IAI
5 - LEZIONI PER L'ITALIA E L'EUROPA

Il coronavirus, la Difesa e l’Italia

14 Apr 2020 - Pietro Batacchi - Pietro Batacchi

Le Forze armate sono ampiamente utilizzate per fronteggiare l’emergenza del Covid-19. È così in Italia, ma anche in altri Paesi: allestimento di ospedali da campo, donazione di sangue, medici e infermieri in prima linea, sanificazione di luoghi e strutture tramite gli specialisti Cbrn, trasporto di malati e distribuzione di dispositivi sanitari, controllo del territorio, ecc… Tutti compiti che gli strumenti militari forniscono in virtù di risorse, strutture e disponibilità tipiche di un’organizzazione che istituzionalmente deve affrontare un’emergenza, ovvero la guerra.

E tale contributo è fondamentale, sopratutto in un frangente come questo che vede le nostre democrazie chiamate a combattere un nemico nuovo, invisibile, per il quale oggettivamente non si era preparati. Ma bisogna stare molto attenti che la più grave sfida che sta affrontando l’Italia, e il mondo, dalla Seconda Guerra Mondiale non venga usata per strumentalizzare e manipolare a fini politici il ruolo delle Forze armate.

C’è chi, infatti, soprattutto qua in Italia, vorrebbe che la contingenza fosse trasformata in elemento strutturale per fare delle Forze armate una sorta di “super-Protezione civile” e “ridurne” il carattere e la natura militare dimenticando che esse costituiscono un’organizzazione per la difesa “esterna” della nazione e per la tutela dei suoi interessi vitali, nonché per la garanzia della pace e della stabilità internazionali. È sacrosanto che in momenti come questi le Forze armate diano un contributo sul piano interno (lo hanno sempre fatto nei casi di terremoti, alluvioni, ecc…), ma questi sono compiti secondari perché il loro mestiere principale è un altro: il warfare.

Ritorno alle minacce alla sicurezza
E c’è poi pure da sperare che i vertici delle Forze armate non si facciano “ingolosire” dal consenso che l’impiego dei militari sul territorio nazionale generalmente porta con sé, per abbassare la guardia sul fronte dell’ammodernamento dello strumento. Anche perché, terminata l’emergenza, si ripresenteranno tali e quali tutti i problemi e le minacce alla sicurezza internazionale di 3 mesi fa.

Anzi, se possibile, questi verranno acuiti e approfonditi dalla crisi. Il caos nel Mediterraneo e in tutto il Medioriente, l’instabilità in Africa e nel Sahel, il terrorismo di Isis o di Al-Qaida, che in queste settimane ha pericolosamente rialzato la testa, per non parlare delle incognite sul futuro dell’Afghanistan, piuttosto che delle tensioni in Kashmir o nella Penisola coreana. Sullo sfondo, poi, la competizione strategica tra Cina e Stati Uniti, che il Covid-19 ha accentuato e che è destinata a caratterizzare lo scenario internazionale negli anni a venire ri/modellandolo in un nuovo bipolarismo.

La partita post-coronavirus
Diventa, pertanto, fondamentale, mentre si combatte la pandemia tenere bene gli occhi aperti sulla vera partita che si giocherà dopo, in un mondo più insicuro e “cattivo” e dove nessun farà sconti e men che meno prigionieri. La corsa al riarmo e alle tecnologie disruptive accelererà e fa veramente sorridere la polemica tutta nostrana sulla commessa alla Marina militare per la fornitura dei nuovi sottomarini U-212 NFS.

La aspettavamo ed è arrivata puntuale, rilanciata dai girotondisti in servizio permanente effettivo, secondo i quali bisogna togliere alla Difesa per dare a Scuola e Sanità. A maggior ragione oggi, in piena emergenza sanitaria. Ebbene, nella realtà, lo si sa ma è sempre bene ribadirlo, quello militare è un investimento con altissime ricadute in termini di moltiplicatore di valore – si calcola che per un euro investito in questo campo si crei un valore pari a circa 3,5 volte tanto – e occupazionale – per un addetto diretto se ne creano almeno altri 3 indiretti.

Investire nella Difesa
Non solo, ma quello nella Difesa è un investimento strategico che consente di mantenere un vantaggio competitivo che tuttora l’Italia e l’Occidente hanno verso l’Oriente e nei confronti dei Paesi cosiddetti emergenti, considerando che in altri settori e sulle basse tecnologie ci hanno invece completamente sbaragliati, da anni. Basti pensare, per esempio, che il futuro caccia nazionale sudcoreano avrà una buona parte dell’avionica di marca Leonardo e italiana, oppure che dell’elicottero turco T-129 Atak, derivato dall’A-129 Mangusta, Leonardo ha mantenuto rigorosamente nelle sue mani il controllo delle trasmissioni, la componente assolutamente più critica e strategica in un elicottero, che poche realtà al mondo sono in grado di produrre. Per non parlare dei progetti dei caccia di nuova generazione che, sotto traccia, in Europa stanno già mobilitando migliaia di ingegneri ad altissima specializzazione. E potremmo continuare per ore.

Per cui, bene che si accelerino commesse come quella degli U-212 Nfs che, viste le gravi conseguenze che ci saranno sul mercato crocieristico, consentiranno a Fincantieri di mantenere certi livelli occupazionali consentendo allo stesso tempo il consolidamento di un polo sovrano della subacquea.  Dunque, in un momento il cui i settori commerciale e civile sono scossi dall’uragano Covid-19, il militare, con un ciclo tradizionalmente più lungo, diventa una scialuppa di salvataggio e il vero volano della ripresa.

Questo articolo è il quinto di una serie dedicata a una riflessione sul Covid-19 e la sicurezza internazionale, aperta da Vincenzo Camporini e Michele Nones.