IAI
7 - LEZIONI PER L'ITALIA E L'EUROPA

Covid-19 e impreparazione internazionale

17 Apr 2020 - Sonia Lucarelli - Sonia Lucarelli

Come ogni grave crisi, la pandemia di Covid-19 ha colpito il mondo in modo inaspettato, ha avuto presto effetti eccezionalmente distruttivi e rappresenta un momento di svolta. Per quanto oggi si ricordi che Bill Gates avesse preannunciato il rischio (e la nostra impreparazione), per quanto nei documenti strategici redatti dopo la fine della guerra fredda fosse apparsa la parola “pandemia”, non era nella direzione di microbi e batteri che gli occhi, le armi e i soldi dell’Europa, e del mondo, erano puntati all’inizio del 2020.

Né l’Europa, né il resto del mondo hanno brillato per capacità di comprendere rapidamente la portata della minaccia o per abilità di apprendimento dall’esperienza di altri paesi affetti (basti pensare a Boris Johnson, che ha notoriamente invocato l’immunità di gregge quando ormai in Italia si contavano migliaia di morti ed era emerso chiaramente che solo l’isolamento avrebbe consentito di rallentare i contagi).

Viste queste premesse non è facile auspicare che la crisi venga colta come un’opportunità e che quindi si argini il suo potenziale distruttivo non solo – principalmente, intendiamoci – di vite umane, ma anche di ordini socio-politici.

Non giochiamo con le competenze
A livello internazionale, la pandemia, proprio in quanto sfida condivisa e ingestibile individualmente, richiamerebbe la necessità di un rinnovato multilateralismo. Eppure, al contrario, la pandemia sta producendo troppo spesso chiusura nazionalistica, ristabilendo frontiere e retorica infarcita di orgoglio nazionale. L’Organizzazione mondiale della sanità è stata fatta bersaglio di reiterate critiche e strumentalizzazioni.

In Europa, la credibilità dell’Unione europea, già gravemente compromessa dalle recenti crisi (economica e migratoria), è stata ulteriormente minacciata da una gestione lenta dell’emergenza, che ha lasciato l’Italia largamente da sola ad affrontare le prime settimane di crisi, rallentando l’attivazione degli strumenti disponibili come il meccanismo europeo di protezione civile. Poco conta che la competenza sulle questioni di salute sia in capo agli stati membri, nel momento in cui l’Unione si è impegnata a monitorare e combattere minacce alla salute transnazionali (art 168.1 Tfue) e a lavorare per una efficace prevenzione e risposta alle pandemie globali (Eu Global Strategy 2016).

La posta in gioco
Inoltre, indipendentemente dalla disputa tecnica sulle competenze, ciò che conta è l’immagine di un sistema politico che, malgrado condivida una moneta unica e una comune cittadinanza per i propri cittadini, fatica a mostrare solidarietà interna (come testimoniato dal rifiuto di adozione di nuove forme di finanziamento come i “coronabond“). La credibilità è una risorsa importante per un attore internazionale, sia per il proprio funzionamento interno che per le proprie relazioni esterne, e questo ennesimo colpo potrebbe essere pagato molto caro, soprattutto se l’emergenza dovesse prolungarsi e gli strumenti economici messi in atto non bastassero ad arginarne gli effetti più negativi. In questo caso, si riprodurrebbe, in forma molto amplificata, lo scenario che si è già visto durante l’ultima crisi economica, cavalcata da forze populiste e anti-europee che si sono ulteriormente rafforzate strumentalizzando la cosiddetta crisi dei migranti nel 2015 e che oggi, lungi dall’essere scomparse, attendono solo il momento per poter cavalcare questa nuova onda di crisi, che rischia di essere assai più alta e distruttiva delle precedenti.

La crisi sta anche permettendo un rafforzamento di tendenze illiberali laddove già esistevano. Segnali sono già evidenti in Ungheria, dove Viktor Orbán non ha perso occasione per chiedere e ottenere pieni poteri, con timide reazioni da parte del resto dell’Europa. Ma nuovi segnali potrebbero presto venire in molti altri paesi europei, nel momento in cui al triste conteggio dei morti si dovesse sommare quello delle vittime per depressione economica e il disagio sociale dovesse degenerare in disordine pubblico.

Non solo, in questo contesto che è legittimo ipotizzare anche una diminuita attenzione (e investimenti) per la difesa europea, con il conseguente arresto dei progetti di collaborazione nel settore della difesa, ma anche con conseguenti rinnovate tensioni con l’alleato statunitense in contesto Nato. È sempre in questo contesto che la capacità di prevenzione e reazione rispetto alle azioni della criminalità organizzata potrebbero ridursi. Ed è ancora sempre in questo contesto che le società europee vedrebbero – invero hanno già visto – aumentata la propria vulnerabilità rispetto a pressioni di attori esterni capaci di utilizzare strumenti di soft power più o meno legittimi (dalle fake news sul coronavirus diffuse da fonti russe alla cooperazione sanitaria cinese che ha l’odore di propaganda con la mascherina).

Una politica estera lungimirante
Dalla risposta efficace, coesa e solidale, almeno da ora in poi, a questa crisi dipende il futuro dell’Unione europea non solo come sistema politico regionale, ma anche come attore credibile sulla scena internazionale. Le due cose, peraltro, sono più legate di quanto siano mai state: la credibilità è ingrediente fondamentale per contare nei contesti internazionali, ma nel contempo, solo un’Ue con capacità di politica estera coesa potrà evitare nuove sfide che possano metterla a rischio.

Giusto per menzionarne una legata all’emergenza di Covid 19, solo un’Ue capace di fare la sua parte per sostenere paesi africani nel fronteggiare un’emergenza per la quale questi ultimi sono decisamente impreparati, potrà costruire le condizione non solo per ricostruire la propria credibilità, ma soprattutto per evitare contagi di ritorno e il pericolosissimo aumento di un atteggiamento già fortemente xenofobo nei confronti degli immigrati, un atteggiamento di cui beneficiano populismi di destra, anti-europeismi e tendenze illiberali.

La sfida che l’Europa ha davanti è di proporzioni immani, poiché richiede la capacità di porre in essere misure coraggiose, solidali e innovative per fronteggiare le difficoltà interne, senza perdere di vista il proprio ruolo internazionale. Il Covid-19 è un’ulteriore chiamata all’Ue per ripensare se stessa e il proprio ruolo nel mondo. Le conseguenze di una mancata risposta sarebbero catastrofiche.

Questo articolo è il settimo di una serie dedicata a una riflessione sul Covid-19 e la sicurezza internazionale, aperta da Vincenzo Camporini e Michele Nones.