornire un maggiore sostegno ad al Serraj nel respingere l’assalto a Tripoli condotto da Khalifa Haftar e sponsorizzato, tra gli altri, dal Cairo. Dall’altro, esso costituisce l’ennesima provocazione da parte turca sulle dispute marittime, e quindi energetiche, nel Mediterraneo orientale, ai danni di Paesi come Grecia, Cipro, Israele e appunto Egitto.

La controparte egiziana
Uno dei principali avversari di Ankara nel risiko del Mediterraneo orientale è dunque il Cairo. Nel corso degli ultimi anni le relazioni tra Turchia ed Egitto  si sono progressivamente deteriorate, soprattutto da quando l’attuale presidente egiziano al Sisi prese il potere nel 2013 con un colpo di stato militare, rovesciando l’allora presidente ed esponente dei Fratelli Musulmani Mohammed Morsi, politicamente vicino ad Ankara.

La partita tra quest’ultima ed il Cairo non presenta solo caratteri ideologici, importanti ma secondari nel calcolo complessivo. La posta in palio consiste da un lato nella leadership del mondo musulmano a livello regionale e mediorientale, e dall’altro nell’estendere la propria influenza e nell’affermare i propri interessi sui principali dossier in gioco.

Questi ultimi spaziano dalla partita sui giacimenti di idrocarburi scoperti nella Zee egiziana e di altri Stati adiacenti, fino alla guerra per procura in Libia, dove Turchia ed Egitto sostengono due schieramenti contrapposti (rispettivamente Al Serraj la prima, Haftar il secondo). La forte condanna egiziana dell’intesa turco-libica e le minacce di un possibile intervento militare diretto nel conflitto testimoniano la centralità della posta in gioco anche per il Cairo, e in generale la grande valenza geopolitica delle dinamiche in corso nel Mediterraneo orientale.

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