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Covid-19 e comunità internazionale: parla Paola Severino

6 Apr 2020 - Paola Severino - Paola Severino

La mia prima reazione quando hanno incominciato a diffondersi le notizie sulla pandemia e sulla sua dimensione è stata che saremmo stati tutti messi alla prova. Non c’era dubbio che, sia dal punto di vista della tenuta emotiva di ciascuno di noi, della tenuta delle regole, della tenuta di noi come cittadini  sottoposti a regole – e lo si capì subito dopo che da Wuhan da epidemia è diventata pandemia ed è arrivata in Italia – saremmo stati tutti vincolati. Le regole di una abitazione forzata in casa a cui nessuno di noi era abituato e con la quale non avevamo mai fatto i conti.

 

 

UNA GENERAZIONE FORTUNATA
Noi siamo una generazione fortunata e questa è l’altra considerazione che mi è venuta subito in mente: noi che siamo nati dopo la guerra abbiamo visto l’Italia soltanto crescere e abbiamo avuto 70 anni di straordinaria mancanza di guerre in Europa. Ci siamo abituati a un mondo nel quale tutto era in crescita, l’ottimismo era fortissimo e ci sentivamo di poter vincere qualunque sfida, soprattutto nel campo medico, in cui mai avremmo messo in dubbio la capacità della nostra medicina, che tante evoluzioni ha avuto, di combattere un fenomeno come quello di un’espansione del virus così forte. E così invincibile, perché per i primi tempi noi siamo stati raggiunti solo da notizie di morte: un numero di morti che crescevano, un numero di ricoverati che saliva.

IL MIO DIRITTO CONFINA CON IL TUO
A quel punto credo che tutti abbiamo capito che l’autoregolamentazione doveva diventare un valore fondamentale. Noi che eravamo abituati a essere in qualche modo eterodiretti, a seguire sì la strada delle regole ma a farlo perché vi era una percezione del dovuto. Qui siamo stati abituati all’autoregolamentazione, cioè a capire che la violazione delle regole faceva male a noi stessi prima che agli altri. Da lì questo concetto di dover mettere in equilibrio tutta una serie di valori: la libertà con la salute e con l’economia. Far combaciare ambiti che solitamente camminano su strade diverse tra di loro. Questo è stato il primo sforzo che come giurista mi è sembrato doveroso fare: dare un’indicazione sul fatto che nessuno si deve sentire privato della libertà per una forma di autolimitazione della libertà stessa in funzione della salute personale e di quella degli altri. Un altro concetto: il margine tra ciò che è mio e ciò che è degli altri, tra il privato e il pubblico si è assottigliato, perché abbiamo capito che la nostra salute sarebbe stata tutelata dagli altri, cioè dal fatto che gli altri si sottoponessero alle stesse regole alle quali noi ci siamo sottoposti. Dunque, un cammino verso l’autoregolamentazione molto forte. Credo che se questo senso di responsabilità che si è creato in questo periodo dovesse rimanere nelle nostre menti sarebbe un grande segnale di crescita per il Paese. Vedo che anche zone nelle quali il tema dell’obbedienza non è fortemente sentito stanno dando prova della capacità di autoregolamentarsi. Questo perché c’è una forma di egoismo che confina con l’altruismo: il mio diritto confina con il tuo. Finalmente, c’è un’esemplificazione di ciò che noi giuristi abbiamo sempre detto: la mia libertà ha un confine nella tua e se le due libertà si mettono insieme tra di loro possono dare un prodotto migliorativo.

