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LA STRATEGIA DIGITALE DELLA COMMISSIONE

Un mercato comune dei dati per l’Europa?

20 Feb 2020 - Jean-Pierre Darnis - Jean-Pierre Darnis

La strategia digitale presentata dalla Commissione europea mira a dare all’Unione europea un ruolo di leadership nella trasformazione digitale. Questo tipo di annuncio non è nuovo, ma va notata l’ambizione del piano presentato dal commissario al Mercato interno Thierry Breton e dalla vicepresidente esecutiva (responsabile del digitale) Margrethe Vestager. Mentre sull’intelligenza artificiale vengono riaffermati principi etici, legati all’uso di queste tecnologie tramite un organo di sorveglianza, bisogna soffermarsi sulla “strategia europea per i dati”, potenzialmente dirompente.

L’analisi riguardo la crescita del numero e dell’importanza dei dati prodotti e gestiti per la vita del cittadino rappresenta una corretta prospettiva. Di fronte a questa inflazione dei dati, la Commissione cerca di definire quegli strumenti che possono evitare gli errori della fase precedente, quando le piattaforme online hanno risucchiato i dati personali degli utenti senza forme di controllo e di controparte economica. Per questo motivo, ci si concentra oggi sulla prossima evoluzione, quella della crescita esponenziale dei dati prodotti da parte degli organismi pubblici e delle società private, i cosiddetti “dati industriali”, in un contesto di ultra-connettività degli oggetti anche tramite lo sviluppo delle reti 5G.

La proposta è quella di creare un mercato comune europeo dei dati, ovvero uno spazio di scambio regolamentato che permette anche un ulteriore sviluppo in termini di servizi e di creazione di valore. Detto in parole povere, la Commissione prova ad immaginare il futuro di una civiltà economica, giuridica e democratica europea che si poggia su dati non vincolati a piattaforme statunitensi o cinesi.

Ciò vorrebbe dire organizzare degli aggregati di dati in modo centralizzato o non, con la capacità di attrazione rispetto a organizzazioni interessate a beneficiare dei servizi legati all’aggregato e che siano quindi pronte a condividerne l’inquadramento giuridico e tecnico. La comunicazione della Commissione descrive potenziali aggregati settoriali pan-europei come la salute, l’industria manifatturiera, l’agricoltura, la finanza, l’energia, le amministrazione pubbliche, l’ambiente e la mobilità. Potenzialmente, sono tutti cluster digitali con necessità di strutturare cittadinanza e servizi, anche con una forte componente pubblica, scommettendo sulla potenza dei dati provenienti dalle amministrazioni pubbliche.

Per permettere l’utilizzo di questi cluster dati/servizi, la Commissione insiste su diversi punti: miglioramento della governance, creare e usare alcuni standard di dati per incrementare gli scambi, regolamentare le relazioni fra produttori e utenti di dati. Accanto a questa necessaria visione regolamentare, la Commissione annuncia inoltre un investimento ingente per il periodo 2021-2022, con lo scopo di aumentare le capacità europee di stoccaggio dei dati e la creazione di infrastrutture cloud comuni. Bruxelles è pronta a mobilizzare 2 miliardi di euro per un progetto che dovrebbe costare complessivamente fra 4 e 6 miliardi, da concordare poi attraverso la firma di un Memorandum of Understanding con gli Stati membri.

Bisogna accogliere con favore la visione ambiziosa e concreta di una Commissione che propone non soltanto una serie di obiettivi ma anche i mezzi per raggiungerli. È molto importante che gli altri organi europei – il Consiglio con i vari Stati membri, ma anche il Parlamento – condividano questo progetto e siano pronti ad assecondarlo. Si tratta di una potenziale rinascita per una Europa che potrebbe finalmente trovare nel contesto digitale uno strumento utile per un ulteriore passo in avanti.

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Questa pubblicazione fa parte del progetto “La Geopolitica del Digitale”Per la realizzazione del progetto, si è usufruito del contributo dell’Unità Analisi e Programmazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967”.

Le posizioni qui contenute sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.