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COREA DEL NORD E COVID-19

Pyongyang lancia missili in piena pandemia

18 Mar 2020 - Pierfrancesco Moscuzza - Pierfrancesco Moscuzza

La tensione nella regione Asia-Pacifico è recentemente aumentata per via della pandemia di Covid-19. Nello specifico, si è intensificato il livello di allerta a causa dei nuovi test missilistici effettuati dalla Corea del Nord in concomitanza con l’emergenza internazionale.

Il regime di Pyongyang ha eseguito due lanci di missili a distanza ravvicinata, il 2 e il 9 marzo. Il secondo in particolare, effettuato dalla città orientale di Sondok, ha destato maggiori preoccupazioni. Infatti, secondo i capi di Stato maggiore di Seul, i missili hanno viaggiato per 200 km raggiungendo un’altitudine di circa 50 km per poi inabissarsi in un punto a confine con il mar del Giappone. Il presidente cinese Xi Jinping è intervenuto dicendo che vi è la necessità di riaprire il tavolo dei negoziati tra Pyongyang e Washington.

I nuovi test missilistici arrivano in un momento complicato per le relazioni internazionali, per via della pandemia di Covid-19, della guerra commerciale con gli Stati Uniti, dello stallo del processo di pace nella penisola coreana, delle rinnovate tensioni tra Giappone e Corea del Sud, e per le tensioni geopolitiche tra Cina e Russia –membri della Shanghai Cooperation Organization (Sco)e gli alleati degli Stati Uniti nella regione (Giappone, Corea del Sud e Taiwan).

Gli ultimi test missilistici nordcoreani sono arrivati cinque giorni dopo una lettera personale che Kim Jong-un aveva inviato al suo omologo sudcoreano Moon Jae-in, con la quale aveva augurato di superare la crisi causata dal Covi- 19 in un apparente gesto di riconciliazione. L’ufficio presidenziale di Seul ha replicato accusando Pyongyang di aumentare le tensioni, affermando che i test missilistici non aiutano il processo di pace nella penisola coreana. Allo stesso tempo, la Corea del Sud ha ripreso le esercitazioni militari, nonostante la pausa voluta dagli Stati Uniti per evitare nuovi contagi tra il personale militare statunitense.

Pyongyang non è immune al virus
La Corea del Nord si trova esattamente in mezzo ai due principali focolai d’infezione del Covid-19, la Corea del Sud e la Cina. Il regime di Pyongyang ha finora negato di essere stato toccato dal virus ma ci sono molti segni che fanno pensare il contrario.

Il primo è la tempistica dei lanci. Dopo gli ultimi test missilistici del novembre 2019, nei primi giorni di gennaio il leader nordcoreano Kim Jong-un aveva annunciato la sospensione dei negoziati e la ripresa dei test balistici, accusando gli Stati Uniti di aver condotto le trattative sul processo di pace in una fase di stallo e di aver inasprito le sanzioni commerciali verso Pyongyang. Nonostante il clamore suscitato nei media, il regime nordcoreano non ha dato immediatamente seguito alle minacce. La spiegazione di tale passo indietro potrebbe essere un veto di Pechino, che a gennaio si trovava nel pieno della crisi da Covid-19. Dalle notizie ufficiali sappiamo che il presidente cinese Xi Jinping fu avvisato dell’esplosione epidemica per la prima volta il 7 gennaio, quando l’emergenza era ormai fuori controllo e diventata di carattere nazionale, coinvolgendo anche Hong Kong e Singapore.

I due nuovi test missilistici arrivano in concomitanza del rallentamento dei contagi in Cina. Secondo il parere di molti analisti ciò potrebbe essere un segnale del regime nordcoreano per attirare l’attenzione su di sé in un momento di crisi senza però mostrare segni di debolezza. A confermare questa ipotesi c’è un’informativa dei servizi di sicurezza sudcoreani, secondo la quale la Corea del Nord è stata investita da importanti focolai d’infezione di Covid-19, uno dei quali è scoppiato all’interno di una caserma colpendo più di 200 militari.

Gli indizi del contagio
La notizia sembra trovare dei riscontri positivi nella condotta del regime nordcoreano, che dopo aver chiuso i confini ha messo in isolamento tutte le missioni diplomatiche straniere per evitare ogni possibile fonte di contagio. Tale misura ha causato le proteste dei Paesi toccati dal provvedimento, che hanno richiamato il loro personale diplomatico. Tra questi vi sono Germania, Francia e Svizzera.

Il sospetto è che l’isolamento delle sedi diplomatiche sia finalizzato a nascondere il livello reale di diffusione dell’epidemia, per non mostrare segni di debolezza all’esterno in un momento di crisi globale senza precedenti.

A prescindere dall’aspetto politico della questione, ciò che preoccupa le organizzazioni umanitarie – quali Medici Senza Frontiere – sono la malnutrizione cronica che affligge il popolo nordcoreano e la fragilità del sistema sanitario nazionale. La situazione è resa ancora più difficile dalle sanzioni internazionali alle quali è sottoposto il regime di Pyongyang. Tutto ciò spiegherebbe ulteriormente la tempistica dei test balistici, mirati a forzare la mano di Trump per ritornare al tavolo delle trattative. Se questa era l’intenzione originaria del leader nordcoreano, sembra che abbia funzionato perché il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha invitato la Corea del Nord a evitare provocazioni e a riannodare le trattative sul processo di de-nuclearizzazione.

Nel frattempo, mentre il tasso di contagi sembra lentamente diminuire, nonostante l’accendersi di nuovi focolai di infezione nella capitale Seul e nella città di Daegu, il governo sudcoreano ha ripreso a negoziare con gli Stati Uniti per decidere il proprio contributo alla spesa per la difesa della regione. Le trattative riprendono dopo due mesi di stallo e dopo le tensioni con il governo nipponico che hanno portato all’interruzione dell’accordo di intelligence sharing tra Seul e Tokyo.