IAI
Covid-19 in India, Pakistan, Bangladesh

Una bomba socio-economica per il subcontinente indiano

26 Mar 2020 - Francesco Valacchi - Francesco Valacchi

L’India ha finalmente approcciato in maniera decisa l’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del Covid-19: è stato imposto un vero e proprio isolamento completo dal 25 marzo con una durata prevista di 21 giorni in tutto il Paese. Islamabad e Dacca invece, dal canto loro non affrontano, almeno di primo acchito, l’emergenza allo stesso modo.

Il primo ministro indiano Narendra Modi ha imposto un lockdown comprendente misure estremamente restrittive (vietata in pratica ogni tipo di attività non legata alla sopravvivenza, all’informazione e alla sanità), che è stato prontamente identificato dalla stampa internazionale come “il più grande lockdown della storia“. Il ministero dell’Interno indiano ha disposto l’applicazione delle misure restrittive affidandone la messa in atto e il controllo a dirigenti delle amministrazioni locali che godono di pieni poteri e funzioni di commissari dell’emergenza.

L’implementazione delle misure sarà comunque uno sforzo sovrumano per un Paese di 1,3 miliardi di abitanti, con aree urbane sovrappopolate e larga parte della popolazione senza la sicurezza di accesso giornaliero ai mezzi di sussistenza.

La situazione in Pakistan
Il 25 marzo il premier pakistano Imran Khan ha affermato la necessità di coordinamento fra le misure di contenimento attuate a livello delle amministrazioni provinciali, al contempo ripetendo di considerare una misura estrema (come quella indiana) troppo rischiosa per l’economia. La preoccupazione per Islamabad sembra essere lo scambio commerciale e di rifornimenti fra le sue varie province, considerando la grande compartimentazione delle zone montane.

Tuttavia, anche nella Repubblica islamica, dove il virus sembra essere giunto dall’Iran, i casi accertati cominciano a salire di numero (superati i mille contagi). Tenendo conto che con ogni probabilità il sistema sanitario del Paese non è all’altezza di affrontare un aumento dei contagi importante e che comunque le strutture sanitarie di medio livello risultano non raggiungibili con facilità per quella parte di popolazione, circa il 20%, che vive in regioni di montagna spesso remote, sarà un problema di non facile soluzione comprendere fino a che punto dovranno estendersi le misure.

Blocco parziale in Bangladesh
In Bangladesh, a seguito delle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, il governo ha imposto il blocco selettivo dei trasporti e delle attività scolastiche e universitarie ma non ancora delle attività produttive: misure generali ma meno restrittive rispetto all’India. Dacca sta ottenendo concreti aiuti dalla Cina, ad esempio nel campo delle misure di protezione individuali necessarie per i lavoratori ancora all’opera.

La situazione, pur se gestita dall’amministrazione centrale (che potrebbe arrivare al blocco delle attività produttive), si presenta comunque di estrema gravità: lo Stato è il decimo al mondo per densità di popolazione, dopo micro realtà come Hong Kong, il Vaticano e Macao, e si stanno incontrando resistenze a un completo lockdown da parte dell’opinione pubblica. Si potrebbe, quindi, arrivare ad una situazione di difficile gestione.

Asia del sud e pandemia di Covid-19
Anche se non verrà stravolto l’ordine mondiale, sicuramente l’Asia del sud subirà un gigantesco cambiamento degli equilibri: l’economia indiana, già in cattive acque, subirà senza dubbio un poderoso contraccolpo. L’intero subcontinente indiano, che approssimativamente ospita una popolazione di circa 1,8 miliardi – larga parte della quale con un ridotto accesso alle risorse primarie e alle cure sanitarie basilari – è altresì riserva strategica di lavoro per diverse catene globali di valore, le quali spesso traggono vantaggio comparato comprimendo i costi del bene lavoro con pratiche di sfruttamento.

La commistione di questi fattori rappresenta pertanto una bomba socio-economica innescata e sull’orlo dell’esplosione. La soluzione al drammatico dilemma di commisurare il blocco alle esigenze reali e immediate della popolazione, se c’è, non è comunque poco dolorosa. Se da una parte l’India ha imposto il blocco totale, creando i presupposti per una soluzione meno lenta della pandemia, dall’altra si devono analizzare quali saranno gli effetti collaterali per oltre un miliardo di esseri umani con una ricchezza media molto inferiore a quella occidentale e come questi andranno a incidere sul controllo diretto delle misure.  Un ulteriore aspetto da considerare è sicuramente la necessità di coordinamento tra i tre maggiori attori dell’area che, se non implementata, rischia di vanificare le misure su una porzione di popolazione che rappresenta circa un quarto di quella del pianeta (senza avere la disponibilità di accesso alle risorse e una organizzazione comparabili a quelle della Cina).

È chiaro che la soluzione della pandemia passerà dalla risposta del subcontinente indiano, così come è evidente che i presupposti non siano dei migliori. Per l’immediato futuro sembra molto probabile che il ruolo dell’India verrà ridimensionato e nel vuoto lasciato da New Delhi dovrà in un certo qual modo inserirsi una nuova realtà, capace di un ruolo di contraltare alla potenza cinese ma anche, è auspicabile, di security provider. Ma questi sono interrogativi che vale la pena di considerare in futuro.