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DONNE E DIPLOMAZIA IN COLOMBIA

La nuova vita della Colombia, tra economia ‘arancione’ e tradizioni

9 Mar 2020 - Serena Santoli - Serena Santoli

Una passione tra lo sport, la carriera e il caffè. Da sorseggiare in compagnia e mai di fretta, anche se Gloria Isabel Ramírez Ríos, prima donna ambasciatrice colombiana in Italia, di tempo sembrerebbe averne davvero poco. Ma gli impegni di lavoro che svolge a Roma, che per lei rappresenta la sua seconda casa, non la spaventano affatto; anzi, aumentano il suo desiderio di “fare sempre di più”. Il suo passato ci suggerisce il perché: “Ho lavorato con il presidente Álvaro Uribe, con il presidente Andrés Pastrana e adesso con il presidente Iván Duque. Ero la sua consulente per la comunicazione”. Fiera di essere colombiana, pur ammettendo che i problemi politici del suo Paese d’origine “ci sono ancora eccome”, sogna di voler portare più investimenti italiani in Colombia e di agevolare lo sviluppo dell’economia ‘arancione’, quindi della creatività, della tecnologia e delle start-up.

 

 

Ambasciatore, per decenni le Farc hanno portato avanti attività di guerriglia contro Bogotà e solamente con un difficile accordo di pace, firmato nel 2016, la Colombia ha raggiunto la cessazione delle ostilità e la smobilitazione del gruppo di ideologia marxista, che si è poi trasformato in partito politico. Quali punti devono ancora essere risolti?
“L’accordo con la Farc è stato sì molto importante, ma ci sono ancora dei problemi irrisolti con dei dissidenti. Questo governo ha continuato a fare ciò che era previsto dall’intesa. Ci aspettiamo che anche loro riusciranno a rispettare i patti, quindi che i minori siano riportati a casa, che i soldi siano restituiti alle vittime del conflitto e che altri punti dell’accordo si riescano a considerare”.

Oggi la situazione in Colombia qual è? Dal punto di vista politico sembrerebbe che il Paese stia chiedendo una nuova offerta politica, forse perché quella attuale non è stata in grado di fornire ai cittadini risposte convincenti a problemi di lungo periodo, quali corruzione, disuguaglianze e lotta al narcotraffico.
“Questa è una domanda molto importante, perché il governo ha fatto tutto quello che poteva. C’è un problema con le Farc, che, ricordiamolo, sono i dissidenti e i narcotrafficanti. Vanno fermati e loro devono fornire tutti i soldi alle vittime. Il governo Duque ha messo in piedi un programma importantissimo per fermare le illegalità, come le coltivazioni di cocaina. L’attuale esecutivo sta facendo enormi sforzi per la diminuzione delle coltivazioni illecite”.

Ci sono stati anche dei casi che hanno destato stupore, come quello della 17enne uccisa perché scambiata per una guerrigliera nel 2006. Questa situazione, ossia di avere minori e donne che possono essere uccisi in guerra, può essere una nota dolente per il Paese che difficilmente se ne può dimenticare?
“La situazione in Colombia adesso è migliorata tantissimo. Come detto, ci sono ancora bambini tra le mani delle Farc che quest’ultimi, come stabilito, devono restituire. Era uno dei compromessi che loro avevano accettato. Però la vita in Colombia adesso è più serena, dal punto di vista della sicurezza, ma anche sotto l’aspetto economico e giuridico. Vantiamo una democrazia secolare e soprattutto un futuro economico promettente, con un 3,5% di crescita, dato difficile da trovare altrove. Oggi Bogotà offre tantissimo e i problemi, come scioperi e proteste, che si verificano dappertutto, si risolvono facilmente”.

Invece, per quanto riguarda le donne che hanno preso parte “armata” in Colombia? Oggi potrebbero ricordarsi momenti di combattimento, di lotte.
“Ci sono tanti atti contro le donne nella guerriglia e tante richieste ai guerriglieri di lasciarle fuori, in particolar modo le minori, perché le illegalità e le violazioni della Farc sono presenti. Si sta cercando di intervenire anche sotto questo aspetto”.

