Parlamenti “in pausa” e mascherine sequestrate: il coronavirus nei V4
I quattro Paesi del Gruppo di Visegrád stanno reagendo all’emergenza coronavirus con misure severe volte a contrastare la diffusione del contagio. Tutti hanno risposto alla crisi con la chiusura delle frontiere, delle scuole, delle università, dei luoghi di svago e di diversi esercizi commerciali. Di fatto, però, anche in questi Paesi le misure di contenimento risultano essere state prese in ritardo.
Pieni poteri a Orbán
Come previsto, il Parlamento ungherese ha approvato con 138 voti favorevoli – 53 quelli contrari – il disegno di legge che dà pieni poteri al primo ministro Viktor Orbán per contrastare la diffusione del Coronavirus. Il premier potrà governare per decreti senza limiti di tempo, imporre una “pausa forzata” dei lavori parlamentari se lo riterrà opportuno, cambiare e sospendere leggi attualmente in vigore e bloccare le elezioni. Spetterà a lui decidere quando porre fine allo stato di emergenza. Sono inoltre previste pene detentive che vanno da uno a cinque anni per quanti diffondessero notizie false. Il voto in aula avrebbe dovuto aver luogo all’inizio della settimana scorsa ma per l’approvazione con urgenza era necessaria una maggioranza di 165 pareri favorevoli allorché ne erano stati ottenuti 135 che però risultavano sufficienti per l’approvazione con procedura ordinaria. Quel che, di fatto, è accaduto.
L’opposizione aveva chiesto che venisse inserito nel testo il limite di 90 giorni ai pieni poteri, cosa respinta da Orbán. Ora il leader socialista Bertalan Tóth parla di “dittatura senza maschera“. Prosegue, quindi, il percorso dell’attuale governo ungherese verso un sempre maggiore controllo della vita pubblica del paese. A oggi le autorità ungheresi dichiarano 492 contagi da coronavirus, 16 decessi, 37 guarigioni e 61 quarantene. Per difendere la popolazione hanno decretato la chiusura temporanea delle scuole, dei centri culturali e dei luoghi di intrattenimento. Solo i cittadini ungheresi possono attraversare la frontiera. Il primo ministro Viktor Orbán sostiene che la diffusione del virus in terra magiara è dovuta alla presenza di studenti iraniani che frequentano università ungheresi e che hanno trascorso un periodo in patria. Tornando in Ungheria, i medesimi avrebbero diffuso il contagio, secondo i governanti. All’inizio di marzo l’esecutivo aveva sospeso l’accesso dei richiedenti asilo alle zone di transito, per motivi sanitari, attirandosi la critica di approfittare di questa crisi per accanirsi sui migranti e privarli dei loro diritti.
Giuramento anti Covid-19 a Bratislava
Nel momento in cui questo articolo viene scritto Bratislava dichiara dieci nuovi casi che portano a 340 il numero complessivo delle persone contagiate. Nel paese, l’uso della maschera è obbligatorio per chi esce di casa, mentre le persone in fila di fronte ai negozi devono osservare una distanza di almeno due metri le une dalle altre. Dal 30 marzo è, inoltre, obbligatoria la misurazione della temperatura all’ingresso di negozi, ospedali e fabbriche. Tutti gli esercizi commerciali resteranno chiusi la domenica per dar luogo alla sanificazione dei locali e consentire al personale di riposare. I collegamenti ferroviari gratuiti per gli studenti sono soppressi fino alla riapertura delle scuole e risulta prolungato, fino a data da definirsi, il divieto di tenere manifestazioni di massa. I collegamenti ferroviari restano gratuiti per gli anziani i quali, però, sono invitati a evitare i mezzi di trasporto.
L’esecutivo esorta le persone di oltre 65 anni di età a non uscire di casa se non per necessità indifferibili. I controlli preventivi alle frontiere sono stati introdotti lo scorso 9 marzo; nelle scorse settimane le autorità slovacche avevano anche disposto che i cittadini tornati dalla Cina, dall’Italia e dalla Corea del Sud osservassero una quarantena. 1.650 gli euro di multa per quanti non rispettassero tale misura.
