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Rinnovo del Majlis il 21 febbraio

Iran: come funziona il voto nella Repubblica islamica

19 Feb 2020 - Lo Spiegone - Lo Spiegone

Venerdì 21 febbraio l’Iran si recherà alle urne per eleggere la sua Camera dei rappresentati, conosciuta come Majlis. La Repubblica islamica ha un complesso sistema costituzionale e istituzionale e rappresenta quasi un unicum al mondo con il suo carattere duale tra istituzioni secolari e religiose. Il Paese, infatti, nonostante sia una Repubblica islamica, mantiene al suo interno una dicotomia istituzionale tra cariche laiche elettive e cariche religiose nominate solitamente dal Leader Supremo. Molti Stati non democratici usano lo strumento elettorale per rispondere alle necessità della propria constituency e legittimarsi; l’Iran non fa eccezione. Per comprendere che peso avrà il voto bisogna mettere in evidenza il ruolo e i limiti del Parlamento nel complesso contesto istituzionale iraniano.

Il dualismo tra istituzioni secolari e istituzioni religiose
L’architettura del Paese rispecchia i due principi cruciali su cui si basa la dottrina del Khomeinismo: la volontà popolare e l’obbedienza religiosa. La Costituzione iraniana, figlia della rivoluzione del 1979 nonostante le successive modifiche, affonda le sue radici in un profondo processo storico e teorico che vede l’unione del socialismo islamico alla parte più nota del pensiero di Khomeini, la teoria del giurisperito.

Alla luce di queste visioni, l’assetto costituzionale si vede diviso in due sezioni separate tra di loro, ma che si influenzano profondamente. Da una parte, le principali istituzioni religiose comprendono la figura del Leader Supremo e il Consiglio dei Guardiani, che è nominato dal Leader stesso ma che include anche componenti laiche. Dall’altra, sul versante laico, troviamo il presidente della Repubblica islamica e il Parlamento. Bisogna poi aggiungere l’Assemblea degli esperti, istituzione a metà tra religiosità e laicismo, essendo eletta dal popolo dopo un’attenta selezione dei candidati. L’assemblea ha il compito cruciale di eleggere il Leader Supremo, scelto tra una ristretta cerchia di dotti islamici.

Tuttavia, la componente religiosa ha un’influenza maggiore sulla componente laica che viceversa. Basti notare il fatto che le cariche religiose non sono eleggibili e che il Leader Supremo ha il potere di contrastare le decisioni del presidente, come anche il Consiglio dei Guardiani ha il potere di invalidare le proposte di legge del Parlamento.

Il ruolo del Parlamento e la legge elettorale
Il Parlamento, formato da 290 membri, risulta dunque essere l’istituzione che ha il ruolo meno preponderante. La Majlis infatti non è una Camera con potere legislativo esclusivo. Le leggi in Iran, come detto poco sopra, nonostante siano votate dal Parlamento, non entrano immediatamente in effetto ma vengono esaminate dal Consiglio dei Guardiani, il quale ha il compito specifico di valutare che esse siano aderenti alla Costituzione e alla legge islamica. Questo di fatto limita fortemente la capacità di azione soprattutto dei cosiddetti parlamentari “riformisti”.

Oltre a essere imbrigliato dal punto di vista istituzionale, il Parlamento è sottoposto anche a un controllo e a una selezione attenta dei suoi membri. Prima di arrivare a contendersi il seggio elettorale i candidati sono sottoposti a un processo di valutazione che molti riformisti o esponenti anti-regime non riescono a passare. La valutazione avviene ufficialmente sulla base di titoli di studio islamici o di valutazioni di condotta morale, ma in realtà il dato analizzato è il grado di fedeltà al regime.

Una volta raggiunto il voto, il sistema elettorale permette di filtrare ulteriormente chi ha accesso alla carica parlamentare. Il sistema elettorale si basa tendenzialmente su un maggioritario con distretti elettorali sia uninominali sia plurinominali, e la possibilità di un eventuale secondo turno. Tuttavia, la legge elettorale è normata da una legge ordinaria, la quale può essere modificata con grande facilità, permettendo di favorire una parte anche all’ultimo momento.

Il seggio viene assegnato al raggiungimento di una determinata percentuale di voti. Fino al 2000, bastava circa il 25% per essere eletti, ma con le successive modifiche si è arrivati a una cifra variabile da collegio a collegio, vicina in linea di massina a 1/3 dei voti. Nel caso in cui all’interno di un distretto plurinominale non venga assegnato un seggio, i seggi o il seggio rimanenti vengono assegnati attraverso un ballottaggio tra i candidati più votati rimasti esclusi dai seggi

La partecipazione alle elezioni e la sfida tra fazioni
Il complesso sistema elettorale, il processo di selezione preventivo, la mancanza di poteri del Parlamento e le numerose accuse di brogli sistematici hanno allontanato la popolazione iraniana dalle urne. Un processo storico che è iniziato gradualmente a partire dagli anni della Rivoluzione che vede aumentare sempre di più le proprie dimensioni. Negli ultimi anni la tendenza sembrava essersi invertita con un leggero aumento delle candidature, spinto dalle promesse di riforma di Hassan Rouhani, ma nel clima attuale di sfiducia e svilimento sembra si arriverà a un nuovo abbassamento della partecipazione al voto.

Una volta chiarito come si voterà è necessario chiarire brevemente chi gli iraniani possono votare. La lettura convenzionale è che le due principali fazioni siano quella riformista e quella conservatrice, ma questi due termini possono essere scivolosi. Le idee del candidato riformista medio sono idee moderate rispetto a quelle degli ultraconservatori, ma non prevedono nessuna revisione radicale della Repubblica islamica, soprattutto dopo gli eventi del Movimento verde del 2009. Al momento la figura di riferimento dei riformisti, da alcuni esperti anche chiamati “pragmatici”, è l’attuale presidente Hassan Rouhani.

Nessun candidato dell’opposizione più dura al regime riesce a candidarsi alle elezioni. Difatti, le maglie del processo di selezione del Consiglio dei Guardiani si restringono e si allargano in base alla volontà della leadership iraniana vicina al Leader Supremo. Nonostante nel passato fossero stati identificati dei pattern, attualmente è molto difficile dare una regola rispetto a questo aumento o diminuzione del controllo.

Ad esempio, vi sono stati casi, come nelle ultime elezioni parlamentari del 2016, in cui, dato il momento di grande pressione sui vertici del Paese, le selezioni sono state più aperte, con un maggiore numero di candidati riformisti ammessi alla contesa elettorale. In altri casi, invece, proprio come sta accadendo in questi giorni, nonostante la grandissima tensione interna al Paese a seguito dell’escalation mediorientale di inizio anno, sono pochi i candidati riformisti che riescono a passare il vaglio, rendendo di fatto impossibile una loro vittoria.

A cura di Emanuele Bobbio, direttore de Lo Spiegone. 

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