MANCANZA DI UN SISTEMA DI MISURAZIONE COMUNE
Queste sono state le prime considerazioni che ho fatto; le altre le ho fatte quando ho cominciato a vedere che circolavano una serie di fake news incomprensibili. Ad esempio, perché circolava una falsa notizia dell’Ansa come quella di questi giorni sul fatto che si fosse costituito un gruppo di eccellenti pronti a intervenire per il salvataggio dell’economia, perché ci sono notizie così false apparentemente provenienti dall’Oms, che ci raggiungevano e ci lasciavano perplessi sul numero delle vittime che si rappresentavano o sul tipo di rimedi… anche qui la domanda è perché? Chi è il burattinaio di queste fake news? Nascono solo per prendersi gioco di noi oppure c’è un disegno più importante dietro? Anche lì mi è nata l’ispirazione di un tema di regole: noi non abbiamo misurato questo fenomeno con regole comuni. Parlo del mondo ovviamente – in Italia abbiamo il nostro sistema di protezione civile che le ha misurate secondo certi parametri. Ma non siamo sicuri quando sentiamo dire che in un altro Paese c’è meno mortalità, ci sono meno contagi, gli infetti sono stati misurati secondo i nostri stessi parametri… non lo ho detto io, ma un’importante virologa che a inizio epidemia ha dichiarato che non verremo fuori da questa epidemia se non troveremo dei sistemi comuni di misurazione. In effetti, non sapremo mai se l’epidemia è sparita in Cina o sta sparendo in Italia, più che nel Regno Unito, in Francia, in Spagna, senza un metro di misurazione comune. Questa è stata la seconda considerazione: allora forse queste fake news servono proprio in assenza di un metro comune a darci percezioni non corrette dei Paesi, a dare l’idea di un Italia più sconfitta di altri Paesi? Il risultato è lo stesso: quello di una “misinformazione“, che sfrutta anche questo tragico evento per affermare una concorrenza tra Paesi che non si svolge in maniere leale. Quello della concorrenza sleale è un fenomeno che abbiamo studiato molto. Normalmente avviene nel campo dell’economia, con regole diversificate, ma oggi vediamo lo stesso fenomeno riferito alla pandemia.

CRIMINALITÀ E POVERTÀ
Infine – è l’ultimo dei sentieri che sto percorrendo – c’è la verifica di come la criminalità stia sfruttando questo periodo. Incominciano a esserci degli allarmi da questo punto di vista. Degli allarmi che ci raggiungono per strade diverse. A me l’ha dato una scuola raggiunta da un video nell’ambito di un progetto, che si chiama “legalità e merito” e che la mia Università sta conducendo, nel quale i nostri giovani sono tutor di legalità in queste scuole. Quella dirigente scolastica mi ha aperto gli occhi, dicendomi “professoressa, qui c’è gente che non ha da mangiare. Il progetto “legalità e merito” può continuare, perché abbiamo i mezzi per farlo, ma la prima cosa alla quale dobbiamo pensare è dare dei pacchi alimentari a queste famiglie, evitando che gliele procuri la criminalità organizzata”. Questo è un allarme terribile, perché, se noi misuriamo l’ampiezza delle aree di povertà oggi in Italia e nelle aree del Sud, abbiamo centinaia di migliaia di candidati alla conquista da parte delle organizzazioni criminose. Avranno un solo soggetto al quale dire grazie: la criminalità organizzata.

CRIMINALITÀ E IMPRESE
D’altra parte, poi ho spostato il mio sguardo al Nord, che ha meno problemi di fame vera, fisica, di mancanza di cibo. Ma il problema della crisi dell’economia è che diventa crisi di liquidità delle aziende. Sulla crisi di liquidità delle aziende o provvede lo Stato, con molta tempestività e con molta forza, oppure provvederanno le organizzazioni criminose, le quali, essendo dotate di capitali immensi – il denaro nero produce fiumi di liquidità – interverranno per il cosiddetto salvataggio di queste aziende o per la loro acquisizione. Così avremo un’economia ancora più inquinata dai capitali illeciti. Anche qui bisogna sempre estendere lo sguardo: non pensiate che in Europa la situazione sia dissimile, perché noi italiani siamo consapevoli di questi fenomeni e li abbiamo combattuti a lungo. Per noi l’invito è di non abbassare la guardia, mentre ci sono Paesi che hanno erroneamente ritenuto che i fenomeni della criminalità non li potessero raggiungere, dunque hanno una legislazione molto più debole della nostra. Il denaro nero non ha confini, così come non li ha il coronavirus. Dunque, un inquinamento dell’economia delle imprese a livello europeo comporterebbe dei risultati disastrosi. Ancora una volta c’è un invito affinché le nostre legislazioni si armonizzino, come dovrebbero anche i criteri di misurazione di questo virus: se non usiamo le stesse regole credo che combatteremo questo fenomeno con molta meno efficacia perché avremo le armi spuntate.

Questo testo è la trascrizione dell’audio della terza puntata del nuovo ciclo dei podcast IAI dedicati a Covid-19 e comunità internazionale. Ascolta qui la #1 e la #2 puntata