IAI
IL VERTICE DI NAPOLI

Nel segno della tradizione il bilaterale Italia-Francia

25 Feb 2020 - Jean-Pierre Darnis - Jean-Pierre Darnis

Il 35esimo vertice intergovernativo Italia-Francia di Napoli riprende il filo di una tradizione che risale al 1982, quando François Mitterand e Giovanni Spadolini diedero una svolta positiva alle relazioni bilaterali dopo l’incomprensione degli anni ’60 e ’70. Si creò così un appuntamento annuale che permise di confrontarsi sulle questioni internazionali, firmare accordi bilaterali settoriali e di inquadrare in ambiti istituzionali le difficoltà del momento.

Va ricordato che nell’aprile 2011 fu convocato a Roma un vertice bilaterale per riportare i rapporti fra i due governi (all’epoca erano al potere Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy) alla normalità dopo una serie di questioni problematiche – dall’intervento in Libia, in seguito della primavera araba, agli investimenti francesi in Italia percepiti come invadenti, come ad esempio nel caso Parmalat -.

Tre anni difficili
Anche l’ultimo di questi bilaterali governativi, quello del settembre 2017 a Lione, arrivò dopo un periodo movimentato: il periodo post-elezione di Emmanuel Macron vide la rottura dell’accordo Stx-Fincantieri e l’irritazione italiana in seguito all’organizzazione da parte di Parigi della conferenza di Celle Saint Cloud sulla Libia. Ancora una volta, furono il business e la Libia a creare gli scenari di disaccordo. In seguito, ci fu la lunga sequenza elettorale del 2018 e 2019, che iniziò con le politiche italiane per concludersi con le elezioni europee. Nel contesto di competizione elettorale assistemmo, da parte di alcune forze politiche italiane, all’utilizzo dei riferimenti al presidente Emmanuel Macron e alla Francia come figure negative, mentre al contempo Macron designava il leader della Lega, Matteo Salvini, come nemico politico. La tradizionale divisione fra politica interna e un relativo rispetto reciproco in ambito internazionale saltò del tutto, lasciando spazio a invettive incrociate.

L’inizio fu a Pasqua del 2018, quando la Farnesina convocò l’ambasciatore francese, Christian Masset, per una disputa sulla presenza di doganieri francesi a Bardonecchia, nell’ambito di un rapporto regolato dal trattato di cooperazione in materia di polizia alla frontiera fra Francia e Italia. Da lì in poi si succedettero una serie di zuffe governative, anche sulla questione dell’accoglienza delle navi salpate in soccorso ai migranti. Il risultato fu un ritorno di fiamma in Italia del misogallismo, ovvero l’antipatia per i francesi, con il moltiplicarsi di giudizi negativi sulla Francia, anche attraverso la televisione pubblica. Fu strumentalizzata persino la questione del prestito di opere fra musei in occasione del 500esimo anniversario della morte di Leonardo Da Vinci, creando ulteriori frizioni tra Roma e Parigi.

All’inizio del 2019, la critica nei confronti della politica monetaria francese in Africa (franco CFA) e la visita in Francia a un gruppo di sedicenti gilet gialli da parte dell’allora vice-presidente del Consiglio italiano Luigi di Maio rappresentarono ulteriori episodi vissuti con estrema irritazione a Parigi, fino a portare la Francia a convocare l’ambasciatore italiano a Parigi, Teresa Castaldo, e poi a richiamare il proprio rappresentante a Roma, Christian Masset. Quest’ultimo fu un gesto diplomatico estremo, che non si vedeva dall’entrata in guerra dell’Italia contro la Francia nel 1940. La tensione era talmente forte che non ci fu nessun bilaterale né nel 2018 né nel 2019.

La svolta nelle relazioni italo-francesi
La successiva visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Amboise aiutò a placare in parte gli animi, ma fu solo con l’entrata in carica del secondo governo Conte che ci fu una svolta nelle relazioni fra Parigi e Roma. Il summit di Napoli si presenta quindi come un momento importante per la ripresa di relazioni positive fra i due Paesi. Il rilancio di un trattato bilaterale, il trattato del Quirinale, sarà all’ordine del giorno. Questa iniziativa era apparsa già nelle conclusioni del summit del 2017 e fu ufficialmente lanciata all’inizio del 2018 con la nomina di una commissione di saggi, per poi velocemente tramontare di fronte all’inceppamento delle relazioni.

Oggi però di fronte ai numerosi problemi pregressi e alle difficolta endemiche fra Parigi e Roma, la ricerca di un meccanismo istituzionale che possa stabilizzare la relazione e rendere automatici tavoli di confronto si è di nuovo fatto strada come soluzione per un necessario ripristino delle relazioni italo-francesi. Il modello è quello del rapporto franco-tedesco strutturato dal Trattato dell’Eliseo, poi perfezionato con il Trattato di Aquisgrana. Appare quindi come fondamentale definire un trattato sinonimo di un meccanismo operativo fra i due esecutivi, anche per permettere loro di capirsi meglio.

Preoccupazioni comuni a Napoli
Da questa percezione della necessità di miglioramento funzionale, vanno declinate poi le eventuali convergenze all’interno della politica europea, particolarmente in quella economica in merito al Patto di stabilità, ma anche nell’attenzione rivolta alla sponda Sud del Mediterraneo, e in modo specifico alla Libia, come terreno sensibile sul quale creare condizioni di maggiore condivisione e convergenza.

Il summit di Napoli risulta quindi fondamentale: dopo un momento di grande tensione fra Roma e Parigi, ricordandoci la profondità di alcuni disaccordi, non si può fare finta di uscirne solamente celebrando per l’ennesima volta l’amicizia storica e culturale. Senza lasciarsi distrarre dalla cornice di Napoli – che richiama gli antichi rapporti con gli Angioini, con il regno murattiano, fino alla dichiarata passione del presidente francese per la città partenopea – vanno ridefinite le basi pragmatiche, mirando a creare un meccanismo bilaterale di mutuo beneficio, un’istituzionalizzazione dei rapporti che possa diventare complementare a quella franco-tedesca e rinforzare una dinamica continentale assai opportuna dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.