Siria: il cessate il fuoco a Idlib
Sono iniziati i pattugliamenti congiunti turco-russi nella zona di Idlib, dopo il cessate il fuoco raggiunto con l’impegno di Mosca e Ankara lo scorso 5 marzo. Esattamente 9 anni fa, il 15 marzo 2011, cominciavano le rivolte in Siria contro il regime di Assad: così si è aperta una guerra che ha portato alla morte di 384mila persone. La comunità internazionale si chiede quanto durerà la tregua, mentre la Turchia, con Germania, Regno Unito e Francia, si riunisce in videoconferenza sulla crisi dei migranti e sulle misure contro il coronavirus.
Lo scorso 13 marzo, la visita del Ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, nella provincia di Hatay, a sud del Paese, lo ha ribadito. E così è stato. Il 15 marzo, infatti, sono iniziati i pattugliamenti congiunti diretti da Ankara e Mosca nella zona di Idlib, attraverso l’importante arteria stradale M4. È questo un altro atto del cessate il fuoco raggiunto per la pace in Siria, lo scorso 5 marzo, tra Turchia e Russia.
Tra i passaggi fondamentali dell’accordo, figura anche la formazione di un corridoio di sicurezza, lungo 6 chilometri, che interessa sempre la M4, collegando la parte ovest con quella est della Siria, e vede un avanzamento della presenza delle forze russe da nord verso Idlib.
I pattugliamenti a opera turco-russa potrebbero, tuttavia, trovare degli ostacoli sul loro cammino verso la tregua: non mancano le proteste da parte di gruppi di attivisti, riferisce Al Jazeera, e Hay’et Tahrir al-Sham (Hts), un gruppo vicino ad al Qaeda, si rifiuta di riconoscere l’accordo.
L’accordo per la tregua
Putin ed Erdogan, lo scorso 5 marzo e dopo sei ore di colloquio a porte chiuse all’interno delle mura del Cremlino, hanno assicurato di aver trovato un orizzonte comune per la tregua in Siria, nonostante per diverso tempo si siano accusati a vicenda di aver violato gli accordi di Sochi che avevano portato alla creazione di una zona di de-escalation e di 12 postazioni militari turche a Idlib.
Eppure, solo il tempo potrà dimostrare l’efficacia della stretta di mano tra i due leader. Nel patto, Erdogan ha incluso la sua volontà di far tornare a casa i profughi siriani e ha dichiarato che reagirà con tutta la sua forza a eventuali nuovi attacchi. Nonostante le opinioni contrastanti in Libia, Russia e Turchia dimostrano così l’interesse di affermarsi come tra i role player indiscussi su questa parte di Medio Oriente. Se in Libia Erdogan e Putin sono schierati su fronti opposti, ma sono stati comunque in grado di raggiungere un compromesso, a Idlib, ultima roccaforte dei ribelli siriani e ormai da troppo tempo dilaniata dalla guerra, la situazione è nettamente diversa.
La lunga guerra siriana
La guerra in Siria cominciava esattamente 9 anni fa, il 15 marzo del 2011, quando, sulla spinta delle Primavere arabe, presero vita le rivolte contro il regime di Assad e il suo pugno di ferro. La protesta, con le forze militari del dittatore che avevano l’ordine di reprimere nel sangue ogni tentativo di sommossa, presto si è trasformata in guerra civile: ha portato alla morte di 384mila persone e ha visto poi combattere sullo stesso terreno gruppi ribelli, movimenti jihadisti e potenze straniere. Ad oggi, in un paese dilaniato anche dalla fuga dei profughi all’interno e all’esterno dei propri confini, Bashar al Assad controlla il 70% del territorio, seppur soltanto grazie al supporto di Russia e Iran, privo di infrastrutture e con un tessuto economico distrutto.
I rapporti sempre più stretti tra Mosca e Ankara
Di sfondo al patto tra Turchia e Russia per la tregua siriana, ci sono ben più salde relazioni, in particolare nel settore energetico e militare. Mosca è il secondo partner commerciale di Ankara, con un valore, per gli scambi, di 26 miliardi di dollari, in particolare in cereali e gas, anche attraverso il nuovo corridoio Turk-Stream. Il Cremlino, inoltre, è in procinto di realizzare la prima centrale nucleare turca, nella provincia di Mersin.
La domanda che comunque continua ad aleggiare nel dibattito internazionale, tra specialisti, istituzioni, giornalisti, è quanto durerà questa tregua.
Le richieste all’Europa
Prima che Ankara e Mosca negoziassero il cessate il fuoco, un milione di profughi siriani sono stati spinti dalla guerra a Idlib a cercare rifugio verso la Turchia, dove vivono altri 3,6 milioni di profughi siriani. Erdogan, come noto, ha dunque aperto le porte verso l’Europa, chiedendo poi a Bruxelles un aiuto finanziario supplementare, la revisione della normativa sull’Unione doganale (che equivarrebbe a riconoscere legalmente la Repubblica Turca di Cipro Nord), la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi. Dal canto suo, Ursula Von der Leyen e Charles Michel, alla guida rispettivamente di Commissione e Consiglio, hanno risposto che è necessario fare un passo alla volta e che bisogna impegnarsi reciprocamente: insomma, nessun ricatto sui migranti questa volta.
Il 17 marzo 2020 i leader di Turchia, Regno Unito, Francia e Germania si sono riuniti in videoconferenza per cercare una risposta congiunta alla crisi dei migranti e per preparare supporto umanitario nella provincia di Idlib. Non per ultima in agenda anche l’emergenza Covid-19. La Turchia ha dichiarato che i casi nel Paese toccano a oggi la soglia dei 47, mentre non si registrano vittime e viene annunciato il rimpatrio di 3.614 turchi su 34 voli Turkish Airlines provenienti da 9 Paesi europei, su loro richiesta: saranno messi in quarantena per un periodo di 14 giorni a Istanbul e Kocaeli (nel nord-ovest della Turchia).