In Italia una decisione per l’opinione pubblica interna
Lo scorso 30 gennaio, dopo un mese di allerta e indagini, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato lo stato di emergenza globale per l’epidemia di coronavirus. È una misura ponderata e cautelativa, che l’Oms ha preso soprattutto per rendere subito disponibili i fondi d’emergenza destinati a Paesi con strutture sanitarie carenti. Neanche ventiquattro ore dopo, il governo italiano, riunito in Consiglio dei ministri, ha deciso di attivare lo status d’emergenza sanitaria sul territorio italiano per un periodo di sei mesi. Anche qui si tratta di una ragionevole misura soprattutto economica, perché gli eventuali protocolli in caso di contagio diffuso sono costosi: sono stati messi a disposizione cinque milioni di euro, per finanziare, tra le altre cose, i presidi sanitari negli aeroporti e assumere a tempo determinato medici e personale sanitario.
Una decisione anomala
A fronte di questa mobilitazione pratica e in linea con gli standard europei, il governo italiano ha però preso anche un’altra decisione “draconiana”, e alquanto anomala rispetto al resto del mondo: lo stop ai voli da e per la Cina. Anche i funzionari dell’Oms, nella conferenza stampa del 30 gennaio, avevano detto che non era necessario, per il momento, valutare una sospensione dei viaggi e del commercio. Lo stesso giorno in cui l’ospedale Spallanzani confermava per la prima volta due casi di coronavirus a Roma (due turisti cinesi), il governo italiano ha deciso, secondo varie fonti suggerito dal ministero della Salute guidato da Roberto Speranza (leader di Mdp/Articolo Uno), lo stop ai collegamenti con l’intero gigante asiatico. Anzi, con la Cina e con tutti i territori dalla Cina rivendicati, come Taiwan, dove il numero di contagi è inferiore a quello della Francia, per esempio, e i pazienti trattati adeguatamente.
Da una parte, il contenimento del virus e la necessità di contenere un eventuale contagio sul territorio è responsabilità del governo. Ma è responsabilità del governo anche problematizzare le questioni, senza prendere decisioni di bandiera che provochino ancora più confusione – o peggio, che diano l’immagine di un Paese incapace di gestire una eventuale emergenza -. Lo stop ai voli da e per la Cina, deciso frettolosamente e senza un vero piano diplomatico – alcune fonti dicono perfino senza consultare la Farnesina – ha avuto l’effetto di esporre l’Italia contro la Cina, che da marzo del 2019 con la firma dell’intesa sulla Nuova Via della Seta vede in Roma un alleato strategico.
Tradita la fiducia cinese
Per Pechino la decisione italiana è un tradimento nel bel mezzo di un’emergenza. È anche così che va visto l’attivismo delle ultime settimane del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, impegnato in un’opera di “ricucitura” con i funzionari cinesi. D’altra parte, in un mondo globalizzato, chiudere i voli senza un vero piano strategico non è un problema soltanto diplomatico. Lo dimostra il fatto che un paio di giorni dopo lo stop, la Farnesina e l’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, hanno riattivato immediatamente i voli di collegamento dei cargo da e per la Cina.
Non solo. Undicimila italiani in Cina – molti dei quali imprenditori – sono stati pressoché abbandonati al proprio destino dal governo, che ha attivato un unico volo d’emergenza per rimpatriare il gruppo di connazionali che si trovava nell’epicentro dell’epidemia, a Wuhan. La stessa cosa è successa per i cittadini cinesi che a fine gennaio si trovavano in Italia – per non parlare dei cittadini taiwanesi, compresi nello stop – che si sono all’improvviso trovati impossibilitati a tornare a casa se non con un volo con scalo.
Il lavorio diplomatico dei funzionari della Farnesina che è seguito alla decisione del governo a nulla è servito: ad Air China probabilmente sarà data la possibilità di atterrare in Italia nei prossimi giorni, ma quando il governo italiano ha chiesto di aprire l’acquisto dei biglietti della compagnia anche agli italiani attualmente in Cina, Pechino ha negato il consenso.
Soltanto a fine emergenza conosceremo gli effetti di una decisione presa apparentemente considerando solo l’opinione pubblica interna.