Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei
Chiedendosi che farà la Nato nel 2020, e oltre, alcune risposte si possono trovare guardando, con un pizzico di ironia, ai principali membri della compagnia transatlantica.
Si parte ovviamente dagli Stati Uniti per immaginare il futuro dell’Alleanza nata a Washington oltre 70 anni fa. Ipotizzando lo scenario più difficile e forse più probabile, ossia un secondo mandato di Donald Trump, sono due le implicazioni quasi certe. Innanzitutto, la richiesta a muso duro agli alleati europei di onorare l’impegno preso dai loro stessi governi di spendere il 2% del Pil nella difesa entro il 2024, con annesse minacce riguardo l’ombrello di sicurezza statunitense in Europa in caso di inadempienza. Inoltre, considerati l’obiettivo di Trump di riappacificarsi con Vladimir Putin per staccare Mosca da Pechino e indebolire quest’ultima, ed il posizionamento sia anti-russo sia anti-cinese dell’establishment statunitense, la Nato dovrà evitare che l’elefante repubblicano, perseguendo in modi sbagliati obiettivi anche condivisibili, rompa troppa cristalleria europea.
Da un lato, l’Alleanza dovrà continuare a coniugare deterrenza e dialogo verso la Russia assicurando così la difesa collettiva dell’Europa, di fronte a fughe in avanti, sbandate e passi indietro di Washington nei rapporti con Mosca. Dall’altro, si cercherà di aumentare la consapevolezza degli europei che la penetrazione economico-tecnologica cinese ha delle negative implicazioni di sicurezza, e che la Cina per l’Occidente è un rivale geopolitico da contenere.
Da Londra due certezze e l’incognita Brexit
Passando al Regno Unito di Boris Johnson, per la Nato vi sono due certezze ed un’incognita. La prima certezza è il rinnovato impegno britannico nell’Alleanza, persa la possibilità di giocare le proprie carte sul tavolo dell’Unione europea. La seconda, in tempi di revival Old England, è una posizione dura nei confronti del nemico russo che nel 2018 ha osato avvelenare un agente segreto e sua figlia, Sergei e Julia Skripal, nella patria di James Bond.
L’incognita sta nei negoziati tra Regno Unito e Ue sui reciproci rapporti post-Brexit. A dicembre 2020 scadrà il periodo transitorio in qui permane lo status quo ante 2016. Se nel frattempo non verranno conclusi i complessi negoziati su un amplissimo ventaglio di temi, a partire dai rapporti commerciali, lo scenario di un no deal tra Londra e il resto dell’Europa vedrebbe una divaricazione economica e geopolitica tra le due sponde della Manica. Divaricazione con ovvi effetti negativi sulla cooperazione Nato-Ue e, più in generale, sulla coesione politica tra il mondo anglosassone e l’Europa continentale, anche rispetto agli avversari russi e cinesi.
La Nato resta in coma per Parigi…
Aldiquà della Manica, la Francia di Emmanuel Macron continuerà a non fidarsi degli Stati Uniti di Trump, a costruire un’autonomia strategica europea senza la Gran Bretagna e a portare avanti una propria agenda nazionale in Africa. Ben poco spazio e attenzione verranno quindi dati alla Nato da Parigi, che continuerà però a mantenere posizioni importanti in un’organizzazione giudicata in coma ma non defunta.
…ma viene accudita da Berlino
A est del Reno, la Germania sempre meno di Angela Merkel cercherà di tenere insieme i pezzi di un’Alleanza ritenuta, da tutto lo spettro politico tedesco, non solo viva e vegeta ma essenziale per la sicurezza nazionale. Da Berlino ci si può aspettare un’ancora di stabilità rispetto alle mareggiate nord-atlantiche, come mostra la prosecuzione di iniziative di buon senso come la riflessione strategica sul futuro della Nato, affidata ad un gruppo di esperti in modo da volgere in una prognosi costruttiva le diagnosi di Macron.
La Turchia gioca la sua partita
Oltre il Bosforo, la Turchia di Recep Tayip Erdogan gioca sempre più in proprio, tenendosi però ben stretta la conveniente appartenenza alla Nato. Dalla Siria alla Libia, Ankara si confronta con Mosca e Parigi a geometria variabile, rischiando però che l’acquisto dei sistemi missilistici russi S-400 faccia saltare il delicato equilibrismo turco tra alleati di lunga data e partner di convenienza. Per Ankara la Nato va bene finché si occupa di contenere la Russia in Europa e non stringe troppo i legami con l’Ue, ma quanto a procurement militare o proiezione di influenza in Africa e Medio Oriente ognun per sé e Allah per tutti.
L’Europa orientale e atlantista
I più strenui sostenitori della Nato nel 2020 risultano quindi essere i suoi ex nemici del Patto di Varsavia e dei Balcani occidentali. Proprio perché hanno sperimentato per decenni il comunismo, e in molti casi la dominazione di Mosca, i membri più recenti del gruppo sono i più desiderosi di vederlo in forma.
Per leader politici che, come Mircea Geona (primo rumeno a diventare nel 2019 vice segretario generale della Nato), nel 1989 erano scesi in piazza per tornare ad essere parte dell’Occidente, il quadro 2020 è chiaro e stabile: gli Stati Uniti restano l’alleato fondamentale, la Russia è il nemico numero uno, la Nato è la pietra di volta della sicurezza nazionale e deve occuparsi in primis della difesa collettiva dei suoi membri. La Polonia è l’alfiere più visibile di questa visione sostanzialmente condivisa dagli stati nella vasta regione dell’Intermarium tra il Mar Nero, il Baltico e l’Adriatico.
E l’Italia?
Nel 2020 l’Italia di 4 governi in 4 anni dovrà, come spesso purtroppo accade, recuperare terreno per stare al passo coi tempi e non finire vaso di coccio tra vasi di ferro. Contribuire attivamente a stabilire buoni rapporti tra Regno Unito e Ue, giocare un ruolo proattivo nel dialogo e deterrenza verso Mosca, attrezzarsi per contenere la penetrazione cinese in Italia, spingere la cooperazione Nato-Ue, costruire alleanze e impegnarsi sul terreno per stabilizzare la Libia e il Mediterraneo senza aspettare Washington, fare un miglior uso delle limitate risorse a disposizione della difesa: questi dovrebbero essere gli elementi dell’agenda 2020 dell’Italia per la sicurezza nazionale ed euro-atlantica.