Italia-Russia: pragmatismo e ancoraggio Ue
Agli occhi di molti parlare di relazioni italiane con la Russia come qualcosa di fondamentale in questo momento può sembrare come preoccuparsi di un fuocherello in giardino mentre la casa va a fuoco – un tema, insomma, tutto sommato poco urgente. Per altri, invece, l’incendio si è ormai largamente esteso a quel giardino e, anzi, proprio da lì bisogna ripartire per spegnere le fiamme: sono coloro che ritengono che la Russia di Vladimir Putin rappresenti una minaccia esistenziale all’Unione europea e all’Occidente liberale tout court. Per altri ancora, infine, quel giardino rappresenta un posto sicuro dove rifugiarsi dalle fiamme che divampano all’interno: si tratta di chi, nella Russia, vede un alleato politico prima ancora che economico – se non addirittura un modello – anche in tempi di pandemia.
Impossibile ignorare la Russia…
Come spesso accade nelle relazioni internazionali, la verità si trova nel mezzo. Volenti o nolenti, la Russia non è un paese che può essere ignorato, e non solo in ragione delle sue dimensioni. Non possiamo ignorare l’importanza economica che la Russia – uno Stato che ha un Pil ben inferiore al nostro, ma una presenza internazionale di gran lunga più visibile – riveste per il nostro comparto energetico: Mosca fornisce all’Italia oltre il 40% del gas naturale ed è rimasta anche il maggiore fornitore per l’Ue di gas, petrolio e combustibili fossili. Né possiamo ignorare il fatto che le azioni di Mosca sollevino sempre più controversie anche nel nostro paese, come accade da decenni in molte altre capitali europee.
Il caso degli aiuti russi mandati in Italia ne è l’esempio perfetto. La questione ha diviso la società civile italiana: a chi ha bollato la mossa di Mosca come una pericolosa operazione di ingerenza, sostenendo che gran parte di quegli aiuti fossero, in realtà, inutili, si sono opposti coloro che hanno salutato con calore la presenza russa, contrapponendovi la “fredda assenza dell’Europa“. E non solo dell’Europa, ma anche del tradizionale alleato americano: come afferma il professor Vittorio Emanuele Parsi (docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano) la Russia si è saputa muovere con scaltrezza nel vuoto lasciato anche dagli Stati Uniti che, soprattutto nelle fasi iniziali, hanno mostrato poca attenzione nei confronti di alleati e amici colpiti dalla pandemia. Senza poi dimenticare gli altri episodi che in questi anni hanno segnato un rapporto sempre più discusso tra Italia e Russia: dal tema dell’opposizione alle sanzioni europee verso Mosca alle accuse di una trattativa tra il partito della Lega e il Cremlino per finanziamenti illeciti.
… eppure non è una priorità
Eppure, nonostante una certa importanza economica e la rilevanza sempre maggiore nel nostro dibattito politico, è difficile affermare che, al di là dell’approvvigionamento energetico, oggi la Russia costituisca una priorità politica e strategica per il nostro Paese. Certo, contribuire al miglioramento delle relazioni europee con Mosca e all’abbandono delle sanzioni faceva parte addirittura delle priorità del contratto del precedente governo, ma in realtà altre questioni (dalle crisi nel Mediterraneo al peso economico della Cina e l’espansione della Bri) rivestono un’importanza maggiore e “diluiscono” l’attenzione italiana verso la Russia. A dichiarazioni nette e audaci di vicinanza a Mosca non sono seguite altrettante azioni di rottura: basti pensare al puntuale voto italiano per il rinnovo semestrale delle sanzioni contro Mosca.
Occorre poi ricordare il ruolo ancora marginale che l’Italia riveste per la risoluzione dei cosiddetti “conflitti congelati” nello spazio post-sovietico e, in primis, della guerra in Ucraina (fattore scatenante delle sanzioni). In quel contesto, in confronto a Germania e Francia – impegnate direttamente nei negoziati di pace attraverso il “formato Normandia” assieme a Russia e Ucraina – l’Italia resta decisamente in secondo piano. È evidente come, per ragioni storiche e geopolitiche, il Mediterraneo resti al centro della nostra politica estera.
Le crisi del Cremlino
È difficile prevedere come l’attuale pandemia possa incidere sulle relazioni tra Roma e Mosca nell’immediato futuro, soprattutto alla luce delle pesanti conseguenze economiche per entrambi gli stati. Secondo la giornalista Anna Zafesova, il sovrapporsi di tre crisi diverse (l’abbassamento dei prezzi globali del petrolio, il calo del consenso popolare e il coronavirus) possono causare uno tsunami perfetto per Vladimir Putin. Tuttavia, il collasso economico russo, paventato da molti analisti occidentali in varie occasioni, non si è mai manifestato: l’economia e il sistema politico della Russia si sono finora confermati resilienti e molti esperti sostengono che le sanzioni occidentali abbiano di fatto rafforzato entrambi, preparandoli a affrontare crisi successive.
Una cosa appare più evidente. Pochi credono che gli emendamenti costituzionali che consentirebbero a Putin di ricandidarsi al Cremlino alle elezioni del 2024 e di guidare la Russia fino al 2036 saranno bloccati dal referendum inizialmente previsto per il 22 aprile e rinviato a causa del coronavirus. Tale risposta alla questione della “successione” a Putin conferma il cammino del Cremlino verso un maggiore autoritarismo, marcando un ulteriore allontanamento dai valori democratici europei. Come afferma l’analista Nico Popescu, è improbabile che Stati come Cina e Russia, ma anche Stati Uniti, traggano le stesse lezioni dalla crisi del coronavirus in termini della necessità di cooperazione e multilateralismo rispetto all’Ue – sempre che l’Ue riesca effettivamente a mettere a frutto tali preziose lezioni e rafforzare la sua solidità interna e la credibilità esterna.
La casa dell’Italia
Lo stato attuale delle relazioni tra Bruxelles e Mosca (caratterizzato da una divergenza profonda valoriale, politica e di weltanschauung, associata però all’interdipendenza economica, soprattutto energetica) sembra dunque destinato a rimanere invariato nel prossimo futuro. È in questo contesto che l’Italia dovrà continuare a muoversi nei prossimi mesi.
Per restare in equilibrio in questa situazione scivolosa, l’Italia dovrà certamente fare ricorso a una certa dose di pragmatismo, ma anche tenere a mente i propri punti fermi. Tornando all’analogia proposta all’inizio dell’articolo, un giardino può essere una grande risorsa (soprattutto in tempi di quarantena), ma anche un’eccezionale fonte di grattacapi. E, in fondo, quello che conta veramente è avere una casa solida. Quella casa, per l’Italia, è l’Unione europea. Una volta che questo principio resta saldo, agire con il dovuto pragmatismo e senso critico nelle relazioni con la Russia, ma senza pregiudizi, resta per noi non solo una strada possibile, ma una necessità strategica.
Questo articolo è stato pubblicato nell’ambito dell’Osservatorio IAI-ISPI sulla politica estera italiana, realizzato anche grazie al sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Le opinioni espresse dall’autore/autori sono strettamente personali e non riflettono necessariamente quelle dell’ISPI o del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.