“In Europa e negli Stati Uniti non abbiamo una narrazione comune”
MONACO DI BAVIERA. Se nel 2019 il tema era stato lo scollamento dell’asse transatlantico, quest’anno la Munich Security Conference, giunta alla 56esima edizione, spinge ancora oltre il dubbio sulla stabilità dell’ordine mondiale. Si parla così di frammentazione dell’Occidente, un Occidente che si destruttura al suo interno e quasi dubita di quello che è, lasciando spazi vuoti che altri attori, più assertivi e con meno scrupoli, occupano di buon grado.
Per raccontare questo stato d’animo dell’Occidente, Wolfgang Ischinger, gran signore della Conferenza, ha coniato il termine Westlessness: sembra un’iperbole, quasi una provocazione ma alla fine – spiega il direttore dell’Istituto Affari Internazionali Nathalie Tocci, impegnata in diversi panel nella tre giorni bavarese – “è vero che con la contestazione del liberalismo in Europa così come negli Stati Uniti, noi occidentali non abbiamo più una narrazione comune, la frammentazione sta in questo. ”. Quel non essere più Occidente pur cercando di esserlo e di mantenere una leadership che vacilla.
“Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo è venuto in Germania – lui si rivolge a Berlino e non all’Europa, e già questo dovrebbe farci riflettere – per ripetere la litania: l’Occidente sta vincendo; l’ha detto tre volte di fila”. La questione – spiega Tocci – non è vincere o perdere, non è questione di ottimismo sul futuro, la cosa importante è capire chi siamo noi, cosa vogliamo, noi europei vogliamo essere autonomi? E da cosa e per cosa? Autonomia non vuol dire autarchia o protezionismo, bensì libertà d’azione”.
Ci hanno provato sia il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier sia quello francese Emmanuel Macron a dare una risposta. In comune i due hanno i richiami all’Europa, il battere sul tasto della necessità di agire, di essere indipendenti, capaci di imprimere da soli accelerazioni alle dinamiche regionali e globali. Eppure – spiega il direttore dello IAI – alla fine quello che emerge è che “la Germania chiede a tutti di assumere più responsabilità ma non agisce. Steinmeier ha posto l’accento sul rapporto fra umiltà e responsabilità, ha fatto un discorso molto alto e bello ma in fondo nella sua visione tedesca, l’umiltà viene tradotta in non-azione”.
E Macron ha provato a sferzare l’Europa, invitandola ad essere più autonoma, più efficace e più indipendente, tendendo la mano anche alla Russia per “prossimità geografica da considerare”. “Alla fine però Macron – è il ragionamento di Nathalie Tocci – finisce sempre per riempirsi la bocca di parole, di grandi spinte, eppure alla retorica non segue mai l’azione”. Gli esempi che cita il direttore dello IAI sono diversi: “Quando si è trattato di difendere l’accordo sul nucleare con Teheran, i francesi sono stati i primi a rinunciarvi, e dove sta la Francia sulla Libia?”
È da questa inazione, che da due vie diverse hanno evidenziato sia Steinmeier sia Macron, che l’Europa deve liberarsi. Per convergere verso politiche comuni. Missione difficile, Tocci lo riconosce soprattutto sul tema della deterrenza nucleare. Quando Macron apre – lo ha fatto la scorsa settimana in un discorso a Parigi – alla condivisione con gli alleati europei della force de frappe francese, lo fa a metà riprendendo il vecchio schema: noi ci mettiamo la potenza militare, i tedeschi i soldi. E chi decide? “Beh, sempre i francesi alla fine”, chiosa Tocci: “Non è questo il senso della condivisione delle decisioni”.
Insomma c’è – e l’appuntamento di Monaco l’ha messo in luce – questa frammentazione. Quell’avere una sorta di “braccino corto”, di non riuscire a pensare in termini strategici e a proiettarsi responsabilmente sullo scenario globale in modo compatto.
Sul sito della Munich Security Conference foto e video delle varie sessioni della Conferenza, compresi i tre panel in cui è intervenuta il direttore dello IAI Nathalie Tocci.