Coronavirus: tenuta socio-economica a rischio in Ecuador
Quito (Ecuador) – La partita contro il Covid-19 si gioca anche in America Latina, dove il numero dei contagi si è impennato nelle ultime settimane. Riuniti in teleconferenza, i capi di Stato di Argentina, Uruguay, Brasile, Paraguay, Bolivia, Cile, Perù, Colombia ed Ecuador si sono impegnati ad elaborare strategie comuni per fronteggiare l’emergenza, da decidere nelle prossime settimane.
In Ecuador, al 14 marzo risultavano esserci 14 contagiati, di cui un deceduto. Tuttavia, la Società ecuadoriana di salute pubblica aveva espresso preoccupazione per le poche informazioni e la mancanza di controlli. Allo stesso tempo, il presidente della Repubblica, Lenín Moreno, aveva obbligato all’isolamento di 14 giorni i passeggeri dei voli provenienti da Cina e Europa; collegamenti sospesi poi a partire dal 15 marzo. Inizia così una campagna di tamponi nelle strutture sanitarie pubbliche, effettuati in presenza di sintomi e dando precedenza agli anziani, e l’annuncio delle prime misure: chiusura delle scuole, sospensione delle lezioni universitarie, altamente consigliato il telelavoro. Vietati assembramenti, sospese le funzione religiose.
In un discorso al Paese il 15 marzo, Moreno proclama lo stato d’eccezione – già utilizzato a fine ottobre per sedare le proteste di piazza dopo le strette governative di contrasto al crollo del prezzo del petrolio – invitando al rispetto delle nuove misure in vigore dal 17 marzo al 5 aprile. I provvedimenti ricalcano quelle di alcuni Paesi europei: spostamenti a piedi o auto consentiti solo per acquisto di beni necessari o per andare a lavoro; chiusi gli esercizi di ristorazione (ma garantito il servizio a domicilio), telelavoro per uffici pubblici e aziende.
Il vicepresidente di Moreno, Otto Sonnenholzner – onnipresente sui media e ormai voce di riferimento nella gestione dell’emergenza – ha detto alla Cnn che saranno garantiti alcuni servizi di base come i trasporti pubblici per i lavoratori del settore sanitario, agroalimentare e delle infrastrutture essenziali. Saranno inoltre distribuite le scorte alimentari nazionali e aumentati i beneficiari dei finanziamenti cash-in-hand del governo. Le imposte dei prossimi mesi verranno dilazionate. Ed entra in vigore il coprifuoco, inizialmente dalle 21 alle 5, anticipato poi alle 19.
Lo stato dei contagi
Il 22 marzo, il Comitato delle operazioni dell’emergenza nazionale (Coe) ha confermato 789 casi (ospedalizzati e non), di cui 15 in prognosi riservata, 14 vittime, 3 guariti. Nella provincia di Pichincha i casi sono 60, di cui 59 nella capitale Quito (2,5 milioni di abitanti). La partita contro il virus si gioca però soprattutto nella provincia meridionale di Guayas, che registra oltre il 75% dei casi (607): 408 nella sola Guayaquil (3,6 milioni di abitanti), centro economico-commerciale del Paese. Nella provincia vige il coprifuoco già dalle 16.
Secondo Sonnenholzner, i contagi nella provincia di Guayas sono dovuti al mancato isolamento obbligatorio dei locali di ritorno dalle vacanze in Europa e Stati Uniti. Il ministro della Difesa Oswaldo Jarrin ha inoltre accusato la popolazione di non seguire le indicazioni del governo. Su raccomandazione dello stesso Jarrin, la ministra dell’Interno María Paula Romo ha dichiarato la provincia del Guayas “zona di sicurezza nazionale“, in cui si prevedono ulteriori misure restrittive sotto il controllo di polizia, Forze armate e ministero della Salute, racchiuse in un piano d’azione attualmente sotto vaglio del Coe.
La situazione sanitaria resta precaria. Sonnenholzner ha confermato che l’Ecuador dispone di soli mille posti di terapia intensiva. Il già fragile sistema sanitario di Guayaquil è ormai saturo, e il quotidiano Expreso riporta che i pazienti con patologie meno gravi vengono trasferiti in ospedali fuori dalla provincia. Mancano inoltre mascherine e tamponi: la Cina si impegnerà a fornirne una parte.
Le tensioni politiche e il nodo petrolio
Le tensioni politiche sono alte sia con i governi periferici sia dentro i dicasteri. Il 18 marzo la sindaca di Guayalquil, Cynthia Viteri (risultata poi positiva al coronavirus), si é opposta alla decisione di Sonnenholzner di autorizzare l’atterraggio a Guayalquil di un volo umanitario Iberia, proveniente da Madrid con 11 membri dell’equipaggio e destinato a riportare in Spagna 190 cittadini spagnoli. Appellandosi al vigente blocco dei voli e al timore che l’equipaggio fosse già contagiato, Viteri ha occupato con dei veicoli municipali la pista dell’aeroporto, impedendo l’atterraggio del volo, dirottato poi su Quito. Il governo ha giudicato l’episodio irresponsabile, mentre l’Unione europea ha chiesto all’Ecuador di garantire l’accesso agli aeroporti per consentire l’uscita dei cittadini europei.
Lite in corso anche tra la ministra della Salute Catalina Andramuño e il responsabile delle Finanze Richard Martínez. Polemizzando col governo sulla mancata predisposizione di adeguate risorse finanziarie e tecniche, il 21 marzo Andramuño ha rassegnato le dimissioni. Martínez ha per tutto risposta accusato la collega, riportando alcune dichiarazioni precedenti della stessa in cui affermava l’esatto contrario. Dimissioni anche per il titolare del Lavoro, Andrés Madero: risultato positivo al virus, ha comunicato l’incompatibilità della sua carica con le cure necessarie. Entrambi i ministri sono stati rimpiazzati.
Già gravato dalla crisi economica, l’Ecuador si trova a contrastare la pandemia col rischio di ulteriori ripercussioni sulla tenuta economica. L’emergenza coronavirus in Cina, tra i maggiori importatori del petrolio ecuadoriano, tra gennaio e marzo ha portato al crollo del 43% del prezzo del greggio in Ecuador, ora sui 26 dollari al barile. Il Fondo monetario internazionale ha inoltre bloccato un finanziamento di 348 milioni di dollari diretti a Quito. Finita l’emergenza potrebbero esserci nuove restrizioni, esasperando anche la tensione sociale.