Il presidente colombiano ha incontrato in questi giorni il capo di Stato americano Donald Trump. Il nocciolo del discorso fra i due è stato il problema del Venezuela, tra le frontiere più calde al mondo, attraversata da gente comune e contrabbandieri.
“Noi abbiamo sempre avuto un buon rapporto con gli Stati Uniti. È vero che è aumentato il narcotraffico negli ultimi otto anni, però la relazione con questo governo è abbastanza buona e gli Usa sono sempre stati un alleato rilevante per la Colombia. Adesso abbiamo un grande problema, il Venezuela, e perciò abbiamo bisogno di aiuto e di instaurare un buon dialogo, non solo con loro, ma anche con l’Europa. Quello che viviamo con Caracas è un nodo enorme per la Colombia. A oggi sono quasi un milione e mezzo i venezuelani arrivati da noi in meno di due anni. È una migrazione difficile”.

Nonostante tutto la Colombia cerca di voltare pagina e uno dei punti a favore è proprio l’economia.
“Ci siamo diretti verso altri mercati, diversi dal Venezuela, da sempre un socio importante. Al momento abbiamo trattati di libero commercio con Bruxelles, Washington e con quasi tutto il mondo. Le esportazioni e il commercio in generale sono stati decisivi e ci hanno trasformati in un paese interessante dal punto di vista economico e giuridico, dove ci sono tanti investimenti provenienti dall’estero. Abbiamo fatto crescere molto anche il turismo, l’agricoltura, la moda e quello che il nostro presidente chiama l’economia arancione, ossia la creatività, la tecnologia, le start-up. Tutti punti molto importanti per la crescita a tutto tondo del paese”.

Che cosa la riporta tutti i giorni in Colombia, pur stando in Italia?
“Il caffè mi ci riporta, pur essendo molto diverso. La mia “bandiera” è che in Italia, in Europa e in tutto il mondo si deve bere più caffè di origine. Per me è difficile trovare un caffè 100% colombiano. Questa dovrebbe essere una cultura simile a quella del vino, e promuoverla è un mio obiettivo. Vi racconto una storia sul caffè: una coppia di italiani, che vive a Montecarlo, ha deciso di fare un programma sociale per avere il caffè della Colombia. Hanno quindi comprato un appezzamento di terra nel mio Paese, in un posto che era pericolosissimo, dove ci sono vaste coltivazioni di coca, chiamato El Catatumbo. Questa coppia è venuta lì, ha iniziato a coltivare il caffè e ad avere una torrefazione completa. Esportano il caffè in Italia e lo vendono, poi tutti i ricavi vanno a questa fondazione: è una azione di grande responsabilità sociale”.

Oltre questo, quali sono le altre missioni di cui si sente portatrice?
“L’investimento, nel senso di voler portare più investimento italiano in Colombia e viceversa. Un’altra cosa che mi viene alla mente ogni domenica è che i veri ambasciatori in Italia sono i calciatori: Zapata, che ha fatto tre gol la scorsa domenica, e Muriel. Infine, è un orgoglio per me dirvi che sono la prima donna ambasciatrice colombiana in Italia, mentre un’altra cosa importante è che non sono diplomatica di carriera, ma vengo dal mondo politico, della comunicazione e ho scelto proprio l’Italia come Paese per diventare ambasciatore. Infatti, sono un’imprenditrice, ho avuto una carriera nella comunicazione, con un’azienda di public relations e di marketing politico per 30 anni”.

Qual è il luogo più caratteristico del suo Paese? Dove porterebbe una persona che arriva in Colombia per la prima volta?
“Sono tanti i luoghi meravigliosi: la parte caraibica è bellissima, ma anche la mia zona, Pereira, che è il cuore della zona produttiva del caffè. Mio padre è un cafetero, dunque io sono una vera cafetera. Per questo in Italia mi sento a casa, più che in Spagna, perché tra i nostri due popoli ci sono tante somiglianze: la musica, la frutta, il cibo. Il rapporto è molto buono e tutta questa vicinanza è una cosa che apprezzo molto, a partire dalla gentilezza italiana. Noi colombiani qui ci sentiamo a casa”.