Coronavirus: le reazioni di Cina e politica internazionale
L’epidemia di coronavirus ha reso evidente uno dei grandi problemi istituzionali del governo cinese: il mancato dialogo tra i piani alti e le province. La Cina è caratterizzata da un sistema di comunicazione istituzionale a senso unico, un sistema top-down in cui il governo centrale impone ai quadri locali l’implementazione delle sue direttive. A seconda dei casi, questo sistema ha segnato la fortuna o la sventura del Paese. La propagazione del coronavirus si è rivelata l’ennesima riprova di come questo dialogo unidirezionale sia fortemente problematico e comporti delle difficoltà per i rappresentati delle periferie a comunicare con i vertici. Un problema aggravato da una pressione opposta che storicamente spinge le istituzioni locali a omettere o distorcere la realtà per compiacere il governo centrale.
La gestione dell’epidemia da parte della burocrazia cinese
Il sindaco di Wuhan ha ammesso in un’intervista che il mancato avviso al governo cinese riguardo la “strana polmonite in città” sia stato causato da una legge secondo la quale, per questioni complesse come epidemie o gravi emergenze sanitarie, deve essere il governo centrale a lanciare l’allarme. Soltanto dopo il lancio dell’allarme da parte dei vertici, le periferie possono cominciare a lavorare e a organizzarsi per rispondere in modo efficace e tempestivo. Le parole del sindaco hanno quindi sottolineato come il sistema burocratico cinese si mostri lento e farraginoso in situazioni critiche come questa.
Ciononostante, in questo specifico caso – che richiama dal punto di vista sanitario l’epidemia della Sars del 2002-2003 – la macchina governativa si è messa in moto con una certa rapidità non appena l’avviso è riuscito a raggiungerla. Una volta compresa l’entità della minaccia, tre settimane dopo il primo caso, il governo si è subito mobilitato per fronteggiarla. Di pari passo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è stata informata del virus il 31 dicembre scorso; il 7 gennaio, la sequenza dello stesso è stata consegnata all’Oms e pubblicata online ad uso della comunità scientifica internazionale. È seguita la quarantena, prima della sola città di Wuhan, poi delle altre città in cui erano presenti casi di infezione. La risposta cinese mostra come questioni che possano intaccare la stabilità del Paese siano ancora trattate utilizzando il profilo più basso possibile, nella speranza che la crisi rientri prima della sua diffusione.
Le preoccupazioni della comunità internazionale
Il coronavirus ha destato molteplici reazioni da parte della comunità internazionale. L’Oms ha pubblicamente apprezzato lo sforzo di trasparenza e collaborazione intrapreso da Pechino. Nel contempo, ha dichiarato di recente lo stato di emergenza internazionale, probabilmente per poter agire tempestivamente lì dove una risposta all’epidemia potrebbe essere meno istantanea.
Una delle reazioni più forti è stata registrata dall’Italia che il 1° febbraio, dopo due casi di coronavirus registrati a Roma, ha dichiarato lo stato d’emergenza e bloccato i voli da e per la Cina. La tempistica dell’epidemia risulta particolarmente infelice, considerando che è scoppiata a una settimana dalla celebrazione dell’anno del turismo Cina-Italia, che proprio nel periodo del Capodanno cinese avrebbe dovuto portare grandi proventi al nostro Paese. In contemporanea è stato portato a termine il rimpatrio di 57 italiani da Wuhan, secondo le procedure d’emergenza operate dal sistema militare italiano.
La risposta cinese alle reazioni italiane non si è fatta attendere, e l’amicizia instauratasi tra i due Paesi, soprattutto dopo la firma dei memorandum d’intesa sulla Nuova Via della Seta del marzo dell’anno scorso, è stata messa in questione. La decisione di rimpatriare i propri connazionali è stata presa anche da Regno Unito, Francia e Germania, mentre gli Stati Uniti sono stati tra i primi a impedire l’ingresso ai turisti cinesi e a suggerire un parziale rientro dello staff d’ambasciata.
L’attenzione globale è ora concentrata sui mercati e sul loro andamento. Una delle domande che sembra echeggiare sul piano internazionale, ancora priva di risposta, è come l’economia mondiale e quella cinese risentiranno della crisi. La direttrice del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, dichiara: “L’epidemia probabilmente rallenterà la crescita economica mondiale nel breve periodo. Quanto al lungo periodo, è ancora troppo presto per dirlo”. In attesa dunque di ottenere dati certi e prospettive più prevedibili, risulta evidente come la situazione di instabilità destata dal coronavirus costituisca una sfida significativa per il governo cinese e il sistema internazionale.