Il caso del sequestro delle mascherine dirette in Italia
Nella Repubblica Ceca le limitazioni al movimento delle persone, già adottate e inizialmente previste fino al 23 marzo scorso, sono state prolungate fino al prossimo primo aprile. Il governo ha anche approvato una serie di misure a sostegno di lavoratori dipendenti, liberi professionisti e agricoltori. Per il resto, le autorità del paese invitano la gente a non uscire di casa se non per motivi giustificati: fare la spesa, andare in farmacia o al lavoro anche se, in quest’ultimo caso, il premier Andrej Babiš esorta i suoi connazionali a lavorare da casa o a prendere un periodo di ferie, se possibile. Gli altri inviti sono a evitare di prendere i mezzi pubblici e di creare assembramenti.
Recenti statistiche rivelano che tre cechi su quattro si sentono minacciati dal coronavirus e che il 91% di essi condivide le misure adottate dal governo. I primi casi di contagio da Covid-19, nella Repubblica Ceca, risultano risalire al 5 marzo scorso. Da allora, secondo le autorità sanitarie, il numero delle persone infettate è aumentato di continuo. A oggi, si apprende di 3.002 casi confermati di contagio, 24 i decessi e 25 le persone curate con successo. Nei giorni scorsi la Repubblica Ceca è stata al centro del caso riguardante le mascherine provenienti dalla Cina e destinate all’Italia e sequestrate sul suo territorio. Sull’episodio è stata avviata un indagine di polizia di cui il governo attende la conclusione. All’inizio della settimana, Praga aveva annunciato alle autorità italiane l’invio di 110mila mascherine provenienti dalle scorte nazionali. Il numero corrisponderebbe a quello delle maschere di protezione che sarebbero dovute arrivare in Italia precedentemente.
La Polonia conferma le presidenziali di maggio
A differenza degli altri tre membri del V4, la Polonia aveva inizialmente dichiarato l’emergenza epidemiologica, ma lo scorso 24 marzo è passata allo stato di emergenza. Nei giorni scorsi Il Manifesto si è riferito a un articolo controverso uscito sul principale quotidiano polacco Gazeta Wyborcza che criticava la “mancanza di disciplina in Italia” nella circostanza della crisi sanitaria, provocando la reazione dell’ambasciata italiana a Varsavia, e all’annuncio della catena di mini-market Zabka di bloccare l’importazione di prodotti italiani. È stato invece smentito dall’ambasciata polacca a Roma il caso delle oltre 23mila mascherine destinate alla regione Lazio e bloccate in Polonia secondo l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato. Il ministero degli Esteri polacco ha parlato di “fake news” e l’ambasciata italiana a Varsavia ha negato l’esistenza di un incidente simile a quello avvenuto nella Repubblica Ceca.
Per il resto, le autorità denunciano 2.132 casi di contagio e risultano essere severe le restrizioni ai movimenti delle persone che possono uscire solo per necessità inderogabili: spesa, farmacia, visita dal medico, lavoro, assistenza ai propri cari e per le necessità fisiologiche del proprio cane. Seguono limitazioni ai raduni, all’uso dei mezzi pubblici con controlli da parte della polizia coadiuvata dall’esercito e multe, in caso di mancato rispetto delle disposizioni, la cui cifra arriverebbe fino ai 5.000 złoty (poco più di 1.000 euro).
Sul fronte politico sarebbe confermata, al momento, la data del 10 maggio per le elezioni presidenziali. Il PiS non ha mai visto di buon occhio l’opzione del rinvio chiesta, tra l’altro, da quattro candidati dell’opposizione; d’altra parte si prevede che il presidente in carica Andrzej Duda, esponente del partito, ottenga un secondo mandato forse già al primo turno. Le considerazioni dei critici sono che in un simile scenario non ci sarà modo di dar luogo a una campagna elettorale come si deve e che l’affluenza alle urne, il 10 maggio, sarebbe inevitabilmente molto scarsa.