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Dubbi sullo stato di diritto a Varsavia

Il nodo delle presidenziali in Polonia nell’ora del Covid-19

12 Apr 2020 - Massimo Congiu - Massimo Congiu

La Polonia sta attraversando un momento politico confuso con difficoltà di tenuta all’interno dell’esecutivo guidato dal partito Diritto e Giustizia (PiS), mentre si celebra il decennale dall’incidente aereo di Smolensk, in cui perse la vita l’allora presidente della Repubblica Lech Kaczyński, gemello dell’attuale leader del PiS. Sono evidenti le difficoltà di gestione della crisi sanitaria dovuta al Covid-19 che si sta diffondendo nel Paese in modo continuo e preoccupante, mentre in Parlamento viene calendarizzata la discussione di un nuovo disegno di legge restrittivo dell’aborto, tre anni dopo l’ultimo tentativo cui si oppose un’importante mobilitazione di piazza.

Nel momento in cui questo articolo viene scritto, il numero dei contagiati risulta essere pari a 5.575 unità, 174 i decessi, particolarmente colpita la Masovia per numero di infezioni. Tali le cifre ufficiali, ma la realtà potrebbe essere anche peggiore e più alto il numero dei morti. Si apprende, infatti, che negli ospedali polacchi non vengono effettuati tamponi post mortem e i decessi non sono sempre attribuiti al Covid-19. Tutto questo rende più difficilmente leggibile la situazione e suscita dubbi sui numeri comunicati dalle autorità sanitarie del paese che, comunque, pongono la Polonia al secondo posto all’interno del Gruppo di Visegrád (V4), dietro la Repubblica Ceca, per l’ampiezza del fenomeno.

L’infezione è anche causa dei contrasti esistenti in sede politica sull’opportunità di confermare o spostare la data delle elezioni presidenziali previste per il prossimo 10 maggio. L’emergenza sanitaria consiglierebbe un rinvio, opzione su cui convergono un po’ tutti i partiti, ma che non piace al leader del PiS Jarosław Kaczyński, assertore della necessità di confermare la data del 10 maggio. A suo avviso non ci sono le condizioni per dar luogo a uno slittamento, ma il voto alle urne potrebbe determinare un ulteriore e consistente aumento dei casi con conseguenze immaginabili e fosche previsioni per la fine della primavera. C’è, comunque, un calcolo politico da parte di Kaczyński che teme uno slittamento anche lieve della data del voto. Il leader nazionalpopulista teme che un rinvio possa nuocere alla causa della rielezione del presidente in carica, Andrzej Duda, uomo del PiS, per un secondo mandato.

L’ipotesi di un emendamento della Costituzione 
L’opposizione insiste sui rischi sanitari che il Paese correrebbe votando il 10 maggio ossia il già menzionato aggravarsi del contagio, e sottolinea il carattere antidemocratico di un’eventuale conferma di quella data, dal momento che l’affluenza sarebbe prevedibilmente ridotta e questo andrebbe a vantaggio del PiS e quindi del suo candidato. Il vicepremier Jarosław Gowin del partito di destra Porozumienie (Accordo), tradizionale alleato del PiS, ha proposto una modifica costituzionale volta ad allungare di due anni il mandato presidenziale. In questo modo si aggirerebbe il problema del voto alle urne e Duda resterebbe in carica fino al 2022 senza, però, potersi ricandidare. Il problema è ottenere il sostegno dell’opposizione.

Il partito Wiosna (Primavera), ad esempio, respinge tale possibilità. Questa forza politica socialdemocratica ed europeista fondata nel 2019 dall’ex sindaco di Słupsk (Pomerania) Robert Biedroń – parimenti candidato alle elezioni – e da questi guidata, sostiene che il Paese dovrebbe occuparsi del problema rappresentato dalla perdita dei posti di lavoro e dare supporto ai disoccupati invece di intraprendere strade non percorribili come quella della modifica costituzionale. La situazione è quindi ancora incerta e la data del voto motivo di tensioni politiche che vedono il leader del PiS arroccato sulla conferma del 10 maggio per difendere la causa del suo partito.

Le difficoltà europee di Varsavia
Intanto, continua l’accidentato percorso europeo della Polonia reduce dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea per il nuovo regime disciplinare adottato dal paese per i giudici del Tribunale Supremo (Sąd Najwyższy) con la creazione, al suo interno, nel 2017, di una Camera Disciplinare (Izba Dyscyplinarna).

La Corte contesta l’assenza di garanzie circa l’imparzialità e l’indipendenza della Camera Disciplinare composta esclusivamente da giudici selezionati dal Consiglio Nazionale della Magistratura (Krajowa Rada Sądownictwa, KRS) i cui quindici membri sono eletti dal Sejm, la Camera bassa del parlamento polacco. Questa sentenza è stata pronunciata pochi giorni dopo quella che ha condannato la Polonia, insieme all’Ungheria e alla Repubblica Ceca per essersi rifiutata di accettare i richiedenti asilo trasferiti dall’Italia e dalla Grecia nel momento di picco degli arrivi di migranti giunti in Europa nel 2015.

Resta, quindi, attuale il problema del deterioramento dello Stato di diritto in Polonia e Ungheria per le quali sono stati attivati i meccanismi volti all’applicazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea. Una situazione che vede i due paesi promettersi aiuto reciproco nel caso si materializzasse la possibilità di imporre a essi sanzioni pesanti. Cosa che, secondo la retorica dei loro rispettivi governi, non farebbe altro che dimostrare il mancato rispetto delle sovranità nazionali da parte dell’Ue.