La difesa collettiva ai tempi del Covid-19
Pandemie come il Covid-19 mettono direttamente a rischio sia la sicurezza personale degli individui, sia quella collettiva della società in quanto tale. Tutto il resto passa quindi giustamente in secondo piano. Ma non scompare. Piuttosto si sospende, rallenta, si riduce o si adatta nella misura del possibile.
Basti pensare al contrasto alla criminalità, che certo in Italia non avviene oggi come un mese fa ma che nemmeno può essere messo completamente da parte. Oppure al funzionamento della filiera agroalimentare e farmaceutica, degli approvvigionamenti energetici, del sistema bancario, insomma di tutte quelle infrastrutture critiche che ci permettono di restare a casa con energia elettrica e connessione internet, o di trovare generi alimentari e farmaci quando usciamo per fare la spesa.
In tempi di straordinario cambiamento della vita quotidiana e di incertezze sulla pandemia, ciò che passa in secondo piano viene frequentemente visto alla luce del Covid-19 e delle relative ansie, con effetti spesso distorsivi. Inoltre, proprio perché non in primo piano, si ignorano, semplificano e deformano gli aspetti, le cause e gli effetti.
Smart working Nato ed esercitazioni militari
È questo il caso della percezione delle attività militari alleate in corso in Europa nonostante il Covid-19. Le circa 5.000 unità Nato presenti dal 2015 in Polonia e Paesi Baltici, su richiesta di tali Paesi, per dissuadere un eventuale colpo di mano russo sul modello Crimea 2014, hanno continuato la loro attività. Così come non si sono fermate le aeronautiche incaricate della protezione dello spazio aereo europeo, o le marine che pattugliano i mari adiacenti all’Europa garantendo sicurezza e libertà di navigazione. Il tutto, prendendo le misure possibili per ridurre i contatti personali e quindi il rischio contagio, a partire dal lavoro in remoto per parte dello staff di quartieri generali, comandi e agenzie Nato.
In questo contesto si colloca l’esercitazione militare Defender Europe 20, guidata dagli Stati Uniti con la partecipazione sia di singoli stati europei sia delle strutture Nato. L’iniziativa serve a testare e mostrare la capacità di far arrivare tempestivamente rinforzi dagli Usa in Europa centrale e orientale, in caso di attacco russo. Ha un carattere quindi assolutamente difensivo, e circoscritto al territorio dei Paesi alleati. Proprio per testare un credibile meccanismo di difesa rispetto alle forze russe già schierate ai confini della Nato, Defender Europe 20 prevedeva il dispiegamento di ben 20.000 soldati americani, e la mobilitazione di diversi assetti in grado di combattere un conflitto ad alta intensità, inclusi mezzi pesanti.
L’epidemia coglie di sorpresa e cambia le percezioni
Come tutte le esercitazioni di questo genere, Defender Europe 20 è stata pianificata con molti mesi di anticipo, quando una pandemia come il Covid-19 non era minimamente immaginabile.
L’inimmaginabile si è però verificato, e ha colto di sorpresa Italia, Europa e Occidente. Una sorpresa che ha indotto repentini cambiamenti nelle percezioni e nelle politiche dei governi. Basti pensare alla Francia, che domenica scorsa ha chiamato 47 milioni di elettori ai seggi nonostante il rischio contagio, per poi imporre il giorno dopo drastiche restrizioni ai movimenti. O al Regno Unito, dove c’è stata una radicale retromarcia rispetto all’approccio dell’immunità di gregge che, secondo lo stesso servizio sanitario britannico, avrebbe comportato tra gli 80.000 e i 500.000 decessi.
Nel clima di cambi repentini e spiazzanti di percezioni collettive si collocano sia le interpretazioni distorte di Defender Europe 20 sia la problematica posizione dei suoi responsabili. Sul primo fronte, tra le letture più assurde si annovera la volontà americana di portare il virus in Europa, che cozza con una realtà che vede già sul suolo europeo un numero di casi dieci volte maggiore che negli Stati Uniti.
Una realtà più semplice e più problematica
La realtà è al tempo stesso più semplice e più problematica. Semplice, in quanto non c’è nessun complotto o vaccino segreto in mano agli Stati Uniti, ma solamente l’attuazione di un’attività pianificata da tempo e importante per la difesa collettiva dell’Europa. Problematica, perché si svolge ai tempi del coronavirus.
Si doveva sospendere Defender Europe 20? Forse. Dipende dalla valutazione dei rischi. Da un lato, si sarebbe ridotto il pericolo di contagio tra il personale militare. Dall’altro, si sarebbe mandato un segnale di debolezza riguardo proprio alla capacità occidentale di difendersi in tempo di crisi, aumentando il rischio per gli alleati dell’Europa orientale che temono molto di più la Russia del Covid-19. Qui le percezioni, a livello di individuo così come di classe dirigente, pesano, e variano da Paese a Paese e di giorno in giorno. D’altronde, Uefa ed Europa League sono state sospese solo il 13 marzo, e solo il 18 marzo sono stati rinviati gli europei di calcio.
Alla fine i vertici militari americani hanno preso una decisione di compromesso. Eliminare le attività non essenziali collegate a Defender Europe, come le esercitazioni minori: Dinamic Front, Joint Warfighting Assessment, Saber Strike e Swift Response. Ridurre il numero di personale statunitense inviato in Europa, e rimpatriarne già ora una parte. Aumentare per quanto possibile le misure anti contagio. Ma tenere comunque l’esercitazione. Di fronte alla pandemia, tutto il resto passa in secondo piano. Ma non scompare. E bisogna continuare a metterlo a fuoco per poterlo comprendere e gestire.